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Per 4 donne su 10 il parto è così traumatico da convincerle a non fare più figli: lo studio sulla violenza ostetrica

“Smettila di lamentarti”, “Non sei proprio capace di spingere” sono queste le frasi che le donne ancora oggi si sentono dire in sala parto, sono solo parte di quel fenomeno ampio e ancora irrisolto che è la violenza ostetrica. La demografa Alessandra Minello che sta coordinando il primo studio nazionale sul tema ci ha spiegato nel dettaglio le percentuali e le pratiche che fanno parte di questo tipo di violenza.
Intervista a Alessandra Minello
Demografa, ricercatrice di Scienze Statistiche presso l'Università di Padova e coordinatrice nazionale del progetto Forties
A cura di Sophia Crotti
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violenza ostetrica
Immagine di repertorio

In un Paese che grida alla crisi demografica e che piange su quelle culle vuote, sperando che basti qualche bonus saltuario a convincere le donne in età fertile a fare un figlio, 4 donne su 10 hanno vissuto un'esperienza di parto e post-partum così traumatica da non voler più pensare di rimettere piede in sala parto.

Sono questi solo alcuni dei dati emersi fin ora dalla prima indagine nazionale sulla violenza ostetrica, che stanno conducendo in un meraviglioso lavoro corale i dipartimenti di statistica delle Università di Padova e Bologna, insieme alla Bicocca di Milano. A coordinare la ricerca c'è la demografa Alessandra Minello, la quale è ricercatrice per il dipartimento di Scienze Statistiche dell'Università di Padova.

A Fanpage.it la demografa ha spiegato nel dettaglio i dati emersi dal progetto FORTIES, finanziato dal Pnrr e dedicato alla maternità in età avanzata, che ha dato voce a tutta la sofferenza che ancora troppe donne in Italia vivono nel dare alla luce il proprio bambino.

Alessandra Minello
Alessandra Minello (demografa e ricercatrice di Scienze Statistiche presso l'Università di Padova)

Donna, partorirai con dolore

La ricerca guidata dalla demografa Alessandra Minello ha coinvolto un campione di 5000 donne di età compresa tra i 25 e i 45 anni con figli tra i 3 e i 10 anni. "Il nostro obiettivo fin dall'inizio è stato quello di guardare in generale all'esperienza di genitorialità delle madri, in particolare ci siamo soffermati sull'esperienza del primo parto delle donne per capire se ci fosse una correlazione con l'intenzione e la decisione di avere anche un secondo figlio" spiega Minello a Fanpage.it.

Per trovare una risposta a questo quesito, il team di ricerca, coordinato dalla demografa, sta analizzando diversi ambiti della vita di queste madri, dal carico mentale della genitorialità, alla depressione post-partum, al pentimento materno, sino alla violenza ostetrica, tematica sulla quale sono stati pubblicati i primi dati dello studio.

Il 12% delle intervistate ha definito la propria esperienza di parto gravemente traumatica, moderatamente per il 31%, leggermente per il 32% e non traumatica solo per il restante 25%. I motivi del trauma per le donne erano diversi, quando si trattava di parto cesareo programmato e d'urgenza il dolore più grande per le donne era psicologico: essere private del diritto di poter avere un accompagnatore al loro fianco; quando si trattava invece di parto naturale il dolore era fisico, il 33% di loro lamentava di aver subito l'episiotomia (incisione del perineo che dovrebbe facilitare la fuoriuscita del bebé) senza anestesia e il 32% la rottura artificiale delle membrane. Al 15% delle donne, infatti, è stata negata qualsiasi misura per ridurre il dolore.

La violenza ostetrica, purtroppo non è finita qui, un quarto delle madri ha dichiarato che il dolore da lei provato in sala parto è stato sminuito: "Non sei capace di spingere" è quanto si è sentita ripetere in sala parto dal team che avrebbe dovuto prendersi cura di lei il 10% delle donne, soprattutto nel Centro Italia e "Smettila di lamentarti" il 13% di loro, soprattutto se hanno partorito al Sud o nelle isole (15%). Moltissime donne sono state lasciate da sole e senza indicazioni nell'allattamento al seno, cosa che le ha portate nel 28% dei casi a sperimentare disagio per il ritardo dell'allattamento. "Dalla nostra ricerca è emerso che aver vissuto un'episiotomia dolorosa, aver percepito come sminuito il proprio sentire e aver ricevuto parole svilenti ha scoraggiato le donne dal pensare ad un secondo figlio" ha spiegato Minello.

Perché nel 2025 esiste ancora la violenza ostetrica?

Sono ancora molte le donne che denunciano episodi di violenza ostetrica, un fenomeno traumatico che secondo la demografa Minello è incredibilmente complesso da eliminare anche a causa del patriarcato radicato nella nostra società. "È come se alcuni comportamenti fossero stati introiettati sia dalle donne che dagli operatori sanitari che dunque li subiscono o li mettono in atto senza rendersi sempre conto che si tratta di violenza".

In breve, secondo Minello, vi è una manifestazione di potere e controllo sul corpo delle partorienti radicata in una visione molto patriarcale della maternità che porta gli operatori sanitari a perpetuare certe pratiche perché "si è sempre fatto così" e le donne a subire la violenza perché il parto causa dolore.

Tuttavia, oggi c'è molta sensibilità alla tematica e il tempo è pronto per una vera e propria rivoluzione: "C'è maggior consapevolezza del corpo e del diritto a non veder negata la propria integrità nemmeno in sala parto, per tanto noi cerchiamo di fornire quante più informazioni possibili sugli eventuali traumi ancora vissuti durante il parto, in modo che questa esperienza possa essere migliorata il più possibile".

Oggi c'è anche più consapevolezza di un tempo riguardo le pratiche mediche legate al parto, Minello spiega che talvolta gli operatori sanitari giustificano un intervento con l'emergenza medica, che ovviamente richiede tempestività, ma non deve mai mancare la trasparenza: "L'urgenza può giustificare certi tipi di interventi medici se e solo se vengono spiegati alla donna prima che questi vengano messi in atto o dopo, se la partoriente si trova in sedazione". La spiegazione infatti, che è un diritto di ogni paziente, aiuta le donne a dare senso a quanto vissuto in sala parto e a vivere l'esperienza come meno traumatica.

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