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Addio Alfredo Reichlin, “commandos” partigiano e dirigente del Partito Comunista Italiano

Reichlin fu membro dei Gruppi di Azione Patriottica, il “reparto” partigiano che conduceva la Resistenza nelle grandi città con attentati ai nazifascisti e azioni rocambolesche.
A cura di Davide Falcioni
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E' morto a Roma all'età di 91 anni lo storico dirigente del Partito Comunista Italiano, ex direttore de L'Unità e prima ancora partigiano dei Gruppi di Azione Patriottica Alfredo Reichlin: fu uno degli uomini di maggior peso del PCI, partito a cui si iscrisse nel 1946, due anni dopo essere stato catturato e arrestato dai fascisti per le sue azioni nella Guerra di Liberazione.

Reichlin fu anche giornalista: allievo di Palmiro Togliatti, ricoprì il ruolo di vicesegretario della Federazione Giovanile Comunista Italiana e nel 1955 entrò ne l'Unità, di cui dopo un anno diventò vice-direttore. Promosso alla direzione nel 1958, negli anni Sessanta si avvicinò alle posizioni di Pietro Ingrao, le più a sinistra nel partito, scelta che anni dopo gli costò la guida del giornale, che venne affidata a Mario Alicata. Divenne parlamentare nel 1968 e nel corso degli anni '70 entrò nella direzione nazionale del partito collaborando con Enrico Berlinguer. Successivamente fu favorevole alle trasformazioni del partito da Pci in Partito Democratico della Sinistra prima, da Pds in Democratici di Sinistra poi, ed infine da Ds in Partito Democratico. Sposato in prime nozze con l'intellettuale Luciana Castellina, ha avuto due figli: Lucrezia e Pietro, entrambi economisti.

Qualche giorno fa scriveva: "La sinistra rischia di restare sotto le macerie"

In un articolo pubblicato il 14 marzo 2017 sul sito internet ‘Nuova Atlantide', portale che si occupa di politica e cultura, Reichlin  ha scritto: "Sono afflitto da mesi da una malattia che mi rende faticoso perfino scrivere queste righe. Mi sento di dover dire che è necessario un vero e proprio cambio di passo per la sinistra e per l'intero campo democratico. Se non lo faremo non saremo credibili nell'indicare una strada nuova al paese". E ancora: "Non ci sono – osservava – più rendite di posizione da sfruttare in una politica così screditata la quale si rivela impotente quando deve affrontare non i giochi di potere ma la cruda realtà delle ingiustizie sociali, quando deve garantire diritti, quando deve vigilare sul mercato affinché non prevalga la legge del più forte".  E per finire: "Crisi sociale e crisi democratica si alimentano a vicenda e sono le fratture profonde nella società italiana a delegittimare le istituzioni rappresentative. Per spezzare questa spirale perversa occorre generare un nuovo equilibrio tra costituzione e popolo, tra etica ed economia, tra capacità diffuse e competitività del sistema. La sinistra rischia di restare sotto le macerie. Non possiamo consentirlo".

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