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Baby squillo, i giudici: “Per la madre prostituzione prima della scuola”

Nelle motivazioni della sentenza di primo grado che ha portato alla condanna di otto imputati della vicenda delle prostitute minorenni dei Parioli si legge che tutto è avvenuto in un “desolante quadro di superficialità e cinismo che accomuna organizzatori e clienti”.
A cura di Susanna Picone
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La vicenda delle baby prostitute dei Parioli si è consumata in un “desolante quadro di superficialità e cinismo che accomuna organizzatori e clienti”. A scriverlo è il Gup nelle motivazioni della sentenza di primo grado che ha riguardato otto imputati tra cui l'organizzatore del giro di prostituzione minorile Mirko Ieni. Nelle motivazioni della sentenza i giudici descrivono un quadro agghiacciante. Diversi quotidiani ne pubblicano oggi alcuni stralci. Cinico secondo i giudici il comportamento di quanti si trovavano intorno alle due ragazzine che si prostituivano nell’appartamento dei Parioli e che all’epoca dei fatti avevano appena 14 e 15 anni. È in particolare agghiacciante il ruolo avuto dalla madre della più piccola delle due baby squillo, che è stata condannata in primo grado, e che per i giudici non solo sapeva dell'attività della figlia, ma si allarmava quando gli introiti diminuivano. I soldi che la figlia guadagnava prostituendosi erano diventati parte integrante delle entrate di famiglia. Per la mamma di una delle ragazzine l’attività di prostituzione era ormai prioritaria rispetto alla scuola e allo studio.

Baby squillo Parioli, Gup descrive cinismo e indifferenza

Parlando della vicenda dei Parioli il giudice descrive, come si diceva, un desolante quadro di superficialità e cinismo che accomuna organizzatori della prostituzione minorile e clienti “nel consapevole intento di approfittare per il proprio tornaconto (sia esso economico o di soddisfacimento della libido sessuale) dell'evidente incapacità delle due ragazzine di rendersi pienamente conto delle conseguenze di ciò che stavano compiendo”. Secondo il Gup in nessuna delle conversazioni degli imputati emerge alcuna preoccupazione o scrupolo in relazione alla scelta di far prostituire delle ragazzine: “La loro giovane età è anzi sempre vista come fonte di maggiore attrattiva ‘commerciale' e dunque di guadagno per gli sfruttatori Mirko Ieni e Nunzio Pizzacalla e di piacere sessuale per gli altri”, si legge ancora nelle motivazioni della sentenza di primo grado.

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