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Ricostruito l’incidente mortale di Rebellin: il camionista ha cancellato le tracce con la saliva

Wolfgang Rieke, che alla guida di un camion lo scorso 30 novembre investì mortalmente Davide Rebellin verrà processato in Italia. Attraverso l’inchiesta è emersa la sconcertante verità: l’autista tedesco ha mentito su tutto. Si è reso immediatamente conto dell’impatto, è rimasto sul luogo dell’incidente per un quarto d’ora, poi è scappato per strade secondarie. E ha provato a cancellare i segni prima con la saliva, poi con dei solventi.
A cura di Alessio Pediglieri
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La tragedia che portato alla morte di Davide Rebellin lo scorso novembre sulle strade di Montebello si tinge ancora una volta di risvolti clamorosi e a loro modo del tutto sconcertanti. Wolfang Rieke, il camionista colpevole dell'urto mortale, si sarebbe infatti accorto di tutto e subito: le telecamere di un locale adiacente alla zona dell'impatto avrebbero ripreso tutta la scena, con particolari agghiaccianti a carico dell'uomo per il quale adesso è stata richiesta l'estradizione in Italia.

Wolfgang Rieke sarà estradato e verrà consegnato ai Carabinieri non appena i due Paesi delineeranno modalità e tempistiche. Questa è la decisione finale a carico del 63enne che lo scorso 30 novembre, lungo la strada provinciale 11 che attraversa Montebello Vicentino all'altezza di una rotatoria, investì Davide Rebellin togliendo la vita al ciclista 51enne. Dunque, verrà processato in Italia, con udienza fissata al 14 luglio, dopo essere stato raggiunto prima da un mandato di cattura internazionale e senza che sia stata accolta la richiesta della difesa di poter proseguire agli arresti domiciliari in Germania, nella cittadina renana di Recke, dove risiede dal momento del fermo.

La bicicletta di Davide Rebellin dopo l'impatto mortale con il camion
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Una vicenda torbida, intrisa di punti oscuri e contraddizioni che stanno venendo a galla grazie all'inchiesta promossa e guidata dal pubblico ministero utilizzando le ricostruzioni ambientali, le testimonianze e i rilevamenti delle autorità tedesche e italiane che hanno collaborato sin dal primo istante. Il primo arresto, dunque verrà confermato grazie alle carte delle indagini dove sono emersi nuovi, sconcertanti particolari di quel giorno che hanno permesso di delineare in Rieke un profilo tutt'altro di uomo spaventato e in preda al panico. Tanto che il giudizio del giudice è stata una analisi spietata: "Un uomo privo di alcun segnale di rimorso, insensibile, con una stupefacente assenza di scrupoli".

La fuga in Germania per vie secondarie

Ma da dove nasce questa cruda definizione? Rieke non era semplicemente un camionista spaventato che non si era nemmeno quasi accorto di quanto accaduto e che preso dal panico aveva cerato rifugio in Germania? Nulla di più falso, perché la verità è completamente differente stando alle dettagliate ricostruzioni di quel giorno. Intanto, la fuga. Perchè di un vero e proprio tentativo di fuga si è trattato, visto che Rieke si è allontanato dal luogo dell'incidente ben consapevole di ciò che era accaduto. Dai rapporti dell'indagine ha raggiunto la Germania per vie secondarie, evitando le strade e le autostrade dove erano scattati immediatamente i controlli e i posti di blocco, nel chiaro tentativo di scappare in Germania, dove ha raggiunto la sua città di residenza in cui ha provveduto a cambiare il rimorchio oltre al tentativo di cancellare le tracce dell'impatto.

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Il tentativo di cancellare le tracce dell'impatto

Le tracce, l'elemento che ha inchiodato Reike e che restano testimonianza delle menzogne dell'uomo che ha provato più volte a cancellare. L'ultima, in Germania con solventi per la pulizia utilizzati sul punto dell'impatto, la prima proprio sul luogo dell'incidente perché tutto è stato ripreso dalle telecamere. Subito dopo aver colpito Rebellin, il camionista si è fermato è sceso dal mezzo, e si dirige verso il ciclista a terra. Poi risale, parcheggia il mezzo un po' più lontano e ridiscende, parlando con alcune persone con cui ritorna vicino ala cadavere e alla bici. E qui, spiega l'inchiesta avviene una scena scioccante: "Il conducente" si legge nelle carte "dopo essersi passato la mano sulla bocca, l’aveva strofinata per due volte contro il paraurti, nell'obiettivo di eliminare le tracce derivanti dalla collisione con il ciclista". Tutto ciò dura l'arco di ben 15 minuti, un'eternità.

La ricostruzione dell'incidente mortale

Dunque, secondo gli inquirenti, Rieke ha mentito su tutti i fronti, anche sulle modalità dell'impatto. Sempre dalle telecamere di sorveglianza di un locale, si nota come il camion sterzi senza azionare la freccia e il motivo per cui Rieke non si accorge di Rebellin è che in quel modo non ha fatto scattare il visore interno al mezzo che avrebbe mostrato il lato della strada che avrebbe percorso. In quel modo avrebbe notato il ciclista e probabilmente l'avrebbe evitato. Un urto che ha fatto "sobbalzare il mezzo" si legge ancora e che non poteva essere ignorato. Tanto che, conscio dell'accaduto, il camionista una volta risalito definitivamente al volante, è ripartito a velocità sostenuta, incurante anche degli spartitraffico presenti.

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Dunque, nuove prove schiaccianti non lasciano più spazio ad altre interpretazioni e che hanno portato alla richiesta di estradizione e di un processo in Italia. L'avvocato difensore ha presentato ricorso al Tribunale di Venezia sostenendo che non vi è alcun pericolo di fuga per il suo assistito che non svolge più il proprio lavoro ed è sempre rimasto nella propria abitazione, a disposizione delle autorità, senza volersi sottrarre ai procedimenti giudiziari e rispettando le decisioni dei magistrati. Troppo tardi, il castello delle menzogne è crollato lasciando spazio ad una sconvolgente verità che richiede giustizia per una morte che poteva essere evitata.

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