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È giusto vietare l’uso dello smartphone ai bambini? Il parere dell’educatrice

Un movimento di genitori britannici chiede lo stop all’uso degli smartphone per gli Under 14. Più che i divieti però appare importante imparare a gestire i device e riscoprire il piacere di stare insieme in famiglia.
Intervista alla Dott.ssa Paola Daniela Virgilio
Pedagogista e Vice Presidente ANPE
A cura di Niccolò De Rosa
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È giusto vietare l'uso dello smartphone ai bambini?
È giusto vietare l'uso dello smartphone ai bambini?

I genitori di oggi sono sempre più preoccupati dal rapporto morboso che i nativi digitali hanno sviluppato con i loro smartphone e nel Regno Unito è stato addirittura creato un movimento per incoraggiare madri e padri britannici a vietare l'accesso ai device portatili ai bambini almeno fino ai 14 anni.

Il progetto si chiama Smartphone Free Childhood e prima di assumere una risonanza nazionale si trattava di un semplice gruppo Whatsapp dove i partecipanti potevano condividere esperienze e scambiarsi consigli per limitare l'utilizzo degli strumenti online da parte dei loro figli.

Nel giro di pochi mesi però la "creatura" ideata a inizio febbraio da due mamme ed ex-compagne di scuola – Clare Fernyhough, Daisy Greenwell, con la collaborazione del marito di Daisy, Joe Ryriev– ha cominciato a macinare adesioni, arrivando a contare oltre 4.500 iscritti e trasformandosi rapidamente in un'organizzazione strutturata con tanto di gruppi locali e un manifesto programmatico.

"Il 97% dei dodicenni in Gran Bretagna possiede uno smartphone" si legge nella presentazione online del movimento, il quale non si esime dal citare alcune delle più recenti e autorevoli ricerche riguardanti il complicato binomio di giovani e social-media.

Il post pubblicato su Instagram il 3 febbraio 2024 da Daisy Greenwell per presentare il progetto. 

Secondo tali studi, l'utilizzo incontrollato degli smartphone da parte di ragazzi e ragazze comporterebbe una rilevante incidenza nello sviluppo di problemi di salute mentale, creando dipendenza e impattando negativamente sulle relazioni sociali.

Gestire un simile problema non sembra però una sfida facile anche perché, come fanno notare gli stessi promotori di Smartphone Free Childhood, impedire ai giovani di esplorare le vaste possibilità del mondo digitale rischierebbe di alienarli dal resto dei loro coetanei.

Da qui la volontà di avanzare la richiesta di vietare l'uso degli smartphone agli Under 14 che Fernyhough ha anticipato nel corso di un'intervista al The Guardian. In questo modo i genitori non si troverebbero più nella scomoda posizione di dover privare i propri figli di uno strumento utilizzato ogni giorno da tutti gli altri ragazzi.

Ma è davvero il divieto la soluzione migliore alla complessa conciliazione tra tecnologia ed esigenze educative? A risponderci è Paola Daniela Virgilio, Vice Presidente dell'Associazione Nazionale Pedagogisti.

"Le prime ricerche sul rapporto tra la quantità di utilizzo dello smartphone e il benessere, le performance scolastiche e altri indicatori importanti di funzionamento socio-fisiologico hanno dato in parte ragione ai timori dell’opinione pubblica" spiega la pedagogista.

"Ad esempio, è stato osservato che ad un uso intenso dello smartphone si associano una peggiore qualità del sonno, minori capacità di concentrazione, peggiori relazioni interpersonali e il divieto dell’uso di questo strumento a scuola sembra portare sperimentalmente a miglioramenti nelle performance, specialmente tra gli studenti con maggiori difficoltà".

Il divieto tout court potrebbe essere la soluzione al problema?

In realtà la letteratura pedagogica e quella sulla Media Education hanno messo maggiormente in luce le opportunità conoscitive e relazionali favorite dagli smartphone e dal loro uso da parte degli adolescenti. Più che sul pericolo dello strumento in sé, bisognerebbe soffermarsi sul modo in cui a livello personale, scolastico e familiare questi device sono gestiti.

Cosa possono fare dunque i genitori?

La domanda che più spesso ci si pone è: a che età devo consegnare uno smartphone a mio/a figlio/a? Solitamente gli esperti – soprattutto medici, psicologi, pedagogisti, ma anche scienziati sociali nel campo della comunicazione – non sono propensi a dare una risposta netta a questo tipo di domande. Tuttavia rimane una domanda che non è del tutto eludibile spostando il focus sulle modalità del suo utilizzo.

E quale sarebbe questa soglia?

Non si devono dare cellulari ai bambini. Per gli adolescenti è importante attendere un utilizzo consapevole del cellulare, ognuno ha  tempi di maturità diversi. Intorno ai 16 anni, con moderazione, regole e, soprattutto, con il controllo dell’adulto!

Perché è così importante fare attenzione a ciò che i ragazzi trovano online?

La presenza costante, la multifunzionalità dello strumento e il potenziale accesso alle informazioni non filtrate del web rendono la sua disponibilità un fattore discriminante, al netto delle diverse modalità di utilizzo. Gli adolescenti entrano in contatto con contenuti non semplici da comprendere.

Quali alternative "offline" può offrire una madre o un padre al proprio bambino?

Il gioco è un momento di esperienza, di creatività e, soprattutto, è spontaneo. I bambini giocano anche con un palla o con due coperchi e una paletta. Troppo spesso i genitori delegano ad un tablet o al cellulare un "ruolo".  È assurdo comprare un cellulare ad un bimbo di 6 anni. Viviamo però in un tempo in cui non è facile affrontare le solitudini, i fenomeni di "adultità", l'immaturità genitoriale.

Come si supera questo stallo?

Urge un supporto alla genitorialità. Non basta limitare, con una legge: sarebbe opportuno che le famiglie tornassero a dare e darsi regole, che tornassero a dare un esempio. Se ci guardiamo intorno  le famiglie vivono la quotidianità distratti dal cellulare. In treno, in auto, in giro al parco. Ci siamo persi "l'incontro", il raccontarci anche in casa. E ciò rappresenta sempre un'occasione persa sia per noi adulti che per i nostri figli.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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