La lezione del ventiduenne per spiegare ai genitori come scrivere i messaggi: “Basta con i punti esclamativi”

La comunicazione online è probabilmente uno dei terreni in cui le differenze generazionali emergono con più evidenza. Le chat, con i loro codici veloci e in continua evoluzione, finiscono spesso per creare equivoci e incomprensioni tra figli e genitori. Un singolo simbolo può cambiare tono a un messaggio, un’emoji può essere interpretata in modi opposti e un silenzio può generare ansie inattese. Situazioni che, più che conflitti, producono spesso reazioni divertite e raccontano di mondi linguistici che faticano a incontrarsi. É il caso di Jason Saperstone, ventiduenne trasferitosi a New York per fare il pubblicitario che, stanco dei frequenti malintesi con i genitori, ha deciso di intervenire: sfruttando le sua abilità nell'elaborare presentazioni e mappe visuali, Jason ha infatti elaborato una vera e propria lezione in PowerPoint per spiegare ai genitori, Nancy e Pete, le regole di base del "galateo dei messaggi". "Loro scrivono sempre con le migliori intenzioni", ha raccontato al sito Today.com, "ma spesso non conoscono tutte le funzioni. La Gen Z ha creato un linguaggio tutto suo, comprensibile solo a chi ne fa parte".
Il video, pubblicato su Instagram, è diventato virale e ha conquistato persino l'attenzione dell'attrice Reese Witherspoon – nota per il film "La rivincita delle bionde" e vincitrice del Premio Oscar nel 2006 con "Quando l'amore brucia l'anima – Walk the Line" – che ha commentato: "Caspita, ho fatto tutto questo in modo sbagliato per un bel po' di tempo".
Il "problema" dell'enfasi immotivata
La prima lezione di Jason si è concentrata su un aspetto preciso: l'uso corretto dei punti esclamativi come reaction a un messaggio, una funzione che in certi sistemi di messaggistica viene chiamata "enfasi". Secondo il giovane, ci sono solo tre circostanze in cui va usato: quando si concorda con il contenuto, quando ci si trova nella stessa situazione oppure quando si vuole richiamare l'attenzione di chi non risponde. Per chiarire, Jason ha ricordato un episodio recente durante la quale aveva scritto alla madre che si trovava in un bar con Alex Cooper, la conduttrice di un popolare podcast americano. Nancy aveva reagito – anzi, "reactato" – con l'enfasi, ma per il figlio sarebbe bastato un semplice "pollice in su". La mamma, ridendo, si è difesa: "Ho usato quella reazione perché ero felice per te!".
Emoji e altri trabocchetti
La presentazione di Jason ha affrontato un tema condiviso da generazioni diverse: i più giovani si sono divertiti riconoscendo la goffaggine online dei genitori, mentre madri e padri meno abituati al linguaggio delle chat hanno empatizzato con gli inciampi e le difficoltà dei genitori del ragazzo. Molti di loro hanno infatti confessato di aver sempre interpretato l'enfasi come un modo o per esprimere sorpresa o entusiasmo. Qualcuno ha persino suggerito che i produttori dovrebbe fornire dei manuali d'uso al momento dell’acquisto degli smartphone. Altri, invece, hanno preso le difese di Nancy: "Nel linguaggio delle mamme significa WOW", ha scritto un’utente. Non tutti, però, hanno salutato con simpatia le alternative proposte. Per alcuni, il pollice in su appare addirittura peggiore: un segnale di indifferenza, quasi un invito a non disturbare con altri messaggi.
Se Jason deciderà di proseguire la sua "scuola di messaggistica", i temi non mancheranno. Uno dei più delicati riguarda gli emoji, che spesso generano fraintendimenti tra generazioni. "Il teschio, ad esempio, significa che stai ridendo così tanto da morire", ha spiegato. E poi ci sono le icone dal significato ambiguo o esplicitamente allusivo, come la famigerata melanzana, che i genitori usano con innocenza e i figli interpretano in tutt'altro modo.