L’abilità che aiuta a migliorare l’apprendimento, ma che molti sottovalutano: cos’è la metacognizione

Quando si parla di potenziare l’apprendimento, molti genitori si concentrano su esercizi, libri, tutor e sul fornire ai figli tutti gli strumenti possibili per migliorare nello studio. Spesso però si sottovaluta un aspetto meno appariscente ma decisivo: la metacognizione. Il nome di questo concetto è un po' altisonante, ma in realtà si concretizza in molti aspetti della quotidianità. Per applicare (e potenziare) questo processo all'apprendimento di bambini e ragazzi, serve però un po' di applicazione e due ricercatrici australiane, Melissa Barnes e Kate Lafferty, lo hanno recentemente ricordato in un intervento sul sito The Conversation, sottolineando come "pensare al proprio pensiero" possa trasformare il modo in cui i ragazzi imparano.
Il potenziale nascosto della metacognizione
La metacognizione, spiegano le due studiose, indica la capacità di osservare e gestire i propri processi mentali: sapere come si apprende, quali strategie funzionano e quando cambiare approccio. Si tratta insomma di avere consapevolezza di come il nostro cervello afferra i concetti e impara cose nuove. Può sembrare un'abilità banale, ma invece risulta molto importante per capire in che modo migliorare il proprio apprendimento. Essa di compone di due elementi: la conoscenza metacognitiva – ossia la consapevolezza dei propri punti di forza, delle strategie utili e delle condizioni favorevoli all'apprendimento – e le abilità metacognitive, che sono le azioni concrete che ciascuno di noi mette in campo per pianificare, monitorare e valutare il proprio lavoro.
Per rendere tutto un po' più comprensibile, Barnes e Lafferty riportano un esempio concreto. Quando uno studente si prepara per un esame di matematica, prima del test deve decidere cosa ripassare e per quanto tempo (attività di pianificazione). Se però si accorge durante lo studio di non comprendere un esercizio, prova un'altra tecnica o torna a riguardare gli argomenti nei quali ci si sente più deboli (monitoraggio). Al termine della fase di studio, infine, valuta l'efficacia del metodo adottato. Questo ciclo, spiegano le esperte, rende l'apprendimento più intenzionale e meno casuale.
Perché vale la pena coltivarla
Diversi studi, tra i quali una ricerca pubblicata nel 2022 dalle stesse Barnes e Lafferty, hanno mostrato che insegnare esplicitamente agli alunni come la programmazione e la tendenza a tenere sotto controllo l'andamento del proprio apprendimento produca effettivi miglioramenti negli esiti scolastici. La metacognizione non è infatti un talento innato, ma un'abilità che va promossa, guidata (soprattutto nelle fasi iniziali o quando i in cui i ragazzi appaiono più fragili nell’autovalutazione) e ovviamente allenata. Nell'esperimento citato dalle ricercatrici, gli studenti che hanno ricevuto feedback sulla loro autovalutazione hanno dichiarato di aver riconosciuto punti di forza e aree da migliorare, pur chiedendo maggior supporto al docente per tradurre quelle informazioni in strategie pratiche.
Quattro leve pratiche per i genitori
Come già accennato, il processo metacognitivo di adottare un approccio critico nei confronti delle proprie modalità di studio non è qualcosa che viene naturale a tutti i bambini. Sin dagli anni delle scuole elementari, i genitori possono però favorire lo sviluppo metacognitivo. Non servono corsi intensivi o particolari tecniche mnemoniche, ma piccoli gesti quotidiani e ripetuti.
Pensare ad alta voce, per esempio, è un'abitudine molto utile da trasmettere ai bambini. Esplicitare i propri processi decisionali in presenza dei figli aiuta a modellare anche il loro modo di ragionare. Compiti come pianificare la spesa, organizzare la giornata o scegliere cosa preparare per cena diventano così dimostrazioni pratiche di come si struttura il pensiero. Anche normalizzare l'errore fa capire ai piccoli non solo che sbagliare è umano, ma anche che quando ci accorge di essere caduti in fallo è necessario capire le motivazioni dell'inciampo e cambiare strategia per fare meglio. Ci si è dimenticati un impegno? Per trasformare l'errore in una lezione si può sottolineare la cosa davanti ai ragazzi e proporre subito un'idea per far sì che la cosa non ricapiti più ("La prossima volta scriveremo un post-it da appendere sul frigorifero).
Sempre importante in questi casi è poi l'adozione di una routine che rafforzi l'indipendenza e le sicurezze dei ragazzi, Abitudini quotidiane com preparare lo zaino, programmare i compiti o controllare il materiale da portare il classe, diventano così esercizi di pianificazione e autogestione, utili anche per compiti più complessi. Le ricercatrici suggeriscono infine di trovare sempre qualche ritaglio nel corso della giornata per favorire la riflessione. Chiedere dopo la scuola cosa è stato appreso, cosa ha funzionato e cosa ha creato difficoltà sposta l'attenzione dal risultato al processo. Quando qualcosa non va, la domanda utile non è colpevolizzare, ma individuare cosa si può fare diversamente la prossima volta.