Si possono rimproverare i figli altrui? Il parere della nonna social e la lezione da tenere sempre a mente

Nel parco giochi, mentre i bambini si rincorrono e si contendono altalene e scivoli, può capitare che i toni si alzino. Ma quando il proprio figlio viene preso di mira da un coetaneo più prepotente e l’altro genitore è assente o disinteressato, cosa è giusto fare? Intervenire direttamente con l’altro bambino? Restare a guardare? Oppure andarsene? È una questione delicata, e la risposta, secondo la dottoressa Flo Rosen – pediatra in pensione e nonna attiva sui social con il nome di Ask Bubbie – dipende dal contesto e dalla misura dell'intervento.
"È una linea molto sottile", ha spiegato Rosen, intervistata dal sito TODAY.com. La questione è infatti emersa da un episodio, raccontato su TikTok. Una madre aveva chiesto consiglio dopo che un bambino, apparentemente senza genitori nei paraggi, aveva cominciato a bullizzare suo figlio al parco. La domanda era: Si può rimproverare un bambino che non è il proprio?
Proteggere il proprio figlio viene prima di tuto
Secondo Rosen, la risposta sì, ma bisogna attuare molte cautele. Inveire o peggio, usare la violenza fisica, è ovviamente escluso, tuttavia usare parole gentili ma decise per sottolineare il comportamento scorretto può essere appropriato. "Una volta era normale. Se una nonna vedeva qualcosa che non le piaceva, interveniva e noi ascoltavamo", ha raccontato. Oggi però, continua, i tempi sono cambiati e quella che un tempo era una forma di disciplina collettiva può oggi creare tensioni tra adulti.

Ad ogni modo, ha sottolineato la pediatra, l'obiettivo principale deve essere la sicurezza del proprio figlio. Se un altro bambino lo mette in pericolo, fisicamente o emotivamente, è necessario – e doveroso – intervenire. A volte basta la sola presenza del genitore nei pressi del gioco per scoraggiare comportamenti aggressivi. Altre volte, invece, è utile dire qualcosa di neutro ma fermo, come: "Al parco tutti facciamo a turno" o "Qui si condividono i giochi". Ovviamente tali interventi devono essere la risposta a un sopruso e non un modo per ottenere qualche privilegio per il proprio figlio.
Se poi la situazione non si risolve, la soluzione migliore rimane probabilmente quella di allontanarsi prima che le cose possano precipitare. "Non vuoi che tuo figlio si senta a disagio per colpa di qualcun altro", ha affermato Rosen. Meglio quindi proporre un’attività piacevole, come prendere un gelato o andare a leggere una storia, per trasformare un’esperienza negativa in uun momento positivo.
Un’occasione per imparare
Anche il momento successivo all’episodio può avere un valore educativo. In un clima tranquillo, è utile parlare con il bambino e riflettere su quanto accaduto. Sottolineare il comportamento scorretto: "Quel bambino non è stato gentile perché non ti lasciava giocare" aiuta a dare un nome alle emozioni e a rafforzare il concetto di rispetto reciproco.
Rosen suggerisce anche di coinvolgere il bambino in un ragionamento: “Come pensi che avresti potuto affrontare la situazione se io non fossi intervenuta?" Un modo per allenare l’assertività e dare strumenti per reagire in autonomia, quando sarà pronto.
Evitare lezioni agli altri genitori
Secondo la saggia nonna confrontarsi direttamente con il genitore del bambino aggressivo può invece rivelarsi controproducente. "Se non sanno già cosa fare, è difficile che una ramanzina al parco cambi le cose", ha osservato Rosen. Anzi, il rischio è che la situazione degeneri. "Se qualcuno rimproverasse mio figlio, probabilmente anche io mi sentirei attaccata", ha ammesso.
Eppure, tra i commenti sui social, in molti difendono l’intervento degli adulti quando i bambini esagerano. Alcuni invocano il proverbiale "villaggio" che cresce un bambino, altri raccontano episodi in cui anche gli sconosciuti hanno avuto un ruolo positivo nel riportare l’ordine. Ma resta il principio guida: proteggere i propri figli, senza superare certi limiti.