“I genitori non dovrebbero mai fermarsi a guardare gli allenamenti dei figli”: l’ex campionessa spiega perché

Cosa significa davvero essere un buon genitore a bordo campo? La tentazione di accompagnare i figli in ogni momento della loro esperienza sportiva è forte: dall’iscrizione al corso fino alla presenza costante sugli spalti, durante allenamenti e partite. Ma non sempre questo atteggiamento è utile. Lo ricorda Abby Wambach, leggenda del calcio femminile statunitense, campionessa del mondo nel 2015 e due volte oro olimpico, che nel suo podcast Welcome to the Party ha affrontato il tema insieme all’ex compagna di nazionale Julie Foudy. Il punto centrale, ha spiegato la donna, è imparare a fare un passo indietro, anche quando l'istinto porterebbe a fare il contrario.
Ospite della puntata era la giornalista sportiva Rebecca Lowe, la quale ha sollevato il dubbio di molti genitori: "Dobbiamo davvero essere presenti a ogni pratica?". La risposta di Wambach è stata netta: "No. Questo è nella mia lista dei ‘non fare': non andare ad assistere agli allenamenti. È il loro momento". Secondo la campionessa, la presenza costante dei genitori rischia di infatti di condizionare eccessivamente bambini che, sentendosi osservati da mamma o papà, potrebbero essere spinti a cercare la loro approvazione anziché sperimentare con libertà. "L'allenamento – ha spiegato – serve a provare, rischiare, sbagliare, riprovare. Se un genitore osserva ogni mossa, il ragazzo penserà più a compiacerlo che a scoprire le proprie capacità".

Motivazione interna, non esterna
Il cuore del ragionamento di Wambach riguarda la motivazione. Quando i figli si abituano a ricevere conferme dall'esterno, diventa difficile coltivare una spinta autentica. Al contrario, sviluppare una motivazione interna, che li sproni a migliorarsi e a dare il massimo anche quando non c'è nessuno ad assistere, li aiuta a diventare autonomi e a costruire fiducia nelle proprie scelte. Un concetto che ha trovato ampio consenso anche tra il pubblico: "Sono un terapeuta e approvo al cento per cento questo messaggio", ha scritto un ascoltatore, mentre altri hanno raccontato di gestire la propria presenza in modo equilibrato, ad esempio allenandosi in palestra o correndo attorno al campo durante le sessioni dei figli.

Sidelines e tifo positivo
Nello stesso episodio, Wambach ha dettato alcune regole anche per il comportamento dei genitori a bordo campo. Secondo l'ex calciatrice, è ovviamente sacrosanto che i genitori vadano sugli spalti a tifare i propri figli (possibilmente senza eccessi o atteggiamenti aggressivi), tuttavia madri e padri dovrebbero limitarsi a incitare i piccoli atleti, senza fornire istruzioni o consigli tattici, come invece avviamene puntualmente in qualsiasi partita di calcio giovanile, dai Pulcini fino alle porte del professionismo.
Frasi semplici come "bravo" o "continua così" possono essere poco utili nella vita di tutti i giorno – dove gli esperti suggeriscono invece di utilizzare lodo più specifiche per alimentare l'autostima dei bimbi – ma mentre si trovano in campo rafforzano l'impegno e forniscono carburante emotivo per giocare al proprio meglio. I suggerimenti tattici, invece rischiano di sovrapporsi a quelli dell'allenatore. E dopo la partita, soprattutto se il mach si è concluso con una sconfitta, meglio evitare domande sul risultato e concentrarsi su altri aspetti: se hanno incoraggiato un compagno, se hanno dato una mano all'allenatore, se hanno mostrato spirito di squadra. Per riflettere sulla prestazione ci sarà tempo durante l'allenamento successivo. Ovviamente senza genitori nei paraggi.