Perché è sbagliato vietare l’ingresso al ristorante ai bambini. La pedagogista: “Si nega un diritto”

Dopo la discussa decisione della storica Osteria del Sole di Bologna di esporre un cartello per sconsigliare l’ingresso ai bambini, il tema della difficile convivenza tra famiglie con figli piccoli e frequentatori di ristoranti è tornato al centro del dibattito.
Da un lato, molti clienti hanno compreso le ragioni del titolare, stanco di anni di maleducazione e scarsa attenzione da parte di alcuni genitori nei confronti dei comportamenti eccessivi dei figli. Dall’altro, c’è chi ha letto l’iniziativa come l’ennesimo segnale di ostilità verso le famiglie, sempre più percepite come un elemento di disturbo in una società che fatica ad accettare il fatto che i bambini si comportino come tali.
Ma è davvero possibile conciliare il diritto delle famiglie a vivere momenti di socialità con quello di chi cerca tranquillità a tavola? Per fare chiarezza, Fanpage.it ha chiesto il parere della pedagogista Francesca Antonacci, professoressa ordinaria di Pedagogia all’Università degli Studi di Milano-Bicocca.
"Prima di tutto è bene ribadire un concetto fondamentale: il bambino è un soggetto civile, un cittadino a tutti gli effetti, che ha una sua voce e dei diritti che devono essere rispettati", spiega la pedagogista. "Tutte quelle iniziative volte a impedire o anche solo limitare loro l’accesso a luoghi pubblici rimane pertanto sbagliata in partenza".
Dunque non è d’accordo con l’oste bolognese, anche se lui stesso ha specificato di essere in polemica con i genitori, e non i bambini?
Ciò che ha fatto non è nemmeno una novità. Ormai negli ultimi anni si sono moltiplicati gli eventi, gli alberghi e i ristoranti dove i più piccoli non sono bene accetti. Purtroppo tale atteggiamento è frutto di una società edonista e individualista dove il bambino – essendo un soggetto “sovversivo” che vuole esprimersi liberamente – non ha più spazio né voce. Certo, ciò non significa che i figli possano essere lasciati liberi d’imperversare tra i tavoli di un locale, di urlare per tutto il tempo o di disturbare gli altri clienti, tuttavia, per quanto ho potuto osservare dalla mia esperienza, il vero problema dei bambini al ristorante non è la confusione che creano. Anzi, è l’esatto opposto.

Ossia?
Ciò che dovrebbe allarmare di più è che i genitori, proprio per evitare che i figli disturbino, li ammutoliscono con smartphone e tablet, Anche questa non è una novità – un tempo avveniva con la televisione – ma oggi più che mai la tecnologia pervasiva e portatile è diventata la museruola con cui gli adulti fanno stare buoni i bambini. Invece i piccoli non solo hanno il diritto di partecipare alla vita pubblica, ma devono fare esperienze sociali per poter crescere in modo equilibrato.
Perché è così importante che i bambini, anche quelli più piccoli, vivano situazioni come un pasto in un ristorante affollato?
Se il luogo e la situazione sono consoni all’età del bambino, simili momenti gli insegnano a vivere in comunità e a relazionarsi con il mondo che lo circonda. Certo, se si parla di un pranzo o una cena al ristorante, l’esperienza deve essere costruita anche attorno alle esigenze del bambino. Non si può pretendere che stia seduto zitto e buono per ore. Dopo un po’ è normale che vorrà sgranchirsi le gambe, giocare e ricevere l’attenzione di mamma e papà. Qui però sta ai genitori essere pronti e ricettivi ad accogliere le necessità dei figli.
C’è un modo per far sì che le esigenze dei famiglie al ristorante non vadano a danneggiare quelle degli altri avventori (e viceversa?).
In realtà basterebbe solo un po’ di buon senso. Da una parte madri e padri hanno il dovere di educare i propri figli al rispetto delle regole e di mettersi al servizio dei bisogni dei propri figli. Se ad esempio un bambino ha una piccola crisi di pianto e vuole cambiare aria, il genitore non può ignorarlo e continuare a godersi il pasto come se nulla fosse, ma deve ascoltarlo e, se necessario, accompagnarlo fuori per aiutarlo a calmarsi. Dall’altra parte però, anche gli altri adulti – clienti e ristoratori – devono imparare a mostrarsi più comprensivi. I bambini non sono piccoli adulti a cui si possono impartire ordini ed è del tutto normale che ridano, giochino e parlino a voce alta.

È giusto anche che si alzino da tavola?
Se non corrono infastidendo i camerieri e le altre persone perché no? Anche questo fa parte dell’educazione che un genitore deve impartire al proprio figlio. Il bambino a tavola deve imparare ad essere un soggetto autonomo, portatore di diritti e doveri. Ha pertanto il diritto alzarsi se è stufo di stare seduto troppo a lungo, ha il diritto di dire se una cosa non gli piace. Allo stesso tempo, però, ha anche il dovere di non rovesciare le cose a terra, di non urlare e di nutrirsi nei tempi e nei modi stabiliti dalle regole apprese in famiglia.
Ci sono dei consigli pratici per evitare che il bambino al ristorante si annoi o inizia ad assumere comportamenti troppo chiassosi?
Troppo spesso pensiamo ai bambini come a degli stupidi che devono essere ammansiti e tenuti buoni. I piccoli, invece, sono perfettamente in grado di vivere un’esperienza come un pasto in un locale pubblico. Non servono quindi discorsi preparatori, giocattoli o, peggio ancora, schermi per distrarli. Basta solo l’educazione impartita dai genitori. I bambini vivono già nel mondo, frequentano l’asilo o la scuola, parlano con le persone, stringono amicizie. Non sono alieni che vengono calati in un contesto che non hanno mai vissuto. Certo, questo discorso decade se l’adulto priva il bambino dell’esperienza del mondo piazzandolo davanti a uno strumento digitale. In questo caso però, il chiasso al ristorante appare proprio come l’ultimo dei problemi: qui emerge un problema educativo più ampio che pero riguarda in primo luogo la generazione degli adulti.