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Né dittatori né permissivi: gli esperti spiegano che cosa significa davvero essere genitori “gentili”

Sempre più genitori scelgono la genitorialità gentile, un approccio che unisce empatia e regole chiare per crescere figli emotivamente consapevoli. Lungi dall’essere permissiva, questa strategia mira a insegnare l’autoregolazione e il rispetto dei limiti, ma richiede impegno e può portare a stress e senso di inadeguatezza.
A cura di Niccolò De Rosa
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Negli ultimi anni, sempre più genitori stanno mettendo in discussione i metodi educativi tradizionali per abbracciare uno stile che promette più empatia, meno urla e una comunicazione più autentica: la cosiddetta gentle parenting, o genitorialità gentile. Ma cosa significa davvero crescere un figlio con dolcezza? Si tratta solo di evitare punizioni e "no" categorici? O c’è dietro un approccio più complesso, che punta a insegnare competenze emotive e a stabilire confini chiari? Secondo gli esperti, la risposta sta nel trovare un equilibrio tra affetto e fermezza.

Un nuovo modo di crescere i figli

Dopo secoli di padri inflessibili e madri dalla sberla facile, dalla fine del secolo scorso le nuove generazioni di genitori hanno iniziato ad esplorare percorsi educativi molto diversi da quelli sperimentati sulla propria pelle. Meno grida e più ascolto, meno autoritarismo e più dialogo: è questa la direzione che molti stanno scegliendo. La gentle parenting si inserisce proprio in questo contesto, proponendosi come alternativa alla genitorialità punitiva e distante del passato. Come spiega alla CNN il dottor Brian Razzino, psicologo clinico della Virginia (USA), non si tratta di "coccolare" o assecondare ogni capriccio, bensì di educare con empatia, senza rinunciare a regole e limiti. "È una forma di insegnamento per la vita adulta", chiarisce, "che aiuta il bambino a comprendere e regolare le proprie emozioni".

genitore gentile

Le interpretazioni fuorvianti sono però molto frequenti e nell'immaginario collettivo l'approccio gentile viene spesso scambiato per un eccesso di permissivismo, confondendo il dialogo e la rinuncia alle punizioni con l'assenza totale di regole. Lo stile "permissivo" infatti, offre molto affetto ma poca struttura, mentre la genitorialità gentile – quella autentica – mira ad unire empatia e disciplina, fornendo protezione e comprensione, ma anche confini chiari e conseguenze quando si commette un errore o si adotta un comportamento negativo. Insomma, il genitore gentile si pone esattamente a metà strada tra il genitore dittatore e quello troppo indulgente, attingendo, almeno in teoria dal meglio dalle due filosofie.

Dolci sì, ma con fermezza

Per spiegare la sottile, ma sostanziale, differenza tra i due metodi educativi, Razzino ha analizzato l'esempio del bambino che lancia il cibo per terra. Il genitore permissivo potrebbe limitarsi a un "per favore, non farlo", senza conseguenze. Quello autoritario, al contrario, potrebbe reagire con un rimprovero duro o una punizione. Il genitore autorevole – e dunque, idealmente, quello "gentile" – direbbe: "Capisco che hai voglia di giocare, ma il cibo resta nel piatto. Se lo lanci ancora, dovrò toglierlo". Questo approccio riconosce l’emozione del bambino, ma impone comunque una linea di condotta che non dese essere varcata. Il punto, sottolinea Razzino, non è proteggere i figli da ogni frustrazione, ma insegnare loro a gestirla. Le conseguenze devono essere logiche: se si colpisce un amico con un giocattolo, il gioco finisce. Validare i sentimenti e, allo stesso tempo, guidare il comportamento rimane la chiave per il successo educativo.

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Un investimento sul lungo periodo

I vantaggi di questo approccio sono documentati. Studi recenti dimostrano che i bambini cresciuti con uno stile autorevole (e quindi “gentile”) tendono ad avere migliori risultati scolastici e una maggiore soddisfazione nella vita adulta. Ma non è tutto rose e fiori. Come ha ricordato Anne Pezalla – autrice, insieme alla ricercatrice Alice Davidson, di uno studio che nel 2024 ha approfondito il significato e la percezione della gentle parenting –  mantenere la calma, spiegare sempre ogni decisione e regolare le proprie emozioni può essere estenuante, soprattutto per chi non è cresciuto con un modello simile.

Non sorprende, quindi, che molti genitori si sentano esausti, cercando di aderire a un ideale di perfezione emotiva. Alcuni influencer o genitori social, poi, contribuiscono a rendere tutto più confuso, suggerendo che dire "no" sia sempre sbagliato o che ogni crisi vada accolta con un abbraccio. Invece, avverte Pezalla, rimane fondamentale distinguere ciò che è utile da ciò che è solo "rumore di fondo". E pazienza se qualche volta si commetterà qualche errore: i genitori non sono supereroi e se è vero che gli sbagli aiutano i bambini a crescere, anche mamme e papà possono migliorare assumendosi le responsabilità dei propri inciampi. Basta chiedere scusa e ripartire.

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