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Cos’è la genitorialità 70/30 e perché può essere la chiave per crescere i figli con meno stress

Invece di spronare madri e padri a inseguire costantemente la perfezione, l’approccio 70/30 suggerisce di imparare a darsi pena solo per le cose veramente importanti, lasciando si figli (e ai genitori stessi) la possibilità di sbagliare, sperimentare e imparare dai propri errori.
A cura di Niccolò De Rosa
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Sui social se ne parla sempre più spesso e molti esperti la promuovono come una boccata d'aria per le famiglie. Non si tratta di una nuova tecnica educativa né di un nuovo manuale da seguire per diventare madri e padri perfetti. Anzi, si tratta dell'esatto opposto. La genitorialità 70/30 invita infatti a ridimensionare l'idea irrealistica di genitore perfetto, mettendo al centro della proposta un un concetto tanto intuitivo quanto liberatorio: si può essere ottimi genitori anche senza riuscire a fare tutto, sempre, in modo impeccabile. Secondo questo approccio, basta dunque puntare a "fare bene" il 70% del tempo, concedendo al restante 30% la possibilità di sbagliare, semplificare, chiedere aiuto o, più semplicemente, lasciar correre.

I principi: normalizzare l’imperfezione

In un mondo che insegue la performance e trasforma ogni piccola imperfezione in motivo di colpa, la genitorialità 70/30 propone un approccio più disteso e flessibile, riconoscendo che la perfezione non è soltanto irraggiungibile, ma spesso anche controproducente. Se i bambini vedono un genitore che non sbaglia mai, difficilmente impareranno come gestire piccoli errori, frustrazioni o momenti di disordine emotivo. In una citazione ripresa dalla BBC, l'autrice e esperta di educazione Sarah Ockwell-Smith ha riassunto così la situazione: "Nessuno è perfetto… e non è affatto necessario esserlo".

La stessa ricerca sull'attaccamento, ossia quel legame affettivo che si viene a creare tra i bambini e coloro che se ne prendono cura, sembra infatti confermare che per costruire una relazione sicura basta che un genitore riesca a "leggere" correttamente i bisogni del bambino circa il 30% delle volte. Il resto è fatto di tentativi, incomprensioni fisiologiche e azioni per rimediare agli errori commessi. Tutte esperienze fondamentali per lo sviluppo emotivo dei bimbi e che rendono meno sfiancanti gli sforzi educativi di mamme e papà

Il 70% per lasciare spazio alla crescita

Applicata alla vita quotidiana, la regola invita a identificare tutte quelle situazioni in cui è possibile lasciare ai figli una piccola quota di autonomia. Si parla spesso di “sotto-aiuto calcolato”: non una forma di distacco, ma la scelta consapevole di non intervenire subito.  Il senso è ridurre quel meccanismo di iperprotezione che, se portato all'estremo, rischia di limitare la capacità dei bambini di affrontare i tanti, piccoli, problemi della quotidianità, come un esercizio difficile, un litigio, una dimenticanza, un piccolo pasticcio.

Questi "incidenti" sono il terreno dove si sviluppa la resilienza e avere un genitore elicottero o spazzaneve che interviene sempre a levare le castagne del fuoco può impedire ai figli di sviluppare i giusti "anticorpi" per affrontare le sfide del mondo adulto. Una domanda utile per orientarsi può quindi essere: "Se non intervenissi, qual sarebbe il passo che mio figlio compirebbe da solo?", Quasi sempre, proprio quel passetto rappresenta un ulteriore step verso la crescita.

Quando i genitori devono esserci davvero

Il metodo non è una scusa per lasciare soli i bambini, né un invito a ignorare difficoltà importanti. Il 30% rimane infatti lo spazio in cui il genitore interviene pienamente: situazioni che riguardano sicurezza, salute psicologica, bullismo, fallimenti troppo pesanti da gestire in autonomia. Rientra in questa percentuale anche l'aiuto offerto in quei momenti durante i quali cui i figli sono già sotto forte pressione: durante gli esami, dopo una delusione significativa o in giornate particolarmente faticose. Il metodo funziona solo se il clima emotivo resta sicuro.

Anche mostrare le proprie emozioni in modo autentico (a patto che non siano sfoghi incontrollabili), senza affannarsi per nasconderle, diventa un modo efficace per crescere figli emotivamente consapevoli. È così che imparano che rabbia, tristezza o stanchezza non sono sentimenti da temere, ma esperienze da accogliere ed elaborare.

Perché riduce lo stress (e migliora il clima familiare)

La genitorialità 70/30 è apprezzata perché sgonfia una delle fonti principali di stress moderno: la convinzione di dover sempre prevenire ogni problema, controllare ogni dettaglio e correggere ogni difficoltà. Allentare questa tensione permette ai genitori di recuperare energie e presenza mentale, diventando più disponibili e meno reattivi. Paradossalmente, riducendo il bisogno di "fare tutto", si migliora proprio ciò che conta davvero, ossia la qualità della relazione con i figli. È un po' come quando si prepara un grosso esame in una materia particolarmente ostica: non serve consumarsi sui libri per ricordarsi ogni virgola, l'importante è concentrarsi sulle cose veramente significative per raggiungere l'obiettivo finale.

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