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Cos’è il movimento del “parto libero” e perché si sta parlando dei suoi punti oscuri

Diffuso online come soluzione per garantire un parto più “naturale”, quello del freebirth è un movimento in espansione ma che rischia di mettere in pericolo sia la salute delle madri che dei neonati. Media e ricercatori indagano da tempo sulla questione, mentre realtà come la Free Birth Society continuano a promuovere (e lucrare) sulle nascite prive di assistenza medica.
A cura di Niccolò De Rosa
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Da qualche anno, sui social circola una teoria che promette alle donne di  "riprendersi" la nascita. Si tratta del freebirth, il "parto libero" che avviene senza l'assistenza di alcuna figura medica. Le madri che optano per questa soluzione si circondano solamente di familiari o figure selezionate che le accompagnano in un travaglio ritenuto "più naturale" e privo dei rischi relativi alla violenza ostetrica. Un fenomeno di nicchia, ma che nonostante le perplessità di buona parte della comunità scientifica appare in rapida espansione, soprattutto grazie alla Free Birth Society (FBS), la comunità più influente nel settore, che promuove la pratica del parto senza medici e ostetrici e contribuisce a fare rete tra i suoi membri.

Proprio a questa realtà il quotidiano britannico The Guardian ha appena dedicato un'inchiesta approfondita, accendendo i riflettori sugli aspetti più controversi e raccontando le storie di donne che si erano affidate al movimento, che però si sono profondamente pentite. Tra loro, quella di Gabrielle Lopez, madre del piccolo Esau, nato con il cordone ombelicale attorno al collo e che a causa di un tempestivo intervento nelle fasi finali del parto ha riportato danni cerebrali permanenti. Per diciassette minuti, mentre il neonato lottava senza ossigeno, nella stanza si ripeteva il mantra insegnato dalla FBS: "la nascita è sicura, fidati del percorso".

Cos'è il parto libero

Il freebirth non è un semplice parto in casa. Significa dare alla luce un bambino senza ostetriche, medici, né protocolli di sicurezza. Le madri che compiono questa scelta si circondano solo dell'affetto dei familiari o dell'ausilio di figure non sanitarie che hanno a loro volta abbracciato questa filosofia. Come dimostrato da uno studio che nel 2023 ha indagato le motivazioni di chi si affida a simili pratiche, le radici del movimento affondano nelle tante esperienze traumatiche vissute da alcune donne in sala parto e nella crescente sfiducia verso la medicina che in questi ultimi anni ha alimentato diverse correnti complottistiche e anti-sistema.

Immagine di repertorio
Immagine di repertorio

A rafforzare il tutto c'è però un linguaggio spirituale e seducente di iniziative come la Free Birth Society che promettono un parto "autentico", "indisturbato", perfino "orgasmico". "Il tuo corpo sa" è lo slogan ripetuto dalle fondatrici della società, l'americana Emilee Saldaya e l’australiana Yolande Norris-Clark, le due guru che, togliendo il dolore dalla narrazione del parto, dal 2003 sono riuscite a costruire un piccolo impero: un podcast con milioni di ascolti, corsi da centinaia di dollari, festival immersi nella natura e community online chiuse che richiedono abbonamenti annuali.

Per i membri di questa società, la medicina è parte di un sistema che sabota la fisiologia del parto con interventi inutili. Le ecografie vengono definite "pericolose", le complicazioni ostetriche riassorbite sotto la formula "variazioni della normalità", la gravidanza senza controlli — la cosiddetta wild pregnancy, "gravidanza selvaggia"—presentata come la scelta più libera possibile. Il fenomeno cavalcato da Saldaya e Norris-Clark non è però solo una visione filosofica, ma una vera e propria impresa con un indotto economico non indifferente. L'analisi dei libri contabili riportata dal Guardian parla infatti di un'azienda che dal 2018 è stata capace di fatturare oltre 13 milioni di dollari.

La struttura della Free Birth Society

La FBS si descrive come una piattaforma educativa. In realtà, molti ex membri intercettati dal Guardian e da una precedente inchiesta della ABC australiana, la raccontano come un'organizzazione rigida, con dinamiche tipiche di una setta. Serendipiti Day, una delle figure interne di più alto grado, l’ha definita "una setta della morte", spiegando che il messaggio implicito era che una donna dovrebbe essere pronta a morire, o a vedere morire il proprio bambino, pur di non ricorrere alle cure mediche d’urgenza.

donna partorisce
Molte donne si affidano al freebirth a casua di precedenti esperienze traumatiche in sala parto

Al centro di tutto c'è proprio la figura di Emilee Saldaya, presenza magnetica e leader riconosciuta del movimento. Il suo profilo Instagram è seguito da appena 133.000 follower, ma la sua influenza su chi viene attratto da questa visione alternativa della nascita è molto forte. Attorno Saldaya gravitano infatti le cosiddette "radical birth keepers", discepole formate attraverso corsi online che costano migliaia di dollari e che molte clienti, ignare, scambiano per vere ostetriche. Una visione distorta che può rivelarsi fatale, poiché queste "custodi" non possiedono competenze cliniche né strumenti di emergenza, e vengono istruite a evitare ogni forma di responsabilità legale.

Le tragedie annunciate

L’inchiesta del Guardian e le testimonianze di ex membri hanno fatto emergere un elenco crescente di tragedie che potevano essere evitate: neonati morti dopo ore di travaglio senza assistenza, donne lasciate sanguinare senza che nessuno chiamasse aiuto, famiglie convinte che anche un neonato che respira affannosamente sia "normale". In più casi, la comunità online della FBS sembra aver scoraggiato le madri dal rivolgersi al pronto soccorso, interpretando segnali di emergenza come semplici tappe di un "processo sacro".

Perché il freebirth è ritenuto pericoloso

Gli ostetrici lo ripetono da anni: la maggior parte dei parti procede senza grandi problemi, ma gli imprevisti possono manifestarsi all’improvviso. Alcuni, come l'emorragia post-partum o la distocia di spalla, richiedono interventi entro pochi minuti. Nel caso del piccolo Esau Lopez, un'ostetrica avrebbe riconosciuto immediatamente la situazione d’emergenza. In assenza di personale formato, ogni minuto perso può trasformarsi in un danno irreversibile.

Gemma McKenzie, ricercatrice del King's College di Londra che si occupa da anni di questo mondo, in un articolo pubblicato nel 2024 sul sito The Conversation  ha spiegato come il movimento freebirth nasca soprattutto spesso da un clima di sfiducia profonda verso i servizi sanitari. Chi si affida a simili movimenti, però, non solo finisce per trovarsi senza un aiuto competente in caso di emergenza, ma intrappola le persone in un clima di segretezza e ostilità nei confronti dell'esterno che alimenta incomprensioni e impedisce un confronto aperto. "Questo tipo di comportamento danneggia le donne e compromette i rapporti tra loro e chi si prende cura di loro. Viola i loro diritti umani ed è un'esperienza spaventosa", ha affermato McKenzie.

Inoltre,  la narrazione della FBS, secondo la quale il corpo di una donna "non produce mai un bambino che non può partorire", non trova alcuna conferma scientifica. È un messaggio seducente, soprattutto per chi porta dentro di sé ferite di precedenti esperienze traumatiche, ma può diventare letale.

La necessità di un confronto onesto

La diffusione del freebirth segnala comunque un malessere reale. I casi di violenza ostetrica spesso vengono prese sottogamba dalle autorità che dovrebbero vigilare e molte donne non si sentono rispettate durante il parto, né ascoltate nelle loro scelte. Per arginare movimenti pericolosi, serve una riflessione seria sul modo in cui i sistemi sanitari accolgono le donne e le accompagnano nella nascita. Ma ignorare i rischi del parto senza assistenza è impossibile. Come ha detto una delle madri coinvolte, quando si aderisce a questo "culto" si pensa in realtà di unirsi a un grande movimento di ribellione ai dettami di un sistema malato. Ed è proprio in quella promessa di libertà assoluta che, troppo spesso, il prezzo pagato è la vita dei più fragili.

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