Uno studio spiega come eliminare un pericoloso batterio nel latte artificiale: “Non basta solo scaldare l’acqua”

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Preparare un biberon di latte artificiale sembra un gesto semplice e quotidiano, una volta presa un po' la mano. Eppure, dietro questa routine, si nasconde un rischio poco conosciuto: la possibile contaminazione del latte artificiale in polvere con Cronobacter. Si tratta di un batterio raro ma pericoloso per i neonati più fragili e che può essere reso inoffensivo con alcuni accorgimenti che, però, non sempre vengono spiegati in modo chiaro ai genitori.
Un recente studio della Cornell University, pubblicato sul Journal of Food Protection, ha analizzato le istruzioni riportate sulle confezioni, rivelando che spesso risultano troppo vaghe e quindi inefficaci nel proteggere i bambini. Un rischio non trascurabile, poiché sebbene le infezioni da Cronobacter siano poco frequenti – secondo il Centers for Disease Control and Prevention (CDC), negli interi negli Stati Uniti si registrano circa 18 casi all’anno – quando questo batterio colpisce i neonati può causare conseguenze molto gravi, tra cui setticemia, meningite e, nei casi più estremi, il decesso del piccolo.
Le istruzioni ambigue e la nuova procedura raccomandata
Gli studiosi hanno evidenziato che l'efficacia delle attuali linee guida riguardanti la preparazione del latte in formula dipende da dettagli che spesso non vengono specificati con precisione. "Se le procedure non sono chiare, anche uno sforzo accurato da parte dei genitori può risultare insufficiente", ha spiegato Abigail Snyder, docente di sicurezza alimentare microbica e autrice principale dello studio.

La ricerca ha pertanto proposto una sequenza di passaggi più sicura: far bollire l’acqua, versarla subito nel biberon e attendere che raggiunga circa 74 °C, controllandone la temperatura con un termometro. A quel punto si deve aggiungere la polvere, agitare bene e lasciare riposare il latte per un minuto, prima di raffreddarlo rapidamente sotto acqua corrente fino alla temperatura corporea. Questo passaggio termico in più permette di eliminare eventuali tracce del batterio.
Uno sforzo limitato nel tempo
Nella valutazione della fattibilità di questa procedura che dovrebbe verosimilmente essere compiuta più volte al giorno, gli stessi esperti hanno riconosciuto come per genitori, spesso stanchi e sotto pressione, queste modalità possano sembrare impegnative. Tuttavia, ricordano gli studiosi, il periodo critico è relativamente breve, poiché il rischio maggiore si concentra nelle prime otto settimane di vita del neonato. "È un modo concreto per proteggere i bambini più fragili, dando ai genitori la possibilità di rendere sicuro il latte che somministrano", ha sottolineato Snyder, la quale si augura che la ricerca, sostenuta anche dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, possa portare a una revisione delle istruzioni ufficiali per la preparazione del latte artificiale. L'obiettivo è ridurre al minimo il rischio di contaminazione e offrire ai genitori indicazioni semplici ma precise.