I farmaci per l’emicrania in gravidanza aumentano il rischio di autismo nei bimbi? La risposta in uno studio

Una nuova ricerca porta buone notizie per le donne che soffrono di emicrania e assumono farmaci durante la gravidanza. Uno studio norvegese condotto su più di ventimila pazienti, non ha infatti riscontrato un aumento del rischio di disturbi neuroevolutivi nei bambini esposti in utero ai triptani, farmaci comunemente usati per trattare gli attacchi emicranici. Un risultato importante, soprattutto per chi assume questi medicinali senza sapere di essere incinta o per chi, affetta da forme croniche, si troverebbe altrimenti senza strumenti per affrontare mesi di dolori debilitanti.
Una condizione comune, anche in gravidanza
L’emicrania colpisce quasi una persona su cinque in età fertile, con sintomi che, seppur spesso migliorino con la gravidanza, in circa l’8% dei casi peggiorano. Questo può esporre a complicazioni sia la madre sia il feto, rendendo necessaria una terapia farmacologica anche in questa fase delicata della vita. Ma quanto è sicuro assumere triptani, i farmaci più utilizzati per combattere l’emicrania acuta, durante la gravidanza?

A rispondere è uno studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Neurology che si è basato sui registri sanitari dell’intera popolazione norvegese. I ricercatori hanno analizzato 26.210 gravidanze in donne con diagnosi di emicrania all’inizio della gestazione. Di queste, più dell’80 per cento aveva assunto triptani nell’anno precedente il concepimento. Le partecipanti sono state suddivise in quattro gruppi a seconda del livello e del momento di utilizzo dei triptani: da chi aveva smesso di assumerli prima della gravidanza a chi li aveva continuati anche nei primi mesi di gestazione. I figli sono stati poi seguiti per una media di otto anni, alcuni fino ai 14, per monitorare l’eventuale comparsa di disturbi neuroevolutivi come autismo, ADHD, disturbi del linguaggio o del comportamento.
Nessun aumento del rischio per i bambini esposti
Nel complesso, il 4,3 per cento dei bambini è stato diagnosticato con un disturbo neuroevolutivo. I più frequenti sono risultati l’ADHD e i disturbi del linguaggio. Tuttavia, non sono emerse differenze significative tra i figli delle donne che avevano assunto triptani durante la gravidanza e quelli di chi non ne aveva fatto uso. Per esempio, solo il 2,2 per cento dei bambini con la maggiore esposizione ai farmaci è stato diagnosticato con ADHD, contro il 2,1 per cento dei non esposti.

Anche considerando altri possibili fattori di rischio, come la predisposizione genetica o l’assunzione di altri farmaci (come oppioidi o antidepressivi), i risultati sono rimasti invariati. "Questi dati sono incoraggianti per chi convive con l’emicrania e offre ai medici strumenti più solidi per decidere come trattare gli attacchi durante la gravidanza", ha commentato Hedvig Nordeng, ricercatrice dell’Università di Oslo e prima autrice dello studio.
La stessa Nordeng ha però tenuto a sottolineare come la ricerca non abbia la possibilità di verificare se i farmaci siano stati effettivamente assunti: i dati si basano infatti sulle prescrizioni compilate, non sull’effettivo consumo. I risultati necessiteranno pertanto di ulteriori approfondimenti prima di diventare una certezza scientifica. Al netto di questo aspetto, lo studio rappresenta comunque uno dei contributi più ampi e aggiornati sul tema della sicurezza dei triptani in gravidanza. La ricerca ribadisce l’importanza di non trascurare il dolore emicranico durante la gestazione, offrendo rassicurazioni a chi deve affrontarlo con l’aiuto dei farmaci.