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Perché sfogarsi con i figli è un comportamento da evitare: si rischia di trattarli da adulti in miniatura

Secondo la psicologa australiana Emma Peterson, sfogarsi con i bambini rischia di sovraccaricarli di responsabilità che non spettano alla loro età, minando il loro sviluppo emotivo e il senso di sicurezza: “Il pericolo è trasformare i figli in genitori che si prendono cura dei genitori”.
A cura di Niccolò De Rosa
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Quando la vita mette alla prova, sfogarsi può essere terapeutico. Ma per i genitori c'è una soglia da non superare: quella che separa il bisogno di esprimere le proprie emozioni dalla necessità di proteggere i figli da pesi troppo grandi. Secondo la psicologa australiana Emma Peterson, il confine tra condivisione e sovraccarico emotivo è spesso sottile — e troppo frequentemente varcato, con il rischio che i bambini si ritrivano a svolgere un ruolo che non spetta loro: quello di genitori emotivi dei propri genitori.

Quando i ruoli si invertono

Emma Peterson, professionista a Brisbane (Australia), ha messo in guardia in guardia da una dinamica tanto comune quanto pericolosa: confidarsi con i figli piccoli su questioni che andrebbero affrontate con un adulto, come stress finanziari, problemi coniugali o difficoltà lavorative. "Senza rendercene conto, trasmettiamo loro un fardello emotivo che non sono in grado di sostenere", ha spiegato. Un semplice sfogo, se mal calibrato, può portare i bambini a sentirsi responsabili del benessere del genitore, invertendo i ruoli naturali.

Il rischio di "adultizzare" l'infanzia

Limitarsi nelle esternazioni con i piccoli non significa che le emozioni vadano sempre mascherate. Al contrario, è utile che i figli vedano che anche gli adulti provano tristezza o stress. Ma la comunicazione deve essere "contenuta" e moderata, in modo da non turbare gli animi. Invece di dire "Non abbiamo i soldi per il mutuo e non so come fare", ha proposto Peterson, meglio ricorrere a un più rassicurante: "È stata una giornata un po’ faticosa, ma sto cercando di stare tranquilla". Così facendo il bambino capisce che le emozioni esistono – anche quelle negative – ma non sente il dovere di intervenire o “salvare” l’adulto.

Molti genitori, spiega la psicologa, tendono a comportarsi così perché, a loro volta, da bambini hanno dovuto fare da supporto emotivo ai propri genitori. È una forma di "parentificazione", una condizione in cui il figlio assume responsabilità emotive da adulto (fenomeno molto frequente ad esempio nelle sorelle maggiori) o comunque superiori alla sua effettiva età. Le conseguenze possono durare anni, fino all’età adulta, e lasciare tracce profonde: difficoltà a creare relazioni paritarie, perfezionismo, senso di solitudine e perfino disturbi post-traumatici.

@psychologistemma

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"Non si tratta di essere perfetti — ha concluso la psicologa — ma di assumersi la responsabilità e fare riparazione. I nostri figli devono poter tornare a fare i bambini". Proteggere l’infanzia significa infatti anche – o forse, soprattutto – custodire uno spazio sereno e libero da ansie che non appartengono alla loro età.

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