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Immagini e video cruenti sui social: i consigli dell’esperta per parlarne con i figli senza turbarli

L’incontrollabile circolazione di immagini crude e violente come l’attentato all’attivista ultraconservatore Charlie Kirk o l’uccisione di Iryna Zarutska possono turbare profondamente i più giovani, i quali non sempre hanno l’età o gli strumenti per metabolizzare facilmente simili contenuti.Parlarne apertamente, riconoscere i segnali di disagio e offrire strumenti per elaborare le immagini sono dunque le strategie che gli esperti suggeriscono a madri e padri per gestire (e prevenire) un problema che può influire notevolmente sul benessere psicologico dei figli.
A cura di Niccolò De Rosa
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In queste ore i social network sono invasi dalle immagini cruente dell'attentato all'estremista ultraconservatore Charlie Kirk e dell'uccisione della rifugiata ucraina Iryna Zarutska, uccisa in metro da un folle. Si tratta di filmati scioccanti, spesso diffusi senza filtri e condivisi con la stessa leggerezza di un meme, che finiscono nei feed di milioni di utenti. Tra loro ci sono anche bambini e adolescenti, spesso spettatori inconsapevoli di scene di morte e violenza. La questione non riguarda però solo l'episodio del momento. Ogni volta che un evento tragico si trasforma in contenuto virale, i genitori si trovano davanti allo stesso dilemma: come proteggere i figli dall’impatto di quelle immagini? E, se ormai le hanno viste, come aiutarli ad affrontarle senza traumi?

Secondo Deborah Gilboa, medico e consulente familiare intervenuta su Today.com, la reazione dei figli dipende molto dall’età e dal carattere, perché alcune fasce d’età e profili possono restare più impressionati di altri. In un mondo dominato dai media, dove è impossibile proteggerli del tutto da immagini disturbanti fino all’età adulta, diventa quindi essenziale costruire fin dall’infanzia un rapporto di fiducia reciproca. Solo così, quando arriverà il momento di affrontare certi temi, sarà possibile parlarne con chiarezza e senza allarmismi.

La prima domanda da fare

Non sempre gli adulti sanno se i figli sono stati esposti a un video violento. Per questo, ha suggerito l’esperta, conviene cominciare con una domanda diretta e semplice: "Hai sentito parlare di questo evento o hai visto un video a riguardo?". Se la risposta è negativa, si può spiegare che esiste un filmato, che è duro e spaventoso, e che non vederlo è un bene. Se invece i ragazzi lo hanno già guardato, la conversazione deve spostarsi su ciò che hanno provato: "Che cosa hai pensato? Come ti ha fatto sentire?".

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I segnali da non ignorare

I bambini e gli adolescenti non elaborano le immagini nello stesso modo degli adulti. Di fronte a episodi come l'attentato a Kirk o l’omicidio di Zarutska, spesso non si identificano con le vittime e non pensano: "E se fosse successo a me?". Diverso, ad esempio, l’impatto delle notizie sulle stragi scolastiche, che toccano più da vicino il loro vissuto quotidiano. Ma questo non significa che i video non abbiano conseguenze. Difficoltà a dormire, sbalzi di comportamento, tristezza, ansia o mal di testa possono essere segnali che qualcosa non va. "È importante capire quale messaggio vogliamo che i nostri figli portino con sé da questi eventi",  ha spiegato Gilboa. "Può essere l’occasione per rafforzare valori familiari e principi importanti".

Quando il danno non è irreversibile

Anche se un adolescente ha già visto immagini forti, non tutto è perduto. "Ricorda che hai sempre una scelta su ciò che continui a guardare", è il consiglio da trasmettere. Un video può comparire all’improvviso su TikTok o Instagram, ma il ragazzo può scegliere di girare lo schermo, chiudere gli occhi o scorrere oltre. Lo stesso vale per i contenuti inviati dagli amici: la risposta più efficace è reagire con fermezza, spiegando chiaramente che non si vogliono vedere certe immagini così impattanti sulla mente. Certo, in queste dinamiche conta molto la capacità del singolo ragazzo di non cedere alle pressioni sociali e di ignorare il timore di essere additato come fifone o di finire escluso da determinate conversazioni. Ecco perché il lavoro pregresso dei genitori risulta tanto importante.

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Strategie per superare immagini intrusive

Quando si parla di minori e contenuti violenti, la psicologia offre diversi strumenti concreti per ridurre l’impatto delle immagini più coerenti. Una delle tecniche più semplici è la visualizzazione positiva: invece di cercare di "non pensare" a un contenuto, conviene sostituirlo con immagini serene, come cuccioli o paesaggi rilassanti. Anche la spiritualità, nelle forme più vicine a ciascuna famiglia, può aiutare a reinterpretare gli eventi con uno sguardo di speranza. Infine, anche l'arte può rivelarso un canale potente: dipingere, disegnare o modellare argilla aiuta a trasformare l’angoscia in creatività e alleggerire il peso emotivo.

L'importante  ha concluso Gilboa, è che il dialogo genitori-figli prosegua nel tempo, poiché le immagini traumatiche possono riaffiorare nella mente dei ragazzi in momenti inaspettati, anche giorni dopo. Tornare sull'argomento qualche giorno dopo può quindi essere un ottimo modo per valutare lo stato emotivo dei figli. Inserire nella conversazione frasi come "Hai ripensato a quello di cui abbiamo parlato? Vuoi aggiungere qualcosa?", crea infarri uno spazio sicuro, in cui i figli si sentono liberi di condividere le proprie paure senza il timore di essere giudicati.

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