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“Mio figlio è vivo grazie al gesto d’amore di un donatore di organi”: il racconto di un papà

Tommaso (nome di fantasia) è un bambino a cui è stata diagnosticata a due mesi dalla nascita una patologia rara che poteva essere curata solo da un trapianto di organi. Il suo papà ci ha raccontato quei mesi durissimi e la vita dopo il trapianto, ricordando l’importanza della donazione degli organi, quel dono di estrema umanità che 6 anni fa ha salvato il suo bambino.
A cura di Sophia Crotti
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terapia intensiva

Era agosto 2018 quando è nato Tommaso, il terzogenito di Alessandro e Elisa (nomi di fantasia), ad aspettarlo a casa c’erano i suoi fratelli maggiori, che allora avevano 15 e 9 anni.

Nonostante ogni gravidanza sia a sé, quando arriva il terzo figlio, ci spiega papà Alessandro, si è già abbastanza rodati nel ruolo di genitori, e a pochi mesi dalla nascita del piccolo è stato semplice per la coppia accorgersi di un improvviso cambiamento del colore degli occhi e della pelle del bimbo. Quella che all’inizio sembrava una forma di ittero era invece una malattia epatica rara, l’atresia delle vie biliari, che colpisce un neonato ogni 18.000.

Per noi è stato come essere investiti da un camion, è un dolore che non si può spiegare quello di sapere che la vita di tuo figlio è appesa a un filo” ha raccontato a Fanpage.it Alessandro.

Il piccolo è stato trasferito all’Ospedale di Bergamo e la vita per la famiglia intera è cambiata completamente, la mamma ha lasciato il suo lavoro, la sua casa e gli altri figli per trasferirsi in Lombardia con il bimbo, il papà ha fatto la spola per mesi tra nord e sud d’Italia nell’attesa che si trovasse un donatore di organi compatibile con il bambino.

Oggi Tommaso ha 6 anni e sta bene, guardando la sua pancia si domanda il perché della sua cicatrice e a poco a poco i suoi genitori gli spiegano ciò che può comprendere. “Tommaso è vivo grazie al gesto di estrema umanità di un donatore, e se è vero che è terribile perdere chi amiamo, il dolore può assumere un significato diverso se pensiamo che la donazione può far vivere moltissime altre persone”.

Partiamo dall’inizio, come è stato scoprire di aspettare Tommaso? 

Una gioia immensa, Tommaso è il nostro terzo figlio, e non vedevamo l’ora di presentarlo ai suoi fratellini. Ricordo che io e mia moglie eravamo proprio felicissimi.

E poi cosa è successo?

A pochi mesi dalla nascita, Tommaso ha improvvisamente assunto un colorito giallo, anche le sclere degli occhi sono diventate di un colore paglierino e quindi ci siamo rivolti al pediatra, per indagare le motivazioni di quello che sembrava essere ittero e che uno dei suoi fratelli maggiori in passato aveva avuto. Quindi siamo andati dal pediatra abbastanza tranquilli, lui invece è sembrato da subito molto preoccupato e ci ha mandati alla pediatria dell’ospedale di Sassari per individuare l’origine di quel colorito giallognolo.

terapia intensiva

In ospedale Tommaso è stato subito ricoverato per fare delle analisi, dalle quali i valori del fegato sono risultati sballati in maniera preoccupante. La fortuna nella sfortuna è stata la rapidità della diagnosi, i pediatri hanno da subito sospettato fosse atresia delle vie biliari (AVB), una malattia rara che colpisce un neonato ogni 18.000.

Dopo la diagnosi come è andata?

Lì è iniziato un incubo, ci hanno subito detto che la malattia era molto grave, che avrebbe condotto al trapianto di fegato ma che eravamo in tempo per tentare l'intervento di Kasai a Brescia, un'operazione che, se il corpo reagisce bene, consente di tardare il momento del trapianto. Ci siamo trovati su un aereo per raggiungere Brescia, completamente sotto shock. A Brescia hanno confermato la diagnosi il bimbo, quindi Tommaso, ad appena 2 mesi è stato operato con l'intervento di Kasai. Il bimbo è restato un mesetto in ospedale, e poi è arrivata il secondo colpo, l'intervento non aveva funzionato, perchè la malattia aveva ormai colpito anche il fegato nel suo interno.

A questo punto è avvenuto subito il trapianto?

No, Tommaso è stato messo, dopo una serie di esami, immediatamente in lista per il trapianto, ma nel frattempo è stato dimesso, pur restando a Brescia insieme a mia moglie in una di quelle case che l'Ospedale mette a disposizione delle famiglie che vengono da lontano.

Lei è tornato a casa?

Sì, io invece facevo la spola tra la Sardegna e la Lombardia, per essere presente per gli altri due bambini, e cercare di far vivere loro una vita quanto più normale possibile.

Come avete vissuto quel periodo di attesa?

Sono stati mesi difficilissimi. Penso sia stato il periodo più complicato della nostra vita. L’attesa poi è fatta della consapevolezza che ogni giorno potrebbe essere quello buono per ricevere la chiamata dall’ospedale, oppure non esserlo affatto. Mentre i mesi passavano e il bimbo peggiorava abbiamo avuto davvero paura.

famiglia preoccupazione

In più la famiglia era divisa perché mia moglie era spesso sola con Tommaso e i due bambini a casa sentivano la mancanza della mamma. Siamo andati avanti così fino alla notte del 23 marzo, quando è arrivata la tanto agognata chiamata dal centro trapianti: avevano trovato un donatore compatibile con Tommaso.

Ci descrive quei momenti?

Quando mi ha chiamato mia moglie per darmi la notizia io ero a Sassari con gli altri miei figli, quindi è iniziata una corsa contro il tempo. Ho preso un aereo alle 6.00 e sono arrivato in ospedale appena prima che Tommaso entrasse in sala operatoria. È stato un momento di panico, perché per quanto fossimo preparati, non si mai davvero pronti.

E dopo il trapianto?

Il trapianto, come ci hanno spiegato più volte i medici, è un punto di partenza, non certo di arrivo. La fase immediatamente successiva al trapianto è stata davvero delicata per Tommaso, è stato in terapia intensiva e sottoposto ad un altro intervento pochi giorni dopo. Noi abbiamo vissuto alla giornata fidandoci del personale medico, con l'unica certezza che Tommaso fosse nel posto giusto, nelle mani di persone competenti.

bimbi

Poi, finalmente è andato tutto bene, Tommaso mangiava, prendeva peso e dopo un mese, il giorno di Pasqua, è stato dimesso.

Come è stata la vita dopo il trapianto?

Mille preoccupazioni. La vita cambia per sempre, bisogna sempre stare attentissimi alla salute del bambino che va tenuto in un ambiente protetto. Quindi abbiamo detto addio alla vita sociale per un bel po', e anche alla tranquillità.

Conoscete il donatore?

No, del donatore per legge non si può sapere niente. Noi, però, abbiamo comunque chiesto al medico chi fosse il donatore di nostro figlio e lui ci ha spiegato che però in generale è meglio non conoscere gli estremi della persona, perché innanzitutto la causa della morte di chi diventa donatore di organi spesso è tragica, in secondo luogo perché il trapianto potrebbe non andare bene e in ultimo non si sa mai come potrebbe reagire la famiglia della persona che è mancata per donare i suoi organi.

Noi sappiamo solo che il donatore era adulto e che hanno preso una parte del suo fegato per trapiantarla al posto di quello di Thomas. Mia moglie ha provato ad indagare un po’ sui social.

E perché avreste voluto conoscerlo?

Per ringraziare la sua famiglia. In noi c’è un sentimento di riconoscenza nei confronti di questa persona che durerà per tutta la vita. Hanno salvato la vita a nostro figlio, si può chiedere un regalo più grande?

Oggi Tommaso come sta?

Sta bene, compie 6 anni ad agosto. Periodicamente fa dei controlli all'Ospedale di Sassari e i risultati vengono condivisi con l’ospedale di Bergamo, che ci da indicazioni sulla terapia da seguire. Una volta all’anno andiamo proprio a Bergamo per fargli fare dei controlli approfonditi.

bambino

Sa cosa gli è successo?

Non è consapevolissimo di ciò che è successo, anche perché era ed è molto piccolo. Sa però di avere una grossa cicatrice sulla pancia, che gli altri bambini al mare non hanno e infatti ha iniziato a farci qualche domanda alla quale noi rispondiamo prontamente.

Vuole fare un appello sull'importanza della donazione degli organi?

Certo! Donare è importantissimo. Io e mia moglie cerchiamo nel nostro piccolo di sensibilizzare sulla donazione degli organi perché è l’unica possibilità che i bambini, e non solo, hanno per sopravvivere, altrimenti sarebbero destinati a morire. Ad oggi, grazie alla perfetta organizzazione dell’Ospedale di Bergamo, ci sono altissime probabilità che quel dono prezioso arrivi in tempo. Bisogna cercare di pensare che per una vita che viene meno ci sono tante vite che possono avere un futuro e tutto grazie ad un gesto di estrema umanità, lo stesso che ha salvato Tommaso 6 anni fa.

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