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Quanta paghetta dare ai figli? I consigli degli esperto: “Il trucco? Un euro per ogni anno di vita”

Dare ai figli una paghetta può essere molto più di un semplice gesto: è un’occasione per insegnare loro responsabilità, autonomia e gestione del denaro. Se ben strutturata, diventa il primo passo verso una solida educazione finanziaria, aiutando i bambini a comprendere il valore del denaro e delle scelte economiche.
A cura di Niccolò De Rosa
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Insegnare ai bambini a gestire il denaro è una delle competenze più preziose che i genitori possano trasmettere. Tra gli strumenti più semplici ed efficaci c’è la paghetta. Lontano dall’essere solo un  bonus settimanale, la paghetta può trasformarsi in una vera e propria lezione di autonomia, responsabilità e risparmio. Se utilizzata con criterio, diventa il primo passo verso una sana educazione finanziaria.

Un piccolo budget per grandi lezioni

Dare ai figli una paghetta significa metterli nelle condizioni di confrontarsi con il valore reale del denaro. Spesso, infatti, il primo vero contatto dei bambini con i soldi avviene proprio attraverso questa forma di "reddito" personale. A seconda delle regole stabilite in famiglia, la paghetta può rappresentare una sorta di primo salvadanaio o persino un premio legato allo svolgimento di piccoli compiti domestici.

Come recentemente spiegato sul sito americano Parents da Keith J. Peterson, consulente finanziario e vicepresidente di D.A. Davidson, legare la paghetta a compiti specifici può aiutare i bambini a comprendere il legame fondamentale tra una prestazione — che si tratti di un lavoro o di un servizio — e la ricompensa che ne deriva. Un concetto tutt’altro che scontato in un mondo dove i pagamenti elettronici rendono gli scambi di denaro sempre meno tangibili, alimentando nei più piccoli l’idea che i soldi siano qualcosa di virtuale, che compare magicamente da una carta o da un Pos.

Responsabilità, autonomia e scelte

Tra i principali vantaggi della paghetta c’è l’opportunità di sviluppare un senso di responsabilità. Quando un bambino gestisce il proprio denaro, impara rapidamente che ogni scelta ha delle conseguenze. Se decide di spendere tutto per un gioco oggi, dovrà rinunciare a un’uscita, o a uno sfizio domani. Questo tipo di esperienza diretta rafforza anche l’indipendenza: poter acquistare da soli qualcosa che si desidera — un dolcetto, un accessorio o un gadget — trasmette un senso di controllo e fiducia in sé stessi.

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Un altro insegnamento fondamentale è la gratificazione differita, quella che non arriva subito ma necessita di un po' di pazienza per essere goduta. Accumulare la paghetta per settimane per potersi permettere, ad esempio, un videogioco o un biglietto per un concerto, insegna pazienza, pianificazione e determinazione. Sono tutte abilità che torneranno utili una volta diventati adulti.

Quanto dare e come strutturare la paghetta

Stabilire l’importo giusto può essere una delle questioni più complesse per i genitori. Non esiste una regola valida per tutti, ma Peterson suggerisce un criterio semplice: un dollaro (o euro) per ogni anno d’età. Ad esempio, un bambino di 5 anni potrebbe ricevere 5 euro a settimana. A questo si possono aggiungere piccoli lavori extra retribuiti, che vanno oltre le normali responsabilità domestiche.

L’importante, secondo l'esperto, è distinguere tra "doveri" e "lavori", poiché i due concetti non sono sinonimi ed è bene che i bambini lo imparino presto. Dare da mangiare al cane o studiare per la verifica, ad esempio, può essere un compito quotidiano che deve essere comunque fatto, mentre pulire il giardino potrebbe essere un incarico extra meritevole di una qualche forma fi compenso. Per stabilire le tariffe, si può prendere come riferimento quanto costerebbe pagare qualcun altro per lo stesso lavoro nel proprio quartiere.

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Età per età: come adattare la paghetta

Le modalità e gli importi della paghetta dovrebbero evolversi con l’età:

  • 4–6 anni: pochi euro a settimana, magari suddivisi in tre barattoli con etichette “spendere”, “risparmiare” e “donare”, per imparare i primi concetti di bilancio.
  • 7–9 anni: possono iniziare a ricevere la paghetta in cambio di piccoli compiti, come rifare il letto. È il momento giusto per fissare piccoli obiettivi di risparmio.
  • 10–12 anni: si può aumentare l’importo – una decina di euro a settimana – e chiedere loro di coprire alcune spese personali, come snack o regali per amici, favorendo la nascita di un vero e proprio mini-budget.
  • 13–15 anni: con responsabilità maggiori (come badare ai fratelli o curare il giardino), si può passare a una paghetta mensile, aiutandoli a pianificare acquisti più importanti.
  • 16–18 anni: a questa età di solito la paghetta cade in disuso e viene sostituita da piccoli lavoretti. I compensi che ne derivano possono poi essere integrati da contributi specifici dei genitori per obiettivi a lungo termine, come l’auto o l’università, o per le uscite con gli amici. È anche il momento ideale per aprire un conto bancario e iniziare a parlare di carte, interessi e credito.

I rischi da tenere sotto controllo

La paghetta non è priva di insidie. Uno dei rischi principali, avverte Peterson, è che i bambini si abituino a ricevere denaro indipendentemente dall’impegno. C’è anche il pericolo che considerino ogni attività domestica un’occasione per guadagnare, perdendo di vista il concetto di collaborazione familiare. Inoltre, le differenze tra fratelli possono causare tensioni: non tutti i bambini hanno lo stesso approccio al denaro. Uno potrebbe essere risparmiatore, l’altro più impulsivo. Situazioni che, se gestite con equilibrio, rappresentano un’utile palestra per affrontare la realtà del mondo adulto.

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