Niente tabù, complicità e dialogo continuo: i consigli per parlare di sesso ai figli senza imbarazzo

Per molti genitori il fatidico momento del "discorso" sul sesso da affrontare i figli è qualcosa che si tende a rimandare il più possibile. L’imbarazzo, la paura di non trovare le parole giuste o di affrontare temi troppo delicati spesso bloccano, con il risultato che ragazzi e ragazze finiscono per cercare risposte altrove, a volte in contesti poco affidabili come i social o i contenuti espliciti online. Eppure, spiegano gli esperti il ruolo dei genitori nell’educazione sessuale resta centrale. Sul sito The Conversation, tre ricercatori della La Trobe University di Melbourne – Jennifer Power, Alexandra James e Thomas Norman – hanno raccolto alcuni suggerimenti pratici per aiutare le famiglie ad aprire un dialogo autentico con i propri figli, anche quando sembra difficile.
Perché i genitori faticano a parlarne
Una recente indagine condotta su 1.918 genitori australiani ha mostrato come i temi più semplici da affrontare siano il rapporto con il corpo (45 per cento si sente sicuro a parlarne) e la pubertà (38 per cento), mentre la sicurezza crolla su argomenti più intimi come la masturbazione (12 per cento) o la soddisfazione sessuale (13 per cento). Contrariamente ad alcuni stereotipi duri a morire, le madri sono risultate più propense dei padri a iniziare il discorso (32,3 contro 23,9 per cento), ma in generale entrambi i genitori incontrano lo stesso ostacolo: la paura di dire qualcosa di sbagliato e di trovarsi davanti al rifiuto o al disagio dei figli. Eppure, osservano i ricercatori, quando un adolescente percepisce la disponibilità dei genitori a conversazioni aperte e senza giudizi, diventa più incline a condividere dubbi e domande, chiedendo aiuto quando ne sente il bisogno.
Un altro timore molto diffusi tra i genitori è anche la paura che affrontare apertamente il sesso possa spingere i figli a provarci prima del tempo. Anche qui però gli studiosi rassicurano: non ci sono prove che parlarne incoraggi comportamenti precoci. Al contrario, un’educazione sessuale positiva – che tenga conto sia dei rischi sia del valore del piacere e del consenso – contribuisce a formare adolescenti più consapevoli, capaci di dire "sì" o "no" in modo chiaro.

Non un discorso unico, ma un dialogo continuo
Il primo consiglio è sfatare l’idea che esista un unico, solenne "discorso sul sesso". Parlare di sessualità dovrebbe essere un percorso fatto di conversazioni distribuite nel tempo, calibrate sull’età e sulla maturità del bambino. Già dai primi anni, spiegano gli esperti, è importante che i più piccoli imparino i nomi corretti delle parti del corpo e i principi base della riproduzione. Questo approccio rende più naturale proseguire il discorso negli anni dell’adolescenza, ma – precisano – "non è mai troppo tardi: in qualsiasi fase della crescita il dialogo con i genitori può portare benefici".
Sfruttare le occasioni di quotidiane ed evitare moralismi
La vita quotidiana offre molti spunti per avviare una conversazione: film, serie tv, notizie o discussioni sui social sono terreno fertile per chiedere ai ragazzi cosa pensino di ciò che vedono e come lo interpretino. L'obiettivo non è quello di trasmettere subito un messaggio preciso e pretendere che questo venga colto, ma ascoltare, fare domande e stimolare una riflessione critica. "Mostrare interesse per l’opinione degli adolescenti è già un modo per farli sentire ascoltati", sottolineano gli studiosi.
Parallelamente a un simili atteggiamento, è bene anche non assumere posizioni troppo autoritarie riguardo al tema. Proibire il sesso o la pornografia, dire semplicemente "non farlo", non impedisce che i giovani vi si avvicinino a questi argomento, ma anzi può chiudere la porta a futuri confronti. La ricerca ci ricorda che la maggior parte dei ragazzi inizia ad avere esperienze sessuali tra i 15 e i 17 anni e che quasi tutti hanno già avuto contatto con contenuti pornografici. Piuttosto che vietare, è dunque ben più utile fornire strumenti per pensare in modo critico e garantire sostegno concreto, ad esempio nella ricerca di informazioni affidabili su contraccezione o salute sessuale.

Raccontare la propria esperienza
Un altro modo per avvicinarsi al tema può essere quello di condividere qualche episodio personale. Non serve svelare dettagli intimi, ma raccontare la propria prima cotta, un bacio goffo o una storia imbarazzante può aiutare a mostrarsi vulnerabili e autentici. Questo, spiegano i ricercatori, può abbattere la distanza tra genitori e figli. Chi non si sente a suo agio con i propri ricordi può sempre ricorrere a storie ascoltate o lette altrove.
Accettare l'imbarazzo
Non tutti riescono a pronunciare con facilità parole come "masturbazione" o "orgasmo". Riconoscere l’imbarazzo e persino riderci sopra è una strategia utile per sdrammatizzare. "Tenere un tono leggero e autoironico può rompere il ghiaccio e mettere a proprio agio anche l’adolescente", suggeriscono gli esperti.
Prepararsi e fare pratica
Infine, documentarsi è fondamentale. Non è necessario diventare esperti, ma informarsi su temi specifici e provare a parlarne prima con il partner o un amico può rendere più sciolti nel momento in cui la conversazione avviene con i figli. In fondo, osservano i ricercatori, l’obiettivo è diventare progressivamente più a proprio agio con argomenti che, culturalmente, si tende a trattare poco.