946 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
Sinisa Mihajlovic morto a 53 anni di leucemia

Il figlio di Mihajlovic racconta quando la famiglia seppe della leucemia di Sinisa: “Una telefonata”

Il 16 dicembre è un giorno triste in casa Mihajlovic: domani sarà passato un anno dalla morte di Sinisa. Il figlio Miro racconta come la famiglia apprese della malattia terribile che aveva colpito il serbo: “Ci crollò il mondo addosso”.
A cura di Paolo Fiorenza
946 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Domani 16 dicembre sarà passato un anno dalla morte di Sinisa Mihajlovic, portato via dalla leucemia mieloide che gli era stata diagnosticata nell'estate di tre anni prima. Il trapianto di midollo osseo dell'ottobre 2019 sembrava aver avuto successo, ma nel marzo dell'anno scorso l'ex calciatore e tecnico serbo ha dovuto affrontare la recidiva della malattia che non gli ha lasciato scampo qualche mese dopo. In questi giorni sono in molti a ricordare Sinisa ed il figlio Miroslav non usa giri di parole per spiegare che anno è stato senza papà: "Un anno di merda. Mi spiace non so trovare altra espressione".

Arianna Mihajlovic col figlio Miro: la famiglia di Sinisa tiene vivo il suo ricordo
Arianna Mihajlovic col figlio Miro: la famiglia di Sinisa tiene vivo il suo ricordo

"Però provi ad andare avanti, pensi a cosa avrebbe detto o fatto lui. In famiglia eravamo già unitissimi, ora lo siamo ancora di più – spiega alla Gazzetta dello Sport il 23enne, che poi racconta il momento terribile quando Sinisa disse loro che era malatoEravamo in vacanza in Sardegna, papà era a Bologna, sarebbe dovuto partire per il ritiro. Chiamò mamma, le disse che aveva la leucemia e ci crollò il mondo addosso. Sapevo che era grave, ma conoscendolo non ho mai immaginato che potesse privarmi di lui. Per me era invincibile, invulnerabile".

Speranza e disperazione, questo è stato l'alternarsi dei sentimenti in casa Mihajlovic durante il decorso della malattia: "Dopo il primo trapianto si era ripreso alla grande. A Bologna si svegliava alle sei di mattina, andava a correre per 11 chilometri, allenava la squadra e poi faceva palestra. Era attento all'alimentazione. Sembrava un robot. Poi è arrivata la recidiva e neanche in quel caso ho pensato che non ce l'avrebbe fatta".

Miro ha ancora scolpita negli occhi la fierezza di suo padre nel rifiutare qualsiasi sostegno: "Papà ti trasmetteva una forza assurda. Una settimana prima di morire, anche se stanco e provato, andava a camminare per chilometri. E se vedendolo affaticato gli porgevo il braccio o volevo dargli aiuto, mi diceva: no, spostati, faccio da solo. Anche nei momenti di maggiore difficoltà, non l'ho mai visto fragile. Una sola cosa durante la malattia era cambiata: si era aperto ai sentimenti, la corazza che aveva portato sempre era caduta e aveva lasciato esprimere quello che è sempre stato: un uomo buonissimo".

È passato un anno e Sinisa è vivo più che mai nelle parole del figlio: "Per me non era solo un papà, era un supereroe, un idolo. Era tutto. Lo guardavo con amore e ammirazione. È bellissimo sentire la sua voce, vedere le immagini. Ma sale anche il magone… Nella mia camera papà è dappertutto: sui muri, sul comodino, ovunque. Se un giorno avrò un figlio maschio si chiamerà Sinisa".

946 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views