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“Mia figlia è morta in un incidente in moto, ma vive dentro altri ragazzi”: la donazione degli organi raccontata da una mamma

La mamma di Noemi (nome di fantasia) mancata in una sera uggiosa di ottobre a causa di un incidente in moto con il suo fidanzato, ci ha raccontato chi era la sua bambina e come è stato vivere il dolore più forte e innaturale della sua vita. Dolore che ha trovato un senso, seppur non si è mai attutito, grazie alla donazione degli organi che ha salvato la vita a molti ragazzi.
A cura di Sophia Crotti
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La nostra redazione riceve lettere e testimonianze relative a storie che riguardano la maternità e l’essere genitori.  Se avete una storia da raccontarci, o leggendo queste parole pensate di avere vissuto una situazione simile, potete scriverci cliccando qui.

La mamma di Noemi (nome di fantasia) fatica a parlare di lei usando il tempo passato, perché la sente ancora vicina, consapevole che viva nelle persone che hanno ricevuto in dono i suoi organi. Quelle persone di cui conosce solo l’età e che ogni giorno, da quel tragico ottobre, spera di incontrare.

Noemi era una bambina allegra, solare, la cui nascita era riuscita anche a rendere la sua mamma e suo fratello, così chiusi per indole, molto più solari e aperti. Poi, come spesso accade in famiglia, sono iniziate le prime liti con i genitori, gli scontri per quei limiti che gli adolescenti trovano un po' ingiusti, ma il periodo è passato in fretta e quando a 14 anni la piccola di casa si è innamorata per la prima volta, ha raccontato tutto con occhi sognanti alla sua mamma.

Un gelato con il suo fidanzato, questo è stato l’ultimo sogno di Noemi, prima che in quella notte di un ottobre così anomalo nelle temperature da essere interrotto da fortissimi temporali, un incidente tra la moto guidata dal suo fidanzato, una bicicletta comparsa all’improvviso e l’asfalto scivoloso, la riducessero in fin di vita.

Noemi oggi vive nelle parole della sua mamma, che la sente sempre accanto, e i suoi organi hanno ridato la vita a bambini e ragazzi, per i quali nessuna cura, se non il trapianto, sarebbe stata necessaria. La sua mamma ha trovato la forza di raccontarci la loro storia e di ribadire, da veterana di Aido (Associazione italiana per la donazione di organi) per la quale ora è dirigente in Liguria e fa divulgazione, l'importanza vitale della donazione di organi per chi non c’è più e per chi resta. Il dolore per la perdita di un figlio è innaturale, arriva e non sei pronto, distrugge la tua famiglia, ti perseguita per tutta la vita. La donazione degli organi è stata però la consapevolezza che Noemi sia venuta su questa Terra per un motivo: dare la vita agli altri”.

Ci racconta come è stato scoprire di aspettare Noemi?

Meraviglioso, per noi è stata una sorpresa inaspettata a dire il vero, che ha portato una gioia indescrivibile. La gravidanza è andata benissimo, l’unica mia paura era che il fratello maggiore di Noemi, che allora aveva soli 6 anni e mezzo, fosse un po’ geloso delle attenzioni che avremmo dovuto dare alla sorellina.

Poi Noemi è nata il 27 aprile 1995, e ha portato la gioia, scacciando i brutti pensieri, con la sua vivacità ha reso sia me che il suo fratellino persone molto più gioiose e meno introverse. Mio figlio oggi che sono passati 15 anni e mezzo dall’incidente ancora soffre come fosse il giorno dopo l’incidente.

Che bambina era Noemi?

Noemi era sveglia, intelligente, vivace, sana e così attiva da essere quasi impegnativa. Non riusciva a stare mai ferma, e all’età di 4 anni l’abbiamo iscritta a danza, disciplina per la quale era portatissima. In un batter d’occhio a notare la sua bravura sono stati anche insegnanti e giudici, si è ritrovata a gareggiare alle nazionali, è stata campionessa italiana, ha fatto delle gare in Germania, d è anche anche arrivata a gareggiare per i mondiali in Austria. A 12 anni poi, come spesso accade quando si cresce, ha deciso a malincuore di lasciare la danza. Era anche molto brava a scuola e gli anni degli studi sono trascorsi rapidamente, finché non ha iniziato le superiori e durante quell’estate del 2009 ha conosciuto il suo primo fidanzatino.

Che rapporto avevate? 

Mia figlia era molto attaccata a me, anche se questa sua maturità spiccata e forte personalità l’avevano portata da piccola a cercare spesso lo scontro con me, cosa che generalmente capita in adolescenza. Proprio quando iniziavano le superiori avevamo ritrovato il nostro rapporto di sempre, quando lei aveva compiuto 14 anni, era tornata ad avvicinarsi a me e a confidarsi.

Le parlava del suo fidanzato?

Sìsì, aveva circa 14 anni quando si è fidanzata con questo ragazzino che ho avuto modo di conoscere. Era un amore giovane, andavano a fare un giretto insieme nel pomeriggio quando non avevano da studiare. Si sono conosciuti a luglio e la loro storia procedeva bene anche dopo l'estate.

Poi cosa è successo?

Una sera di ottobre Noemi mi chiede se può andare con il suo fidanzato a mangiare una pizza, e io le dico di sì. Poi scopre che a cena ci sono i compagni di classe del ragazzo che non conosce benissimo e mi chiede quindi di poter andare più tardi con lui a prendere un gelato. Pioveva forte, era tardi e io le ho detto di no, ma lei mi ha pregato di farla uscire. Allora ho ceduto e lui è venuto a prenderla con la moto, portandole il casco, perché lei non lo aveva, glielo avevo promesso insieme alla moto per il suo compleanno.

incidente in moto

Si sono avviati ma poi a 5 minuti da casa, mi ha raccontato il giorno dopo il ragazzo, un uomo vestito di nero e con una bicicletta nera è improvvisamente comparso nel buio davanti a lui, tagliandogli la strada . Allora per non invadere la carreggiata opposta a lui è venuto istintivo sterzare verso destra, ma l’asfalto dopo un giorno di pioggia non è drenante. Lui è caduto sotto la moto e ha fatto qualche metro lungo l’asfalto rompendosi il polso. Mia figlia invece è stata sbalzata fuori, e il guardrail, contro il quale ha sbattuto, è penetrato nel midollo allungato.

Poi cosa è successo?

Mi hanno chiamata i medici dell'Ospedale di Carrara, dove hanno trasportato Noemi d'urgenza, per spiegarmi l'accaduto. Ci siamo precipitati lì e ci  hanno detto che era un miracolo che fosse ancora in vita, aveva subito una lacerazione del midollo spinale, e quando accade, generalmente si muore sul colpo. Ha trascorso la notte nel reparto di rianimazione. La domenica mattina il medico ha fatto entrare me e mio marito nel suo studio, per dirci che neanche spostandola nella neurochirurgia di Pisa la situazione sarebbe stata complessa perché ad ogni sobbalzo dell’elicottero la sua situazione sarebbe potuta peggiorare. Ho capito subito che stava cercando di dirci che Noemi non ce l’avrebbe fatta.

In quel momento cosa ha provato?

Ho provato un dolore atroce e subito dopo mi è venuto spontaneo fare una richiesta al medico, io sono iscritta all’Aido, associazione italiana per la donazione di organi, dall’’89 e quindi ho detto al dottore: “Voi fate il possibile per salvarla ma se non c’è più nulla da fare preservate gli organi, per la donazione”.

E come ha reagito il medico davanti ad una richiesta così lucida?

Ha iniziato a piangere a dirotto, ringraziandomi e dicendomi che me lo avrebbe voluto chiedere lui stesso ma che in quel momento non aveva il coraggio. Era molto coinvolto emotivamente perché, mi ha spiegato poi, vedere mia figlia in quelle condizioni gli faceva pensare alla sua, anche lei 14enne.

Suo marito, come ha reagito davanti alla sua richiesta?

Mio marito non era d’accordo con l’idea della donazione degli organi di mia figlia, già era stato scontroso quando mi ero iscritta all’Aido. Ma lo capisco, alcune cose vanno comprese bene col tempo.

Allora siamo usciti sul balcone dell’ospedale e io gli ho detto “Sai, io sono così convinta di questa scelta perché so che Noemi continuerebbe a vivere, aiutando altri ragazzi”. A quel punto lui ha detto “sì”, e io, che sono molto credente, ho pensato ci fosse proprio lo zampino di Noemi in quel suo sì, che ci ha cambiato la vita.

Perché non voleva?

Bisogna conoscere profondamente la donazione per accettarla. Mio marito e come lui moltissime persone hanno paura che pur di prendere questi organi intatti non si faccia il possibile per salvare la persona che sta per morire. Alcune persone quando vado nelle scuole a sensibilizzare sul tema mi dicono “se do l’ok per la donazione poi mi uccidono pur di averli”. Un'altra paura è quella di vedere poi un corpo completamente deturpato.

Come è andato l'iter per la donazione degli organi?

Per prima cosa ci hanno dato dei fogli e fatto fare dei colloqui con degli psicologi per capire se fossimo davvero convinti di donare gli organi o se non ci fossimo fatti prendere dal momento. Abbiamo firmato il consenso e i medici hanno cercato dei pazienti che avessero bisogno di un trapianto in cui ci fosse la compatibilità di gruppo sanguigno con quello di mia figlia. Hanno poi fatto un primo encefalogramma a nostra figlia alle 9 del mattino, alle 15 il secondo, per confermare la morte cerebrale e da lì lei è entrata in sala operatoria la mattina dopo alle 14.30, i suoi organi sono andati avanti per ben 17 ore, perché solo alle 15 è iniziato il prelievo.

donazione di organi

Di quel momento ricordo il cuore che sobbalzava ad ogni elicottero, macchina della polizia o ambulanza che partiva, perché dentro di me c’era la consapevolezza che mia figlia stava per permettere a tante persone di sopravvivere. Poi hanno ricomposto il corpo, ce l’hanno fatta rivedere una volta vestita con una tutina bianca.

Come è stato rivederla?

Molto forte, ma il personale è stato davvero umano con noi. Poi ho chiesto che venisse truccata, perché a lei piaceva vedersi così, e le ho messo le sue scarpe nuove, che adorava.

La donazione da valore alla persona che è mancata?

Sì, certo il gesto non l’ho certo fatto io scegliendo, è stata lei a donare se stessa per salvare altre persone. Mia figlia ha salvato tanti bambini e ragazzi, di età compresa tra i 2 e i 22 anni, abbiamo saputo poi.

Ha cercato le persone che sono vive grazie agli organi di sua figlia?

Sì, in tutti i modi, mi sono anche iscritta a diversi gruppi per genitori di figli che hanno ricevuto o effettuato un trapianto di organi ma nulla. I medici ci hanno solo detto l’età delle persone che hanno ricevuto il trapianto e il luogo dove lo hanno ricevuto, ma sono dati troppo vaghi per arrivare a dare un volto alle persone vive grazie agli organi di mia figlia.

Perché ci terrebbe a incontrarli?

Io vorrei sapere come stanno e conoscerli, senza essere assillante. Mi piacerebbe anche dire loro che non si devono sentire in colpa, perché mia figlia sarebbe morta lo stesso, ma che grazie a loro, la morte di Noemi non è stata vana. 

La donazione, quindi, da un senso al dolore?

Sì, il dolore che ho provato quella notte non si è mai attutito, si presenta tutti i giorni, e mentirei dicendo il contrario. La donazione però mi ha aiutata ad accompagnare a quel dolore la speranza e la consapevolezza che Noemi abbia fatto del bene ad altre persone e che viva nelle vite degli altri, oltre che nella mia.

È arrabbiata per quanto accaduto a sua figlia? 

Io no, mio marito lo è stato tantissimo e quella rabbia, quel dolore ci hanno portato anche al divorzio. Io più che altro cercavo una risposta però, che gli psicologi non riuscivano a darmi, ho deciso quindi di parlare con un parroco, a cui ho chiesto semplicemente "perché?". E sono stata illuminata, quando ho capito che mia figlia non era davvero mia, mi era stata data per 14 anni rendendomi la persona che sono oggi.

donna alla finestra

Prima di lei ero chiusa, timida oggi lei mi da la forza anche di raccontare il dolore più grande che io abbia provato nella vita. So che qualcuno mi penserà pazza ascoltando la nostra storia, ma io sono tornata a vivere quando grazie a quel parroco ho realizzato che mia figlia era arrivata sulla terra per donare la vita agli altri. La morte di un figlio è innaturale, è un dolore che non si può sopportare, per il quale non si è pronti e bisogna trovare un nuovo motivo per rimanere in vita, io ho cercato di trovare il mio.

Vuole fare un appello per ribadire l'importanza della donazione?
Donare gli organi è fondamentale, permette di salvare vite, bimbi e adulti non potrebbero vivere altrimenti in molti casi, non serve pensare che il corpo venga in qualche modo deturpato, la persona rimane. Noemi è qui e vive nelle persone che ha salvato.

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