La violenza non educa: per uno studio sberle e sculacciate hanno solo effetti negativi sulla crescita dei bambini

Usare la violenza fisica per educare un bambino non è mai una buona idea. A ribadirlo è una nuova e vasta analisi condotta da un tema di studiosi statunitensi che conferma come le punizioni corporali – dallo schiaffo alla sculacciata – comportino solamente effetti negativi per la crescita dei più piccoli, compromettendone salute, sviluppo emotivo e perfino il rendimento scolastico. Una tesi che, se nei Paesi più ricchi era già sostenuta da numerosi studi, ora trova conferma anche in contesti sociali ed economici molto diversi.
Una pratica ancora diffusa, ma senza benefici
Nonostante l’appello dell’ONU del 2006 a vietare le punizioni fisiche su bambini e bambine, ad oggi solo 65 Paesi hanno introdotto divieti parziali o totali. La maggior parte di questi sono nazioni ad alto reddito, dove la ricerca ha da tempo dimostrato gli effetti negativi di questi metodi educativi. In molte altre aree del mondo, però, le punizioni corporali restano comuni e spesso socialmente accettate.
Proprio questa accettazione culturale ha fatto nascere l’ipotesi della "normatività culturale": secondo alcuni studiosi, dove la punizione fisica è la norma, potrebbe avere effetti meno gravi. Un’ipotesi che ora però viene fortemente ridimensionata dalla ricerca recentemente pubblicata su Nature Human Behaviour e coordinata da Jorge Cuartas, docente di psicologia applicata alla New York University. Il suo team ha analizzato 195 studi condotti tra il 2002 e il 2024, riguardanti 92 Paesi a basso e medio reddito. Un lavoro imponente, che ha preso in esame 19 variabili legate allo sviluppo del bambino, alle relazioni familiari, al benessere psicofisico, al comportamento e al rendimento scolastico.

Il verdetto è stato molto chiaro: in 16 delle 19 aree analizzate, le punizioni fisiche sono risultate associate a conseguenze negative e non è emerso nessun beneficio in termini di disciplina o atteggiamento nei confronti dell'autorità. "La coerenza e la forza di questi risultati suggeriscono che la punizione fisica è universalmente dannosa per bambini e adolescenti", ha dichiarato Cuartas.
Danni su più fronti: dalla salute mentale alla scuola
Tra gli effetti più evidenti figurano peggiori relazioni familiari (segno che la violenza non aiuta aad essere rispettati, ma anzi incrina il rapporto genitore-figlio), maggiori probabilità di essere vittima o autore di violenza (anche in età adulta), problemi fisici e psicologici più frequenti, uso di sostanze, scarso rendimento scolastico e difficoltà nello sviluppo del linguaggio e delle competenze sociali.
In più, i bambini e i ragazzi che subiscono punizioni fisiche tendono anche a sviluppare problemi comportamentali: da un lato disturbi interiorizzati, come ansia e depressione, dall’altro comportamenti esternalizzati, come aggressività e atteggiamenti dirompenti che, oltre a mettere in pericolo l'integrità psicofisica dei giovani, danneggia anche la possibilità di intrattenere relazioni di qualità con le altre persone. Come se non bastasse, l'educazione manesca è stata collegata anche a un sensibile peggioramento della qualità del sonno e dello sviluppo nella prima infanzia. Solo tre aspetti – abilità cognitive, capacità motorie e rischio di lavoro minorile – non mostrano correlazioni significative con la punizione fisica. Ma nemmeno in questi casi emergono effetti positivi.

Cambiare rotta: serve prevenzione e consapevolezza
Lo studio dimostra che il danno non conosce confini economici né culturali. La punizione fisica, anche se socialmente accettata, resta un’esperienza traumatica per il bambino. Proprio per questo, secondo gli autori, è urgente investire nella prevenzione e promuovere pratiche educative alternative per trasmettere un chiaro messaggio: educare senza punire significa costruire un rapporto di fiducia, aiutare i bambini a comprendere le regole attraverso il dialogo e il sostegno emotivo. È una strada che richiede impegno, ma che tutela davvero il benessere e lo sviluppo delle nuove generazioni. "Ricerca, formazione e politiche efficaci per proteggere i bambini da ogni forma di violenza" è la ricetta proposta da Cuartas, che oltre a rivolgersi agli educatori e alle singole famiglie, richiama alle proprie responsabilità anche le istituzioni, le quali dovrebbero agire al più presto per modernizzare le proprie normative e dare il proprio contributo decisivo per sradicare una mentalità arcaica che vede nella violenza fisica un'improbabile strumento d'apprendimento.