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Gaia, mamma a 15 anni di una bimba affetta da una malattia genetica rara: “A mia figlia dico di sentirsi speciale”

Gaia Begnis è diventata mamma di Vittoria a 15 anni, la sua bambina è nata affetta da una rara patologia che per tutta la vita la costringerà dentro e fuori dagli ospedali. Gaia oggi racconta la loro storia sui social per elaborare il dolore che portano dentro.
A cura di Sophia Crotti
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Gaia e sua figlia Vittoria
Credits: profilo ig di @gaia begnis

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Mentre i suoi compagni di classe a 15 anni pensavano a fare il patentino per guidare il motorino, o a fare i compiti per il giorno dopo, Gaia si è trovata improvvisamente a dover scegliere se tenere la bimba che stava crescendo dentro di lei o assecondare i suoi genitori, i medici, gli amici che le dicevano che era troppo piccola.

Non ha esitato neanche un secondo e con la caparbietà tipica della sua età, ha deciso che lei quella bimba l'avrebbe cresciuta, anche da sola. Superati i giudizi non richiesti e le difficoltà, sognava un parto naturale e la sua bimba accanto a sé in ospedale, invece la piccola non cresceva. Gaia è stata operata d'urgenza per far nascere la sua bambina, che dopo il parto è stata immediatamente portata in terapia intensiva neonatale.

Da lì a poco la scoperta, sua figlia Vittoria era affetta da una patologia rara, di cui Gaia non ci dice il nome, perché ha imparato che online si scatenano continuamente gare per decretare chi ha diritto di raccontare il proprio dolore e chi no, chi soffre davvero e chi no.

Da qualche anno racconta online la loro storia, ma a differenza di molte mamme, che ci hanno detto di raccontare il loro dolore per aiutare gli altri, lei lo fa per elaborare il suo: "Dopo una gravidanza del genere, speravo che il mio calvario fosse finito ed invece era solo all'inizio. Raccontare ciò che viviamo agli altri in lunghi post mi aiuta a elaborare il dolore, a trovare uno spazio per lui e a sopravvivere".

Tra le tante difficoltà, oggi vive con sua figlia, si giostra tra ospedali e visite specialistiche, ma non è più sola da un po'. Il suo compagno, che ha accolto lei e Vittoria, amandole per quello che sono le ha insegnato che in amore non esistono limiti o ostacoli.

"Il mio desiderio più grande è che Vittoria guardandosi indietro un giorno scopra tutto ciò che l'amore ci ha spinto a fare per la nostra famiglia, si senta sempre tanto amata e sia orgogliosa delle scelte che ho fatto per noi".

Come è stato scoprire a 15 anni di essere incinta?

Per descrivere come mi sono sentita allora, devo sicuramente utilizzare due emozioni principali, da un lato la paura di dirlo ai miei genitori che sicuramente si sarebbero arrabbiati con me. Dall'altra mi sentivo sotto shock, perché ovviamente la gravidanza non era programmata, sapevo anche io di essere molto piccola per una maternità.

Ti sei sentita appoggiata nella scelta di tenere la bambina?

Dal mio compagno di allora sì, perché anche secondo lui avremmo dovuto tenere la bimba, ma dalla mia famiglia per nulla. I miei genitori hanno fatto di tutto per convincermi che la soluzione migliore per me fosse l'aborto. Ad un certo punto, vedendomi molto determinata, hanno accettato la cosa. Poi quando è nata Vittoria, se ne sono tutti innamorati.

vittoria
Credits: profilo ig di Gaia Begnis

Come è andata la gravidanza?

La gravidanza è andata bene, anche se ad un certo punto è emerso che Vittoria stava crescendo nella mia pancia senza un rene, tuttavia il suo altro rene lavorava bene e quindi i medici non si sono troppo spaventati. Ad un certo punto però Vittoria ha smesso di crescere e io sono stata sottoposta ogni settimana a ecografie, monitoraggi e tracciati. Quindi a due settimane dal termine della gravidanza i medici hanno deciso di farla nascere con parto cesareo, per due motivi: fuori dalla mia pancia avrebbe avuto più possibilità di sopravvivere e, minuta com'era, non avrebbe potuto superare lo stress di un parto naturale.

Come hai vissuto il parto?

Male, ho sofferto molto la decisione dei medici di optare per il taglio cesareo. Ovviamente sapevo che era la scelta giusta per la salute delle mia bambina, ma è difficile quando sogni per tutta la gravidanza un parto naturale, quando immagini di vedere la tua bimba appena nata o di tenerla a fianco a te in stanza e invece la portano via di corsa in terapia intensiva neonatale. Vittoria è nata di mattina, mi hanno lasciata riposare tutto il giorno, per riprendermi dall'operazione, quando la sera ho chiesto di vederla le infermiere mi hanno detto che era troppo presto per me, per alzarmi dal letto. Io sono scoppiata a piangere e le ho obbligate a mettermi sulla carrozzina e a portarmi giù in terapia intensiva da lei, alle 22 passate.

Poi Vittoria è rimasta due mesi in terapia intensiva in un ospedale che era a 40 minuti da casa mia e che io potevo raggiungere, ogni giorno, solo in pullman.

gaia e vittoria

Come è stato vedere Vittoria in tin?

Durissima, perché lei era piccola, avvolta da tubi e cavi, e quando me la davano in braccio, per pochi minuti al giorno, ero terrorizzata all'idea di farle del male. Ricordo che era tanto piccola da sembrare finta e che il mio dito indice era lungo quanto il suo braccio. Quando siamo tornate a casa è stato bellissimo, anche se la paura di farle del male mi è rimasta un po'. Tuttavia, sentivo di essermi persa qualcosa che se il parto fosse andato come avevo sognato, non mi sarei persa.

Quando è arrivata la diagnosi e da quale malattia rara è affetta tua figlia?

La malattia di mia figlia preferisco non dirla, ma semplicemente perché se dicessi il nome della sua patologia online si scatenerebbe un'ondata d'odio da parte di chi magari ha figli in condizioni peggiori della mia e non voglio, perché so come mi sento io quando una mamma si lamenta della celiachia di suo figlio e penso "pagherei perché Vittoria fosse celiaca e non avesse la malattia che ha". Sui social è tutta una gara a chi sta peggio e io non voglio gareggiare. Per quanto riguarda la diagnosi, abbiamo dovuto aspettare un po' perché i sintomi di Vittoria sono stati a lungo incomprensibili per i medici, finché cercando online ho trovato il medico da cui oggi è in cura, che ha immediatamente inquadrato la sua situazione, dandoci una diagnosi.

Com'è convivere con la consapevolezza che il proprio figlio è malato?

La domanda che io mi faccio è "come si vive senza la consapevolezza che tua figlia è malata?". Perché per me la sua malattia, i ricoveri, le visite, sono la normalità, dal momento che è figlia unica e non ho altre esperienze di maternità con cui compararla. Ovviamente è una vita impegnativa, fatta di medici, farmaci e incastri, a volte abbiamo visite a 100 km da casa. Io per fortuna ho un lavoro flessibile e che posso fare da remoto, ma altrimenti mi sarei dovuta licenziare.

vittoria

Ti sei mai sentita giudicata da chi ti stava attorno per la tua gravidanza?

Continuamente, non dimenticherò mai le parole di una dottoressa ad una delle visite per la gravidanza che mi disse che avevo sbagliato, che sarebbe stato meglio se avessi abortito, che forse avevo preso un colpo in testa. Un'altra forma di giudizio sempre in ambito medico è stata che tutti i dottori si rivolgevano a mia madre parlando della mia gravidanza e non a me. Ora a scuola gli altri genitori mi escludono, ritenendomi troppo giovane, lo stesso accade con i miei coetanei. Avere una figlia a 15 anni significa che per le persone diventate genitori nel mio stesso periodo sarò sempre troppo piccola, mentre per i miei coetanei sarò sempre troppo grande.

Quindi ti sei sentita sola e incompresa?

Esatto, di continuo, perché oggi ho 24 anni ma la maggior parte dei miei coetanei non comprende le difficoltà di madre che vivo, mentre chi è genitore ma è più grande di me, sminuisce le mie preoccupazioni perché sono piccola.

Hai smesso di andare a scuola per la gravidanza?

Sì, mi sono fermata per 3 anni. Quando Vittoria ha iniziato ad andare alla scuola dell'infanzia ho ripreso ma con un corso serale, dal momento che di giorno i miei genitori lavoravano e solo io potevo portarla e andarla a riprendere da scuola.

Come racconti la malattia a Vittoria?

Io sono sempre stata molto sincera con lei, cercando sempre di usare parole misurate in base alla sua età. C'è un aneddoto divertente, quando Vittoria era molto piccola, le avevo insegnato che ognuno è speciale grazie a quelle caratteristiche che lo differenziano dagli altri. Nel suo caso si trattava della malattia, era proprio lei ad essere in grado di renderla speciale.

Lei era così contenta che è andata in giro a dire ai suoi compagni di classe che loro non erano speciali, a differenza sua. Penso che questa narrazione l'abbia aiutata a superare il giudizio degli altri, che inevitabilmente arriva quando hai una malattia che si vede a occhio nudo.

gaia e vittoria

Hai delle paure per il futuro della vostra famiglia?

Sì, talvolta ho paura di non riuscire a rendere mia figlia fiera di me. Vorrei che un giorno guardandosi indietro si sentisse sempre amata e comprendesse tutto quello che abbiamo sempre fatto per renderla felice, per cercare di darle il meglio.

Se potessi tornare indietro rifaresti tutto?

Rifarei tutto allo stesso modo, solo con un approccio diverso. Io non ho vissuto una bella gravidanza, perché non riuscivo a non curarmi dei giudizi. Vittoria nella mia pancia non cresceva e io mi sentivo in colpa, i miei genitori non facevano che dirmi che stavo sbagliando e io soffrivo, i medici mi consideravano sempre troppo piccola e io stavo male. Quindi rivivrei tutto ma con maggior serenità.

Come è stato poi incontrare il tuo compagno, e raccontare lui che nella tua vita c'era già una bambina, con una patologia?

Questa è stata una delle mie paure più grandi, a lungo. Temevo di non trovare più qualcuno in grado di amare me e mia figlia. Io ho incontrato il mio attuale ragazzo quando entrambi avevamo vent'anni, e se ci pensiamo, chi è che a vent'anni accetta nella sua vita la figlia di un'altra persona, invece di divertirsi il sabato sera con gli amici.

Io e Diego, però, prima di fidanzarci siamo stati a lungo amici e ho capito subito che lui e Vittoria avevano stretto un bel rapporto, tanto che è stata lei ad un certo punto a chiederci perché non ci fidanzassimo. È stata sempre lei, quando ci siamo trasferite in una nuova casa, a chiedere a Diego di fermarsi lì a vivere, nonostante quell'invito avrebbe voluto dire che io e lei non avremmo più potuto dormire nella stessa stanza.

Visto il loro rapporto così stretto, non è stato difficile raccontargli in maniera naturale la patologia di Vittoria. Lui mi ha fatta sentire compresa e mi sono sentita sciocca per aver pensato che sarebbe potuto scappare davanti a tutte le nostre difficoltà. Daniel mi ha insegnato che se due persone si amano non esistono ostacoli all'amore.

gaia e vittoria

Come mai hai deciso di raccontare la vostra storia sui social?

Quando alla nascita di Vittoria ho scoperto la sua patologia, ho vissuto uno dei dolori più forti della mia vita. Avevo già vissuto una gravidanza molto difficile, sognavo solo un lieto fine e invece il calvario era solo all'inizio. Ho sofferto di attacchi di panico, non mi davo pace. Quando dopo 5 anni ho iniziato a raccontare la vita che io e Vittoria stavamo vivendo, sono riuscita finalmente ad accettarla. Quindi diciamo che racconto la mia storia non tanto per fare del bene agli altri, quanto più per farlo a me. Quello che scrivo nelle didascalie dei miei post, mi permette di elaborare le situazioni che sto vivendo, riuscendo ad accettarle. Ovviamente poi sui social c'è chi mi sostiene e chi mi accusa di esibire il mio dolore.

Pensi che in futuro vorrai altri figli?

È una domanda a cui trovo molto difficile dare una risposta, da un lato risponderei di no, per paura di rivivere quello che ho vissuto, dall'altro risponderei di sì perché vorrei rivivere tutto ma in maniera diversa. Quando le paure non mi pervadono, sogno ancora di poter vivere una gravidanza serena.

E tu che mamma sei?

Sono una mamma molto amica di mia figlia, ben diversa da come sono stati i miei genitori con me. Loro sono molto anziani e non siamo mai riusciti a dialogare aprendoci davvero, io cerco di non essere così.  Anzi, penso che la mia apertura nei confronti di mia figlia oltre che dalla differenza d'età sia nata per compensare tutti i silenzi che c'erano tra me e i miei genitori.

Essere stata una mamma giovane nell'educazione di tua figlia ha anche dei lati negativi?

Sì, mi rendo conto che riesco ad immedesimarmi così tanto nella sua età, da essere spesso troppo permissiva, perché ricordo cosa desideravo alla sua età e magari non mi veniva dato e non riesco a non darglielo.

Com'è essere sdraiata vicino a Vittoria quando è in un letto di ospedale?

Molto difficile, perché è nella natura del genitore, volere che ogni cosa sia sotto controllo e che il proprio figlio viva una vita semplice e felice. Sapere di essere completamente impotente, perché la vita di mia figlio non è sempre felice, ma continuamente scossa da eventi che ne distruggono la quotidianità, è devastante.

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