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I 7 segnali di rischio di violenza da parte del partner: “Attenzione a rabbia e desiderio di dominio”

La violenza tra partner resta una delle emergenze sociali più gravi del nostro tempo, ma non sempre è facile riconoscerne i segnali. Una recente analisi condotta da due ricercatori australiani ha evidenziato come alcune fragilità emotive, in particolare l’attaccamento insicuro sviluppato nell’infanzia, possano aumentare il rischio di comportamenti violenti. Comprendere queste radici psicologiche, spiegano gli esperti, è fondamentale per costruire interventi terapeutici più efficaci e interrompere il ciclo della violenza.
A cura di Niccolò De Rosa
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La violenza tra partner intimi è una delle emergenze sociali più diffuse e complesse del nostro tempo. Secondo l'ISTAT, in Italia il 50 per cento delle persone che chiamano il 1522 (il numero nazionale gratuito per l'assistenza e il sostegno alle vittime di violenza e stalking) indica l'altra metà della coppia – che nella quasi totalità dei casi è un uomo – come autore di abusi e comportamenti violenti. Un dato allarmante che spesso cela un interrogativo mai risolto: quali sono caratteristiche psicologiche o relazionali possono favorire l’emergere della violenza? A questa domanda hanno cercato di rispondere Iana Wong, ricercatrice di Psicologia all’Università di Sydney, e Tom Delson, docente alla University of New South Wales, che hanno recentemente pubblicato un articolo su The Conversation per analizzare i comportamenti e i fattori psicologici che possono segnalare un rischio maggiore di diventare violenti nei confronti del proprio partner.

L'attaccamento insicuro: una ferita che nasce nell'infanzia

Per comprendere le origini della violenza tra le mure domestiche, Wong e Delson hanno voluto chiarire cosa si intende esattamente per teoria dell'attaccamento, un concetto chiave in materia di psicologia evolutiva. Secondo il modello dell'attaccamento, infatti, il modo in cui i bimbi sperimentano la presenza – o, al contrario, l'assenza – di cura e protezione da parte dei genitori influenza profondamente la loro capacità di costruire relazioni affettive sane nel corso della crescita e durante l'età adulta. Chi ha avuto genitori disponibili e presenti sviluppa infatti un attaccamento "sicuro", impara che le persone care sono affidabili e che il mondo relazionale è il luogo in cui si può trovare conforto e confronto. Al contrario, chi ha sperimentato trascuratezza, distacco o rifiuto tende a sviluppare un attaccamento insicuro, che può manifestarsi in due forme principali: l'attaccamento ansioso, tipico di chi teme costantemente l’abbandono e ricerca conferme continue, e l'attaccamento evitante, più comune in chi tende a mantenere la distanza emotiva e a difendersi dall’intimità.

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L'attaccamento non è però un destino inevitabile, "ma un punto di partenza per comprendere come ci relazioniamo agli altri", spiegano i due ricercatori. Non tutti coloro che hanno un attaccamento insicuro diventano violenti, ma le ricerche mostrano che questa condizione può rappresentare un terreno fertile per lo sviluppo di comportamenti disfunzionali nella coppia.

Quando l'insicurezza diventa rischio

Per approfondire questo legame, Wong e Delson hanno analizzato 46 studi internazionali e australiani sul rapporto tra attaccamento insicuro e violenza di coppia. Dall'analisi è emerso un quadro complesso dal quale spiccano in particolare sette fattori di rischio che possono aumentare la probabilità che una persona con attaccamento insicuro diventi violenta nei confronti del partner:

  • Emozioni negative verso il partner, come gelosia, rabbia o diffidenza.
  • Difficoltà nella regolazione emotiva, ovvero la scarsa capacità di gestire le emozioni intense.
  • Stili comunicativi distruttivi, come il rifiuto del dialogo o il silenzio punitivo.
  • Tratti di personalità disfunzionali, come il narcisismo o l'egocentrismo.
  • Convinzioni errate sulle relazioni, come l’idea che l’altro debba "capire tutto da solo" o che l’amore implichi il controllo.
  • La soddisfazione relazionale.
  • Il desiderio di dominio.

Il bisogno di controllo e la frustrazione dell'insoddisfazione

Secondo quanto analizzato da Wong e Delson, chi ha un attaccamento ansioso tende più facilmente a sviluppare un desiderio di controllo sul partner, nel tentativo di scongiurare l'abbandono. È il caso di chi diventa ossessivamente geloso, controlla i movimenti e le amicizie del compagno, o reagisce con rabbia a qualunque segnale di distanza. Chi invece ha un attaccamento evitante vive spesso una cronica insoddisfazione nella relazione. Non tollera la vicinanza emotiva, si chiude, diventa freddo e distante. "L'insoddisfazione costante può trasformarsi in ostilità e aggressività passiva", scrivono i due esperti. In entrambi i casi, l’origine del comportamento violento risiede nella difficoltà di gestire la vulnerabilità affettiva: il bisogno di controllo o di distacco diventa una strategia per proteggersi da emozioni che la persona non riesce a elaborare.

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Capire per intervenire meglio

I risultati dell'analisi hanno anche offerto alcuni spunti per la prevenzione della violenza domestica. Gli interventi terapeutici attualmente in uso, spiegano gli autori, si concentrano spesso sui comportamenti esterni – come la rabbia o il bisogno di dominio – senza tener conto della struttura profonda dell'attaccamento. Questo approccio, secondo diverse valutazioni, si è dimostrato poco o solo moderatamente efficace nel ridurre il rischio di recidiva.

Una strada promettente potrebbe pertanto essere quella di integrare le terapie tradizionali con percorsi centrati sulla consapevolezza del proprio stile di attaccamento. Un esempio è dato dalla terapia focalizzata sulle emozioni (Emotionally Focused Therapy), che aiuta le coppie a riconoscere e gestire i bisogni affettivi non espressi. Tuttavia, come osservano Wong e Delson, questo metodo tende a concentrarsi più sulla regolazione emotiva che sui due fattori principali individuati dallo studio: insoddisfazione e desiderio di dominio. Secondo i ricercatori, una terapia più mirata dovrebbe aiutare le persone con attaccamento insicuro a comprendere da dove nascono questi bisogni e come le esperienze infantili di cura o abbandono influenzino il modo in cui vivono le relazioni da adulti.

Per contrastare la violenza di coppia non basta dunque punire i comportamenti violenti, ma occorre capire le dinamiche psicologiche che li generano. Wong e Delson sottolineano infatti l'importanza di ulteriori ricerche a lungo termine per confermare e approfondire i legami individuati: la conoscenza dei fattori di rischio legati all'attaccamento può diventare uno strumento prezioso per psicologi, operatori sociali e terapeuti, ma anche per i programmi di educazione affettiva nelle scuole. Prevenire la violenza significa educare al riconoscimento delle proprie fragilità emotive e alla costruzione di relazioni fondate sul rispetto e sulla fiducia reciproca. "Solo comprendendo i meccanismi profondi che portano una persona a ferire chi ama – concludono i due studiosi – potremo davvero sperare di interrompere il ciclo della violenza".

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