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Quando la bufala non è una fregatura

Vi siete mai chiesti perché una Bufala è una “bufala”? Nell’era delle fake news, anche l’origine del nome è controversa. C’è chi dice che la parola faccia riferimento all’antica abitudine di alcuni ristoratori disonesti, che spacciavano carne di bufala al posto della più pregiata carne di vitella. È così che “bufala” sarebbe diventato sinonimo di una vera e propria fregatura. Altri, però, ritengono che l’origine sia da ricercare piuttosto nel concetto di “popolo bue”, cioè sprovveduto e facile da influenzare. Qualunque sia la verità, imparare a riconoscere le bufale oggi è diventato fondamentale, e lo è anche quando non si parla in senso figurato.
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A cura di Ciaopeople Studios
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La regina della cucina mediterranea

Vi siete mai chiesti perché una Bufala è una “bufala”? Nell'era delle fake news, anche l'origine del nome è controversa. C'è chi dice che la parola faccia riferimento all’antica abitudine di alcuni ristoratori disonesti, che spacciavano carne di bufala al posto di quella di vitella. È così che “bufala” sarebbe diventato sinonimo di una vera e propria fregatura. Altri, però, ritengono che l’origine sia da ricercare piuttosto nel concetto di “popolo bue”, cioè sprovveduto e facile da influenzare. Qualunque sia la verità, impariamo a conoscere l'unica bufala che non mente: la mozzarella di bufala campana DOP.

La tutela a marchio DOP

Come accade con ogni eccellenza che si rispetti, sono in molti a cercare di imitare la Mozzarella di Bufala Campana, ed è per questo che si è deciso di tutelare la produzione originale e i clienti. Con il marchio europeo DOP vengono riconosciute le caratteristiche organolettiche e merceologiche dell’unica vera Bufala. Le caratteristiche di questo formaggio, infatti, sono strettamente legate all’ambiente e ai metodi di lavorazione tradizionali della specifica zona di produzione. Un’area che comprende non solo la Campania, dove si concentra la gran parte della produzione (quasi il 90% nelle province di Caserta e Salerno), ma anche il basso Lazio (con le province di Latina e Frosinone), la Puglia (con parte della provincia di Foggia) e il Molise (con il solo comune di Venafro), compresi 5 Parchi Nazionali (Vesuvio, Matese, Circeo, Cilento e il Gargano). Tutelare l’origine del prodotto e l’intero processo di lavorazione si è reso particolarmente necessario visto che la legge considera la parola “mozzarella” un termine generico, come succede per molti altri prodotti come la pizza o la pasta. Il nome viene perciò utilizzato in tutto il mondo per prodotti che spesso non hanno nessun legame con le tradizioni storiche, culturali e artigianali della Mozzarella di Bufala Campana. Il marchio DOP ha permesso e permette di distinguere il prodotto originale dalle mozzarelle non certificate.

Il consorzio

Prima che la Mozzarella di Bufala possa ricevere il marchio DOP, un’azienda deve superare una serie di controlli, che partono dall’allevamento dell’animale fino alla vendita al consumatore. Solo i caseifici che superano tutto l’iter possono ottenere la certificazione e ovviamente devono mantenere gli standard richiesti nel tempo. Queste aziende, infatti, vengono monitorate costantemente per garantire il rispetto del disciplinare di produzione della Dop messo in commercio. La sezione Ispettiva del Consorzio di Tutela ha competenza sull’intero territorio nazionale e attraverso i suoi agenti, preleva periodicamente alcuni campioni in commercio facendoli analizzare nei laboratori dell’ICQRF (Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari). In caso di irregolarità, può sanzionare i produttori e sequestrare il prodotto. Un’attività di verifica che grazie ad accordi ad hoc stretti dal ministero per le Politiche agricole, ha coinvolto tutte le piattaforme più utilizzate come Alibaba, Ebay e Amazon, ma anche social media come Facebook e Instagram.

Diversa dalle altre

Le garanzie sono importanti, certo, ma marchio a parte, come si fa a riconoscere una mozzarella di bufala campana autentica? Gli esperti suggeriscono di concentrarsi su tre elementi chiave: il colore, il profumo e il sapore. La vera Bufala deve essere color bianco porcellana, con una superficie liscia e una consistenza elastica, che si nota soprattutto al taglio. È importante veder uscire il latte: segno inconfondibile della freschezza del prodotto. Come dice il fotografo Pasquale a Totò, nella scena del cappotto di “Miseria e Nobiltà”: ​“Assicurati che sia buona. Prendila con due dita premi la mozzarella, se cola il latte te la pigli, se no desisti”​. Forse meno noto invece è il fatto che il profumo cambia in base alla pezzatura. Nel bocconcino si possono avvertire sentori di burro, yogurt, e la caratteristica nota muschiata tipica del latte di bufala. Nelle pezzature più grandi il profumo e il sapore sono più intensi, e si riesce a sentire anche la sua componente vegetale, che ricorda la nocciola fresca, il leggero acidulo, la panna e, anche qui, il profumo muschiato. Fondamentale inoltre sapere che per legge, la mozzarella di bufala campana Dop va comprata solo confezionata (tranne nel caseificio che abbia al suo interno anche la produzione) e per evitare sorprese va verificata la presenza del logo del Consorzio di Tutela e di quello europeo della Dop.

Tutta da gustare

La Mozzarella di Bufala Campana DOP è realizzata esclusivamente con latte di bufala di razza mediterranea italiana fresco e perciò ha un tempo di vita (la cosiddetta “shelf life”) limitato. Il modo migliore per apprezzarla è quello di consumarla fresca, in giornata. Se questo non è possibile e si decide di consumarla dopo 2-3 giorni, solo allora la si può mettere in frigorifero con tutta la confezione e il liquido di governo. Così mantiene comunque tutte le sue qualità. Ma non va mai mangiata fredda. La si deve lasciare a temperatura ambiente finché non raggiunge i 18-20 C. Per raggiungere questo obiettivo si può anche immergere in acqua calda per 5 minuti con tutta la confezione. Caso diverso se invece la si vuole utilizzare in cucina. Si consiglia di toglierla dal liquido di governo, lasciarla in frigo per farla “asciugare” così è più facile da lavorare per condire la pizza, ad esempio, ma anche la pasta al forno o un qualsiasi altro piatto dei moltissimi di cui è protagonista.

Contenuto pubblicitario a cura di Ciaopeople Studios.
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