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Brexit, la premier May rifiuta le richieste Ue: “Meglio nessun accordo. Pronti allo scontro”

La premier inglese ha annunciato di non essere disposta ad accettare le posizioni negoziali proposte dall’Unione europea nell’ambito della trattativa per l’uscita del Regno Unito dall’Ue. “Meglio nessun accordo che uno cattivo. Pronti a scontro duro”.
A cura di Charlotte Matteini
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La premier inglese Theresa May respinge le richieste dell'Unione europea. Il percorso che porterà il Regno Unito alla definitiva uscita dall'Ue sembra essere costituito da numerosi ostacoli e il braccio di ferro tra Unione europea e governo britannico potrebbe riservare ulteriori sorprese. Le richieste avanzate dall'Ue nell'ambito della trattativa per la Brexit sono state respinte dalla premier May, la quale ha sostenuto siano solo "posizioni negoziali dei 27" e ribadendo l'intenzione di arrivare a un accordo che preveda tra i punti principali la creazione di un libero mercato senza dazi, la fine della giurisdizione delle Corti europee e la fine della libera circolazione dei migranti, come già annunciato durante un discorso pronunciato alla Lancaster House lo scorso gennaio. "Meglio nessun accordo che uno cattivo. Pronti a scontro duro con Ue", ha ribadito.

A un cronista del quotidiano Telegraph, la premier Theresa May ha dichiarato: "Innanzitutto vorrei insistere sul fatto che non abbiamo un accordo sulla Brexit da Bruxelles. Abbiamo le loro linee guida negoziali, abbiamo le nostre linee guida negoziali attraverso la lettera ex articolo 50, e il discorso alla Lancaster House da me pronunciato sull'argomento a gennaio", sottolineando che "è importante che intorno al tavolo si sieda un forte premier del Regno Unito con un forte mandato da parte del popolo del Regno Unito, un fatto che rafforzerà la nostra posizione negoziale per garantire che otterremo il migliore accordo possibile". Il Regno Unito, infatti, si troverà ad affrontare il prossimo 8 giugno le politiche e nelle intenzioni dell'attuale presidente ci sarebbe il rinvio della trattativa con l'Unione europea dopo le elezioni, in modo tale da poter arrivare al tavolo delle decisioni con un forte mandato elettorale alle spalle e, dunque, una maggior libertà di trattativa in sede europea.

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