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Caso Shalabayeva, indagati cinque poliziotti dell’ufficio immigrazione

Per i pm non hanno comunicato informazioni importanti per evitare l’estradizione della moglie del dissidente kazako.
A cura di Antonio Palma
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A due anni di distanza dal fermo in Italia e dall’espulsione in Kazakistan di Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente Mukhar Ablyazov, la Procura di Roma ha chiuso l'inchiesta inviando gli avvisi di conclusione delle indagini a cinque poliziotti. I cinque agenti indagati all'epoca dei fatti, nel maggio del 2013, prestavano servizio all’ufficio immigrazione della questura capitolina. Si tratta dell’ex dirigente Maurizio Improta, oggi questore di Rimini, il suo vice di allora, un ispettore e due assistenti. La vicenda, che creò un caso politico e diplomatico, ebbe inizio quando i poliziotti andarono a casa dell'uomo in Italia per arrestarlo su mandato delle autorità del Kazakistan che lo ritenevano latitante. Ablyazov però non c'era, al suo posto gli agenti portarono via la moglie insieme alla figlia di 4 anni, immediatamente estradate. Un errore che secondo i pm fu causato dai funzionari di polizia, che avrebbero indotto in errore i responsabili della prefettura e i magistrati che firmarono l’espulsione non rivelando informazioni importanti.

Nel dettaglio, secondo i magistrati i poliziotti sapevano che la donna era perseguitata nel Paese di origine ma omisero di comunicarlo così come omisero la disponibilità di risorse economiche della Shalabayeva per sostenersi in Italia. Per questo i poliziotti devono rispondere dei reati di falso ideologico e omissione d’atti d’ufficio. Gli agenti dal loro canto hanno sempre sostenuto di non sapere nulla della donna e che Alma Shalabayeva non ha mai comunicato che era sua intenzione chiedere asilo politico e anzi aveva mostrato un passaporto falso. Proprio per il documento falso della Repubblica Centrafricana la stessa donna è finita sotto inchiesta in Italia.

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