Cos’è il congelamento emotivo e perché può c’entrare con il caso del bimbo ritrovato dopo 36 ore a Ventimiglia

Dopo il ritrovamento di Allen, il bambino scomparso venerdì 11 luglio a Ventimiglia e ritrovato dai soccorritori la domenica successiva, gli investigatori stanno cercando di chiarire non solo le dinamiche dell'accaduto – l'ultimo testimone che aveva interagito con il bimbo è ora indagato per omissione di soccorso – ma anche come un bimbo di 5 anni con un disturbo dello spettro autistico sia riuscito a resistere per oltre 36 ore senza cibo né acqua, nascondendosi nella boscaglia che circonda il camping di Latte di Ventimiglia, dove Allen si trovava insieme ai genitori e alla sorella.
Come riporta il Corriere della Sera, Roberto Ravera, direttore della Struttura Complessa di Psicologia dell’Asl1 Liguria e consulente nelle ricerche, ipotizza che Allen possa aver sperimentato una forma di "congelamento emotivo", una reazione piuttosto frequente nei bambini con autismo, che permette loro di isolarsi e proteggersi dal caos esterno. Ma di cosa si tratta esattamente? A Fanpage.it lo ha spiegato Giuseppe Salzillo, psicologo e psicoterapeuta.
Cosa si intende per congelamento emotivo?
Si tratta di un termine che descrive la reazione di blocco emotivo e sensoriale che può manifestarsi in bambini nello spettro autistico di fronte a uno stress estremo. È un meccanismo di difesa che porta il bambino a ritirarsi, a non comunicare né chiedere aiuto. Un po' il contrario del meltdown, la crisi esplosiva che porta i bambini a urlare, disperarsi e adottare comportamente dirompentr. Qui invece c’è silenzio, chiusura, immobilità. Non è un capriccio. ma una strategia per ridurre l’angoscia, evitando stimoli insopportabili.
Per questo un bambino come Allen potrebbe essersi allontanato?
Talvolta, quando bambino con autismo sperimenta questa specie di blocco, cerca luoghi protetti, silenziosi, dove isolarsi. Anche sotto la coperta, in casa, o in un anfratto nel bosco. L’ipotesi del Dottor Ravera è dunque plausibile: Allen potrebbe essersi nascosto proprio per proteggersi dal sovraccarico sensoriale, evitando rumori e presenze.
Questa strategia di difesa potrebbe aver aiutato il bambino a resistere per decine di ore senza nutrimento?
Questo lo stabiliranno le indagini. In base alle informazioni che sono trapelate il congelamento emotivo non spiega tutto. Come ha fatto il bambino a resistere 36 ore senza acqua o cibo? Allen presentava segni di disidratazione, ma non letali: ha forse trovato un rivolo d’acqua o umidità sulle foglie? Certo, la fame e la sete sono in una certa misura anche influenzate da una componente emotiva, dunque è possibile che il "congelamento" abbia anche ridotto le sensazioni relative ad alcuni bisogni fisiologici. Per ora ora possiamo solo porci delle domande. Staremo a vedere cosa appureranno gli investigatori.