Perché la decisione di Millie Bobby Brown di non svelare il nome della figlia è una lezione per tutti i genitori

Nelle ultime settimane, il nome di Millie Bobby Brown è tornato prepotentemente sotto i riflettori. Da un lato, l'attesa per la stagione finale di Stranger Things, la serie che l'ha consacrata come star mondiale. Dall'altro, una presunta denuncia per bullismo sul set ai danni del collega David Harbour, che però, almeno stando all'affiatamento dimostrato dai due alla premiere di Netflix, sembra essere acqua passata. In mezzo a clamori, accuse e gossip, l'attrice ventunenne ha però compiuto una scelta passata quasi inosservata, eppure sorprendentemente controcorrente, che riguarda la sua nuova avventura da genitore: non rivelare alcun dettaglio sulla figlia appena adottata insieme al marito Jake Bongiovi.
"Non è la mia storia da raccontare"
In un’intervista concessa a British Vogue, Brown ha raccontato la gioia di essere diventata madre, descrivendo la nuova quotidianità come "un viaggio bellissimo e incredibile, pieno di amore, risate e piccole scoperte". Ma, al di là dell’entusiasmo, ha tracciato una linea netta tra sé, la sua famiglia e la curiosità del pubblico. "Per me è davvero importante proteggere lei e la sua storia – ha spiegato – finché non sarà abbastanza grande da poterla raccontare lei stessa, se vorrà".
Nessun nome, nessuna foto, nessuna descrizione della personalità della bambina e quel "se vorrà" che consegna alla piccola le redini della propria immagine pubblica. Un atto di protezione quasi rivoluzionario in un'epoca in cui l'intimità familiare è spesso merce di scambio per visibilità e consenso. "Non è il mio posto mettere mia figlia sotto i riflettori contro la sua volontà", ha aggiunto, ribadendo una sorprendente fermezza sulla questione, soprattutto per una giovane donna cresciuta sotto lo sguardo del mondo e che a dodici anni era già una celebrità globale.
Un antidoto allo sharenting
La decisione di Brown e Bongiovi si oppone apertamente al fenomeno dello sharenting, l'abitudine di molti genitori – famosi e non – di condividere online immagini, nomi e momenti privati dei figli. Un comportamento spesso inconsapevole, che può esporre i minori a rischi di violazione della privacy e contribuire a costruire un'identità digitale su cui i piccoli non hanno diritto di scelta. La psichiatra Caroline Blackman, intervistata da Newsweek, ha definito la scelta di Millie Bobby Brown "saggia e rispettosa dello sviluppo del bambino". "I figli non sono estensioni narcisistiche dei genitori – ha spiegato l'esperta – ma individui a sé stanti, la cui autenticità va protetta e coltivata". Secondo Blackman, pubblicare (anche in buona fede) foto o informazioni personali dei figli senza il loro consenso, rischia di trasformarli in proiezioni dell'ego genitoriale, privandoli della possibilità di decidere chi vogliono essere.

Crescere lontano dai riflettori
Millie Bobby Brown, che da bambina ha sperimentato sulla propria pelle le pressioni della fama, sembra averne tratto una lezione profonda. La sua decisione non è una semplice scelta di riservatezza, ma un atto educativo che riconosce alla figlia, ancora piccolissima, il diritto a preservare la propria identità, senza essere subito data in pasto al mondo come "la figlia di..,". "Se un giorno vorrà condividere la sua personalità con il mondo, come ho fatto io da giovane, la sosterremo. Ma per ora è nostro compito proteggerla", ha dichiarato l'attrice.
In questa scelta, c'è un modello di genitorialità rispettosa, che va oltre la semplice tutela della privacy e mette al centro il diritto del bambino a costruire da sé la propria storia. Come ha sottolineato la dottoressa Blackman, "onorare il diritto di un figlio alla propria narrazione è un atto d’amore, e una correzione necessaria a una cultura che troppo spesso trasforma i bambini in parte del brand dei genitori". Una prospettiva che ribalta la logica dominante dell’esposizione continua e restituisce valore al tempo dell'attesa, della crescita, della libertà di scegliere. In un mondo in cui l'esposizione social è spesso confusa con una dimostrazione d'affetto, il silenzio di Millie Bobby Brown diventa una lezione che ci ricorda come la genitorialità significhi anche lasciare spazio, custodire e aspettare che i figli possano scegliere autonomamente quando e come mostrarsi al mondo.