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“Essere madre è stato più difficile che fare l’astronauta”: il racconto della prima donna a pilotare uno Shuttle

In una recente intervista, Eileen Collins, prima donna a pilotare (e poi comandare) uno Space Shuttle, ha ripercorso la sua carriera, ricordando i pregiudizi che l’hanno sempre accompagnata in quanto donna e madre. L’esperienza materna, ha ricordato Collins, non solo non l’ha ostacolata, ma l’ha arricchita: “Mi ha insegnato una delle capacità più importanti per un comandante: saper dire di no”.
A cura di Niccolò De Rosa
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Aveva solo nove anni quando, sfogliando una rivista sulle imprese degli astronauti del programma Gemini che aveva preparato il terreno per la conquista della Luna, Eileen Collins decise che sarebbe diventata un'astronauta. Era la seconda metà degli anni Sessanta, un'epoca in cui le donne non potevano nemmeno aspirare a partecipare ai programmi spaziali. Eppure, cresciuta in una modesta famiglia nello Stato di New York, quella bambina non si lasciò fermare dall'assenza di modelli. A raccontarlo è la stessa Collins, che in una recente intervista alla BBC ha ripercorso la sua carriera, segnata non solo dalle difficoltà legate alla complessità della professione, ma anche dai pregiudizi di genere e dalle responsabilità di essere madre.

Seguire la strada più difficile

Per arrivare ai comandi di una navetta spaziale, Eileen Collins sapeva di dover prima imparare a volare. L'unico modo era entrare nell'Aeronautica militare, un ambiente quasi interamente maschile. Si distinse subito per rigore e competenza, diventando pilota collaudatore e, nel 1990, una delle poche donne selezionate per il programma astronauti della NASA. Cinque anni dopo, nel 1995, Collins era la prima donna a pilotare uno Space Shuttle in occasione la missione Discovery STS-63. Sapeva che il mondo la stava osservando. "Non volevo che nessuno potesse dire: ‘Guardate, la donna ha sbagliato'. Non si trattava solo di me, ma di tutte quelle che sarebbero venute dopo", ha raccontato. Il successo di quella missione fu il preludio a un altro primato: nel 1999, Collins divenne infatti la prima donna a comandare uno Space Shuttle, la Columbia STS-93. In un settore dominato da uomini e segnato da una cultura ancora restia al cambiamento, la sua presenza al comando rappresentò una svolta simbolica e concreta.

Eileen Collins nel 1997, durante la missione Atlantis.
Eileen Collins nel 1997, durante la missione Atlantis.

Tra stelle e famiglia

A far strabuzzare gli occhi ai commentatori era anche il fatto Eileen Collins fosse pure madre di due figli piccoli, un aspetto che negli anni Novanta la stampa americana non mancava mai di sottolinear. L'esistenza di donna capace di coniugare maternità e carriera, soprattuto se il lavoro in questione prevedeva lunghi mesi di addestramento e "trasferte di lavoro" al di fuori dell'atmosfera terrestre, sembrava decisamente un'anomalia. Collins non ha però mai pensato che i due mondi fossero in conflitto: "Essere madre e comandante sono i due lavori più belli del mondo"– ha  raccontato – "Anche se, lo ammetto, fare il genitore è più difficile che comandare uno Shuttle".

Collins ha infatti spiegato di essere sempre riuscita a mantenere un equilibrio tra la dedizione alla famiglia e la responsabilità di una delle professioni più rischiose del pianeta. Anzi, l'avventura genitioriale sembra aver influito positivamente sulla sua leadership a bordo: "Essere genitore mi ha insegnato la cosa più utile per essere un comandante: sapere dire di no", ha confidato.

I successi e i momenti di paura

La carriera di Eileen Collins si è svolta tra grandi conquiste e profonde tragedie per la NASA, segnate dagli incidenti dello Challenger nel 1986 e della Columbia nel 2003, che costarono la vita a sette astronauti in ciascun disastro. Profondamente colpita, Collins non si fermò e pochi mesi dopo assunse il comando della missione successiva, convinta che il coraggio di un leader significasse non tirarsi indietro. Nel 2005, alla guida dello Shuttle Discovery, si trovò anche ad affrontare un pericolo simile a quello che causò il disastro della Columbia. Un frammento di schiuma isolante si era staccato durante il lancio, ma con freddezza e precisione, riuscì a eseguire un ribaltamento di 360 gradi sotto la Stazione Spaziale Internazionale, consentendo agli astronauti di fotografare e riparare eventuali danni, e riportando la navetta sulla Terra sana e salva.

Eileen Collins durante un discorso nel 2019
Eileen Collins durante un discorso nel 2019

Dopo quattro missioni e oltre 870 ore in orbita, nel 2006 Collins ha infine lasciato la NASA per permettere ad altri di seguire le sue orme, continuando a sostenere la ricerca spaziale e la presenza femminile nelle carriere scientifiche – ancora oggi scoraggiate fin dai primi anni di scuola da stereotipi e preconcetti – vedendo donne come Peggy Whitson, Christina Koch e Jessica Meir raccogliere la sua eredità.

Un modello per le nuove generazioni

Nell'intervista Collins ha dichiarato di non volersi definire un simbolo, ma sa di aver aperto una porta che per decenni era rimasta chiusa. "Il mio consiglio ai giovani è semplice: fate i compiti, ascoltate gli insegnanti, leggete. È così che si costruiscono i sogni", dice con tono pacato ma deciso. Oggi la sua storia tornerò a far parlare di sé grazie al documentario "Spacewoman", che ne ripercorre la vita e i momenti più significativi della carriera. Il film, presentato al Science Museum di Londra, restituisce l'immagine di una pioniera che ha saputo unire competenza tecnica, coraggio e umanità.

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