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Esonerato mentre aveva il Covid, Rigoli ce l’ha fatta: “Oggi posso raccontare il mio dramma”

Era il 17 gennaio scorso quando Pino Rigoli veniva esonerato dal Messina in maniera sorprendente, sia per la posizione in classifica della squadra sia per la malattia del tecnico, ricoverato in ospedale per l’aggravarsi del Covid. Oggi il peggio è alle spalle, ma è stata durissima: “I medici avevano detto alla mia famiglia di prepararsi al peggio”.
A cura di Paolo Fiorenza
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Una brutta storia che diventa bella nel finale, perché quello che conta è che Pino Rigoli ora stia bene e la possa raccontare. Il 58enne allenatore era balzato agli onori delle cronache un paio di mesi fa, quando il 17 febbraio era stato esonerato dal Messina, pur essendo la squadra peloritana terza in classifica con due gare da recuperare, ma soprattutto mentre il tecnico lottava ancora con il Covid, dopo che l'aggravarsi delle sue condizioni ne avevano reso necessario in precedenza il ricovero in ospedale.

Una decisione che a qualcuno era apparsa inopportuna sul piano umano e che Rigoli, che oggi sta meglio, commenta così a ‘Tuttosport': "Se me l'aspettavo? Certo che no, ma non soltanto questo. Sì che mancavo da 5 partite, ma non voglio toccare questo tasto".

Il tecnico era a sua volta subentrato sulla panchina del Messina dopo 3 giornate dall'inizio del Girone I di Serie D, mettendo assieme 7 vittorie, 4 pareggi e 2 sconfitte, fino appunto all'esonero dopo aver perso contro l'Acireale. Quello che più conta è che Rigoli oggi abbia superato il momento più difficile sul piano della sua salute, ma se l'è vista davvero brutta: "È stata la partita più difficile, i medici avevano detto alla mia famiglia di prepararsi al peggio, ma è grazie a loro che oggi posso raccontare il mio dramma".

L'allenatore protagonista nel 2019 con la Viterbese della vittoria della Coppa Italia di Serie C contro il Monza di Berlusconi e Galliani era risultato positivo al Covid il 20 gennaio: "Quella notte avvertivo sintomi di freddo e pensavo solo a un raffreddamento, tanto che al mattino rifaccio il tampone e scopro di essere positivo. Faccio 10 giorni di isolamento in albergo, ma la situazione peggiora. Mi portano al Policlinico di Messina che sentenzia: polmonite bilaterale interstiziale".

Lì comincia il calvario di Rigoli, un crescendo dell'incubo che ormai conosciamo bene da un anno a questa parte: "Stavo male ma non me ne accorgevo. Più che altro è la mia famiglia che ha temuto per la mia vita, perché i medici l'hanno chiamata dicendo di prepararsi al peggio. Io l'ho capito quando non mi facevano scendere dal letto e respiravo a fatica. Ero cosciente e i medici mi dicevano di reagire. La salvezza è stata il casco dell'ossigeno: l'ho portato tre giorni interi, anche di notte. È stato come vincere un campionato, come quelli ad Agrigento o da record a Siracusa. Dopo il casco la situazione è migliorata: ho fatto 20 giorni di ospedale e la malattia è fortunatamente regredita, ma senza gli straordinari medici ed infermieri del Policlinico di Messina non sarei qui, li ho già ringraziati pubblicamente".

Adesso il prossimo passo è tornare a fare quello che Rigoli più ama: allenare. Ma la partita più importante è stata vinta.

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