Come e quando smettere di allattare al seno, consigli sullo svezzamento

La fine dell’allattamento al seno e l’inizio dello svezzamento rappresentano una tappa fondamentale all'interno del percorso di crescita di un bambino, tuttavia non si tratta di una fase scandita da tempistiche e modalità rigide. L'abbandono del latte – materno o artificiale– in favore di pappe e cibi solidi è infatti un processo graduale, che si costruisce giorno dopo giorno. Non esiste pertanto un’età giusta né un’unica modalità da seguire, ma piuttosto un range temporale cui fare riferimento: a sottolinearlo è la Dott.ssa Elena Scarpato, pediatra e membro del tavolo tecnico Allattamento della Società Italiana di Pediatria (SIP), che intervistata da Fanpage.it ha invita a seguire un approccio flessibile e personalizzato, nel pieno rispetto dei tempi e delle esigenze del bimbo e della stessa madre.
"Secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’allattamento esclusivo è consigliato almeno fino al sesto mese di vita", premette l'esperta. "Dopo questo periodo, è possibile introdurre alimenti complementari continuando ad allattare, se madre e bambino lo desiderano, anche fino ai due anni o oltre. Il suggerimento è di farsi sempre supportare dal proprio pediatra in questa fase così delicata della crescita del bambino". Ma come orientarsi nella pratica quotidiana? Ecco i principali consigli della Dott.ssa Scarpato per affrontare serenamente questa importante transizione.
Riconoscere i segnali che dà il bambino
Il primo passo è osservare il bambino e cogliere i segnali che indicano la possibilità di modificare il suo regime alimentare e proprio in questo passaggio che la consultazione con il pediatra gioca un ruolo decisivo. Attraverso la valutazione medica infatti, il pediatra può aiutare ai genitori a capire se il piccolo è pronto per l'introduzione di pappe o alimenti a piccoli pezzi.

"Uno dei primi segnali che si prende in considerazione è, ad esempio, la capacità del bambino di stare seduto in modo stabile" spiega Scarpato."Oltre che per una questione di sicurezza, il bimbo che non si dimostra ancora pronto tenderà maggiormente a rifiutare il cucchiaino e sputare ciò che gli verrà offerto". Per questo, oltre alla posizione seduta, anche la curiosità verso il cibo rappresenta un importante segnale rivelatore. Tale interesse può manifestarsi nell’atteggiamento durante i pasti condivisi: il bambino guarda con interesse chi mangia, cerca di afferrare il cibo dal piatto, prova ad imitare. Non si tratta solo di sviluppo motorio, ma anche di una maturazione sensoriale e relazionale.
Introdurre gradualmente cibi solidi
Lo svezzamento non è una sostituzione improvvisa del latte, ma una scoperta progressiva del cibo. "Si comincia solitamente con un pasto al giorno, poi si aumenta gradualmente a due, tre pasti solidi", sottolinea Scarpato. Da tempo infatti le linee guida sanitarie hanno ormai abbandonato i rigidi schemi di una volta: non esiste più una sequenza temporale precisa per l’introduzione dei nuovi alimenti ma l’obiettivo è abituare il bambino a una dieta varia, fin da subito, nel rispetto delle sue capacità. Via libera a legumi, cereali, verdure, frutta, carne, pesce, senza timori per l’introduzione precoce di alcuni alimenti, come accadeva in passato per uova o pesce. La scienza ha dimostrato che provare simili alimenti fin dalla tenerissima età non solo non aumenta la probabilità di sviluppare allergie, ma anzi, in certi casi può contribuire a ridurne l'incidenza.

Nel caso dell'autosvezzamento – ossia il passaggio diretto al cibo degli adulti accuratamente tritato per evitare il pericolo di soffocamento – la fase intermedia con pappe e omogeneizzati viene saltata, tuttavia, come sottolinea la stessa Scarpato, le evidenze scientifiche in questo senso non sono ancora sufficientemente solide per definire delle raccomandazioni chiare.
Evitare cambiamenti improvvisi e bruschi
Un errore piuttosto comune che alcuni genitori commettono è quello di forzare il distacco dal seno in modo repentino. La raccomandazione è invece di procedere con gradualità, rispettando i ritmi e l’equilibrio del bambino. La sostituzione delle poppate avviene nell’arco di settimane, partendo generalmente dalla metà giornata o dalla sera. "Il bambino che assume più cibo solido sarà naturalmente meno interessato alla poppata", chiarisce la Dott.ssa Scarpato.
Sostituire le poppate con alimenti solidi
Man mano che l’alimentazione si amplia, le poppate si riducono. Ma la transizione non è rigida: "Con il latte artificiale è più semplice stabilire una routine, mentre con l’allattamento al seno è tutto più fluido, poiché i ritmi e la frequenza varia di caso in caso", precisa la pediatra. L’importante è che la sostituzione sia bilanciata e nutriente, seguendo preferibilmente i principi della dieta mediterranea: olio a crudo, erbe aromatiche per insaporire, niente sale fino a un anno, né zuccheri aggiunti fino ai tre. Vietatissimi poi tutti quei cibi che contengono caffeina e che celano rischi legati a contaminazioni e intossicazione, come alimenti crudi o latte non pastorizzato.

Stabilire un contatto con il bambino
Infine, il pasto è anche un momento di relazione. "L’interazione con il genitore è sempre positiva", osserva Scarpato. Non serve trasformare ogni pasto in un gioco, ma favorire un ambiente sereno, coinvolgente, libero da distrazioni. Da evitare assolutamente l’uso di schermi, come tablet o televisione, durante il pasto: oltre a interferire con l’alimentazione, possono compromettere l’attenzione e lo sviluppo cognitivo, soprattutto nei primi due anni di vita.
In definitiva, lo svezzamento non è solo una questione di alimenti, ma un passaggio evolutivo che coinvolge tutto il nucleo familiare. Con pazienza, attenzione e un dialogo continuo con il pediatra, ogni famiglia troverà la strada più adatta per accompagnare il proprio bambino verso una nuova autonomia.