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L’allarme dei vescovi: “La crisi ha ridotto i diritti dei lavoratori”

Nel tradizionale messaggio dedicato alle celebrazioni del Primo Maggio, la Cei lancia l’allarme: in Italia preoccupa la deriva dei diritti dei lavoratori causata dalla perdurante crisi economica che “rischia di rendere tutti incapaci di fermarci e tendere la mano a chi è rimasto indietro”.
A cura di Charlotte Matteini
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Esplode la protesta dei lavoratori dello stabilimento di Taranto che dalle 9 di questa mattina per le prossime 48 ore sciopereranno contro il no del gip Patrizia Todisco al piano di risanamento dell’azienda.

La disoccupazione e il precariato sono temi che preoccupano un po' tutti gli italiani, comunità cattolica inclusa. E proprio a questo proposito, la Conferenza episcopale italiana è intervenuta nel dibattito pubblico con un messaggio dedicato alle celebrazioni che si terranno il prossimo Primo Maggio in occasione della festa dei lavoratori, sostenendo che situazione italiana porterebbe "sempre più persone, impaurite dalla prospettiva di perdere il lavoro o di non trovarlo, a condividere l'idea che nulla sia più come è stato finora: dignità, diritti, salute finiscono così in secondo piano. Si tratta di una deriva preoccupante messa in moto dal perdurare di una crisi economica stabilmente severa". C'è bisogno di educazione al lavoro, sostiene la Cei, che dovrebbe tornare a essere un "luogo umanizzante, uno spazio nel quale comprendiamo il nostro compito di cristiani, entrando in relazione profonda con Dio, con noi stessi, con i nostri fratelli e con il Creato". Il dato più evidente, sottolineano i vescovi, è che manca il lavoro in Italia e la crisi "rischia di rendere tutti incapaci di fermarci e tendere la mano a chi è rimasto indietro".

La Cei mette nero su bianco le paure che molti italiani provano in questo momento storico, sottolineando inoltre l'esistenza di un forte squilibrio economico tra Nord e Sud Italia e i danni che queste "discriminazioni territoriali" hanno provocato e continuano a provocare al territorio meridionale: "Il destino delle diverse aree del Paese non può essere disgiunto: senza un Meridione sottratto alla povertà e alla dittatura della criminalità organizzata non può esserci un Centro-Nord prospero". Non solo, la Cei in un passaggio della propria nota sostiene anche "che le mafie abbiano spostato gli affari più redditizi nelle regioni del Nord, dove la ricchezza da accaparrare è maggiore", proprio a causa di questo costante impoverimento economico del meridione.  "Senza un Meridione sottratto alla povertà e alla dittatura della criminalità organizzata non può esserci un Centro-Nord prospero", conclude la nota.

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