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Cos’è il burnout genitoriale e perché ci si sente più soli e vulnerabili dopo aver avuto un figlio: lo studio

Il Wexner Medical Center dell’Università Statale dell’Ohio ha condotto un sondaggio nazionale sui genitori, è emerso che i sentimenti condivisi sono vulnerabilità e solitudine. Per questo servono incontri di condivisione e supporti alla genitorialità.
A cura di Sophia Crotti
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genitori in burnout

I genitori si sentono terribilmente soli. A rivelarlo è un nuovo sondaggio nazionale effettuato dal Wexner Medical Center dell’Università Statale dell’Ohio, che ha domandato alle famiglie come si sentissero.

Ne sono uscite percentuali altissime di solitudine che mamme e papà iniziano a provare dopo aver messo al mondo il loro bambino. 4 genitori su 5 (il 79% degli intervistati) ha anche ammesso di non riuscire in alcun modo a dialogare con altri genitori, con i quali invece vorrebbe condividere il proprio stato d'animo.

I risultati del sondaggio sui genitori

Dallo studio effettuato dall'Università dell'Ohio è emerso che 2 genitori su 3 (il 66% degli intervistati) hanno riferito di sentirsi soli e isolati dagli amici, da quando hanno avuto dei figli. Il 62% di loro ammette di manifestare i sintomi del burnout, ossia, come spiega l’NHS, stanchezza fisica, esaurimento emotivo e mentale, a causa delle responsabilità della genitorialità, per le quali non si sentono all’altezza.

solitudine genitoriale

I genitori intervistati concordano anche, quasi all’unanimità, sul fatto che vorrebbero poter condividere le loro preoccupazioni e il loro stato d’animo con altri genitori, al di fuori del partner, dei parenti e dei colleghi di lavoro. A proposito di questo, 2 genitori su 5 sentono di non poter accedere a nessuna forma di sostegno alla genitorialità.

Il difficile equilibrio tra smart working e solitudine genitoriale

L’Università dell’Ohio ha condiviso anche qualche risposta al questionario condotto tra i genitori, riscontrando tra le principali cause della solitudine, che neo mamme e neo papà vivono, il lavoro, anche se in modalità telematica.

Anne Helms, mamma di due bambini piccoli, ha deciso di condividere le sue risposte al questionario sottoposto dall’università:  “Io lavoro in smart working e sto molte ore su Zoom con i miei colleghi. Non lavorare in presenza, però, non mi permette di fare quelle chiacchiere da ufficio del tipo “allora come va, come stanno i tuoi bambini?” e quando chiedo “come state”, davanti a una telecamera nessuno risponde in maniera genuina”.

genitori soli

La donna ha spiegato dunque di sentirsi davvero fragile, abbattuta e sola e di non trovare conforto nemmeno in quei contesti in cui di neogenitori, in coda per recuperare i propri figli dopo una giornata di lavoro, ce ne sono molti: “Anche fuori dal nido, siamo tutti persi nella confusione, mi sembra che ognuno abbia i paraocchi e sia solo concentrato sul proprio bambino. La verità è che siamo tutti vulnerabili e che questo rende difficile fare amicizia”.

Il parere dell’esperta

A capo del report condotto dall'Università dell'Ohio vi è Kate Gawlik, professoressa associata dell’Università e che da anni studia il fenomeno del burnout genitoriale, e che vive in prima persona le difficoltà della genitorialità, con i suoi 4 figli.

La dottoressa ha elencato gli effetti che l’isolamento che i genitori ammettono di provare può provocare alla loro salute: La solitudine influenza la salute al pari di 15 sigarette al giorno. A risentirne è la salute fisica e quella mentale, causando malattie cardiovascolari, ansia, depressione, declino cognitivo”.

La dottoressa ha anche precisato che al burnout genitoriale esiste una potentissima medicina: “Contro la solitudine è importante che i neogenitori abbiano qualcuno con cui relazionarsi. Creare connessioni interpersonali è la miglior soluzione”.

Per cercare di aiutare i genitori dell’Ohio la dottoressa ha dato il via a un programma di 6 settimane, fatto di colloqui, dialogo e condivisione, durante il quale i genitori che più si sentono vulnerabili hanno modo di incontrarsi, raccontarsi le proprie preoccupazioni e non sentirsi soli nelle difficoltà. A partecipare è stata anche Anne Helms che ha trovato beneficio già solo nel colloquio conoscitivo con la dottoressa, quando lei le ha detto: “Lavori, hai figli e cerchi di essere un buon genitore, sarebbe sovraumano se non ti sentissi esaurita”.

genitori insieme

La giovane mamma ha anche affermato di essere contenta di essersi messa in gioco con questo percorso: “Penso che raccontare i miei problemi ad altri genitori e ricevere il loro sostegno mi permetta di essere una mamma migliore per i miei figli, una compagna migliore per mio marito e un’amica migliore per chi mi sta vicino. Lo faccio per me e per il futuro dei miei figli”.

La dottoressa Gawlik ha concluso dicendo che questo percorso è molto impegnativo, perché non è facile mettere in piazza le proprie vulnerabilità, soprattutto quando si parla di genitorialità, ma che semplicemente ammettere di sentirsi soli è già un primo passo per stare bene e di conseguenza diventare genitori migliori.

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