Oltre un miliardo di bambini subisce ancora punizioni corporali, l’allarme dell’OMS: “Le sberle fanno solo danni”

Nonostante educatori e pedagogisti abbiano dimostrato da tempo come la violenza fisica non abbia alcun valore educativo, le punizioni corporali continuano a essere ampiamente in molte parti del mondo, tanto che oltre un miliardo di bambini nel mondo sperimentano ancora oggi schiaffi, sberle e percosse durante la loro crescita. A confermarlo è un nuovo rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che ha tracciato un quadro dettagliato – e piuttosto preoccupante – della diffusione di pratiche violente per educare o disciplinare i più piccoli.
Secondo il documento –"Punizioni corporali sui bambini: l’impatto sulla salute pubblica" (Corporal punishment of children: the public health impact) – nei 58 Paesi monitorati ogni anno un miliardo e 200mila bambini sperimentano forme gravi di violenza come colpi al viso, frustate con la cintura o ripetuti pestaggi) da parte degli adulti. La diffusione varia da nazione a nazione: si passa dal 30 per cento dei bambini in Kazakistan al 77 per cento in Togo. Nelle scuole, la situazione non è migliore: in Africa e in America Centrale circa il 70 per cento degli alunni ha dichiarato di subire punizioni corporali, da parte di insegnanti o personale scolastico, mentre nel Pacifico occidentale la percentuale si aggira attorno al 25 per cento. Anche in Paesi occidentali, ritenuti più avanzati sul fronte dei diritti dell’infanzia, la pratica rimane però sorprendentemente diffusa: nel Regno Unito – dove da tempo si discute in sulla necessità di rendere illegale per legge sberle e sculacciate – due bambini su tre raccontano di ricevere ancora botte in famiglia e negli Stati Uniti un quarto dei genitori ha ammesso di sculacciare regolarmente i figli sotto i cinque anni.

Nessun valore educativo, solo danni
"Le prove scientifiche sono schiaccianti: le punizioni corporali non offrono alcun beneficio né ai bambini né ai genitori, ma comportano seri rischi per la salute", ha spiegato Etienne Krug, direttore del Dipartimento OMS per la promozione della salute. Diversi studi confermano infatti che i piccoli sottoposti a punizioni fisiche non solo tendono ad avere uno sviluppo cognitivo più lento, un vocabolario ridotto e maggiori difficoltà scolastiche, ma crescono con una maggiore predisposizione a comportamenti aggressivi e, una volta adulti, rischiano di perpetuare la violenza nella coppia e nella famiglia.
Ferite invisibili e costi sociali
Oltre ai danni immediati, le punizioni corporali sembrano anche alterare i meccanismi biologici, aumentando i livelli di stress e modificando la stessa struttura cerebrale, compromettendo così lo sviluppo sano dei bambini. Le conseguenze psicologiche possono dunque essere molto pesanti, con un conto salato in termine di ansia, depressione, bassa autostima e instabilità emotiva. Tutte condizioni che spesso persistono nell’età adulta. L'impatto si riflette immancabilmente anche sul piano sociale ed economico: secondo le stime dell'OMS, la violenza sui minori costa ogni tra il 2 e il 5 per cento del Pil mondiale tra spese sanitarie e giudiziarie. La Banca Mondiale (World Bank), ha a sua volta calcolato che le punizioni corporali nelle scuole riducono significativamente la qualità dell'apprendimento e generano perdite per 11 trilioni di dollari in mancati guadagni futuri.

Tra leggi e cambiamento culturale
Una parte del rapporto si è anche concentrata sul panorama legislativo internazionale. Stando ai dati raccolti dall'OMS, negli ultimi decenni sono cresciuti i Paesi che hanno introdotto leggi contro le punizioni corporali e oggi sono 68 quelli che le vietano in ogni contesto. La Svezia è stata la pioniera, già nel 1979, abbinando alla norma un modello educativo fondato sull’ascolto e sul rispetto dei bambini. Tuttavia, il divieto legislativo da solo non basta. In diversi Paesi, come Kazakistan o Mongolia, l’approvazione di nuove leggi non ha ridotto in modo significativo la diffusione delle punizioni. Viceversa, ci sono società che hanno avviato un cambiamento culturale senza un intervento normativo diretto.
In Italia, invece la situazione, tanto per cambiare, resta ambigua: schiaffi e sculacciate sono vietati solo a scuola e negli istituti penali, ma non tra le mura domestiche. Una sentenza della Corte Costituzionale del 1996 aveva dichiarato ingiustificabile ogni forma di violenza a fini educativi, ma il Parlamento non ha mai tradotto quella pronuncia in legge. Per questo, il nostro Paese continua a essere richiamato dagli organismi internazionali a rafforzare la tutela dei minori.