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Klara Kolouchova morta sul Nanga Parbat, lo sherpa: “L’ho sentita urlare, è sparita nel buio”

A poco più di un mese di distanza dalla tragica morte dell’alpinista ceca Klara Kolouchova, precipitata sulla terribile parete del Nanga Parbat, uno degli ‘ottomila’ dell’Himalaya, il suo sherpa Taraman Tamang ha trovato la forza di raccontare nei dettagli cosa è successo: “All’improvviso l’ho sentita urlare, è successo proprio davanti ai miei occhi”.
A cura di Paolo Fiorenza
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Klara Kolouchova e lo sherpa Taraman Tamang
Klara Kolouchova e lo sherpa Taraman Tamang

Le sfide estreme alle montagne, soprattutto quando si stagliano altissime verso il cielo come accade per le vette dei massicci dell'Asia meridionale, Himalaya e Karakorum, mietono numerose vittime. Tragedie che fanno il giro del mondo quando capita che i nomi coinvolti siano di primo piano, come è accaduto lo scorso 30 luglio per la morte dell'ex campionessa tedesca di biathlon Laura Dahlmeier, travolta da una frana sul Laila Peak, e come era successo appena qualche giorno prima a un'altra alpinista molto nota, la ceca Klara Kolouchova, che ha perso la vita a 46 anni durante il tentativo di scalata del Nanga Parbat, la "montagna assassina" situata nella regione del Gilgit-Baltistan in Pakistan, nella catena dell'Himalaya occidentale. Qui sotto il suo ultimo post su Instagram, poche settimane prima della scalata, parole che oggi risuonano molto dolorose.

La tragica morte di Klara Kolouchova sul Nanga Parbat

Dalla morte della Kolouchova è passato poco più di un mese (era il 3 luglio) e solo adesso lo sherpa che l'accompagnava, Taraman Tamang, ha trovato la forza per raccontare cosa è successo, scrivendo un lungo messaggio di suo pugno su ‘Everest Chronicle'. Il Nanga Parbat (8126 metri, la nona montagna più alta del mondo) è uno degli ‘ottomila' con la più alta percentuale di vittime in rapporto al numero di tentativi di scalata. Klara era tra chi poteva permettersi di provarci, visto le sue capacità e l'esperienza maturata. La ceca è stata la prima donna del suo Paese a conquistare le tre cime più alte del mondo: Everest (2007), K2 (2019) e Kangchenjunga (2019), oltre ad altri due ‘ottomila' (Cho Oyu e Annapurna) e tutti i Seven Summits, ovvero le sette montagne più alte di ogni continente.

Ma quando affronti questi giganti apparentemente tranquilli e silenziosi, l'imprevisto è dietro l'angolo e può trasformarsi in tragedia: "Il 3 luglio sono tornato al campo base del Monte Nanga Parbat  stordito e smarrito – ha scritto Tamang, una guida a sua volta molto esperta – Avevo appena visto la mia cliente e cara amica scomparire lungo il pendio della montagna intorno al Campo 2. Ero addolorato e mi portavo dietro il pesante senso di colpa di essere tornato da solo. Ma poi il mio telefono ha iniziato a vibrare, risvegliandomi dai miei sogni a occhi aperti. Aveva di nuovo il segnale Wi-Fi. Il mio telefono era inondato di messaggi sulla scomparsa di Klara Kolouchova. Klára era un'alpinista di spicco e molto rispettata della Repubblica Ceca, di cui ero guida. Per giorni, le richieste continuarono ad arrivare, incessanti, opprimenti. Non sono riuscito a rispondere alla maggior parte di loro. Spero che la gente capisca che ho vissuto un'esperienza incredibilmente traumatica su quella montagna. Mentre cercavo ancora di elaborare l'accaduto e di trovare la forza di restare in piedi, venivo bombardato da domande, speculazioni e supposizioni. Come potevo rispondere, se non ero nemmeno me stesso?".

Cosa è successo la sera del 2 luglio sulla ‘montagna assassina' dell'Himalaya: il racconto dello sherpa

"Ho lasciato quella montagna avendo assistito a uno degli eventi più sconvolgenti della mia vita – ha continuato lo sherpa, raccontando nei dettagli cosa è successo – Ora che ho avuto un po' di tempo per riflettere e accettarlo, sono più preparato a parlare di quella giornata. La sera del 2 luglio, verso le 18, Klara e io abbiamo iniziato la nostra scalata alla vetta del Nanga Parbat, in Pakistan, dal Campo 3, insieme a una dozzina di altri alpinisti. Il meteo era particolarmente impegnativo in questa stagione. Come tutti gli altri partecipanti a una spedizione commerciale, puntavamo a sfruttare la ristretta finestra di arrampicata sulla nona vetta più alta del mondo. Famigerata come la ‘montagna assassina' per via del suo terreno impervio e del clima spietato, ha causato numerose vittime nel corso degli anni".

Klara Kolouchova è morta a 46 anni: la ceca era un’alpinista provetta
Klara Kolouchova è morta a 46 anni: la ceca era un’alpinista provetta

Il racconto di Tamang è proseguito dando conto della decisione della Kolouchova di fermarsi a un centinaio di metri dalla cima del Nanga Parbat e tornare indietro: "Dopo circa tre ore di salita, abbiamo raggiunto circa 7100 metri, appena 100 metri sotto il Campo 4. A quel punto, altri alpinisti ci avevano superato. Klara si rese conto che non stava procedendo abbastanza velocemente per raggiungere la vetta. Mi disse che non aveva la resistenza per spingersi più in alto. Nonostante il mio incoraggiamento, prese la difficile ma saggia decisione di tornare indietro. Rispettai la sua scelta. Su montagne come questa, la sicurezza viene sempre prima della vetta. Abbiamo iniziato la discesa verso le 22. Quando siamo tornati al Campo 3, era mezzanotte. Abbiamo sciolto la neve per procurarci acqua calda, abbiamo sistemato l'attrezzatura e abbiamo continuato la discesa verso il Campo 2".

"All'improvviso l'ho sentita urlare, è successo proprio davanti ai miei occhi"

"Il mio zaino era più pesante del solito – ha continuato lo sherpa – Portavo con me tutta la sua attrezzatura personale e le bombole di ossigeno piene. Klara era sempre premurosa e gentile con le sue guide, soprattutto con gli sherpa. Consapevole del mio peso, mi disse: ‘Taraman, il tuo zaino è pesante, quindi procedi lentamente. Ti aspetto al Campo 2, ok?'. Ho risposto: ‘Ok. Prenditi cura di te, Didi (sorella maggiore)'. Quella è stata la nostra ultima conversazione. Di solito, le preparavo la corda di discesa e lei scendeva per prima, mentre io la seguivo da vicino. Ma questa volta non ha aspettato. Non so perché, forse pensava che sarebbe stato più facile o più veloce scendere da sola. Non ho ancora una risposta chiara. Stavo preparando la mia attrezzatura quando all'improvviso l'ho sentita urlare. Ho guardato in basso e l'ho vista cadere e poi rotolare giù per la parete. Era scivolata ed era caduta dalla corda fissa. È successo proprio davanti ai miei occhi".

Klara Kolouchova è precipitata nel punto segnato dalla linea rossa lungo la parete del Nanga Parbat (credit: Everest Chronicle)
Klara Kolouchova è precipitata nel punto segnato dalla linea rossa lungo la parete del Nanga Parbat (credit: Everest Chronicle)

Il resto del racconto dello sherpa è ancora più drammatico: "Eravamo a circa 40 metri di distanza l'uno dall'altra. La guardavo impotente mentre precipitava lungo il pendio, scomparendo nell'oscurità oltre la portata della mia lampada frontale. Ero completamente solo sulla parete di questa imponente montagna, nel cuore della notte. Non c'era nessuno nelle vicinanze. Alcune squadre erano vicine alla vetta, altre si stavano riposando al Campo Base. Ero sotto shock. La mia mente era vuota. Provavo un misto di paura, senso di colpa e dolore. Non sapevo se aspettare al Campo 2 oppure continuare la discesa. Mi sono ripreso e ho contattato altri alpinisti che si stavano spostando più in alto. Sono riuscito a contattare via radio il capo della nostra spedizione. Mi ha assicurato che non era colpa mia e mi ha consigliato di continuare a scendere. Scosso e inorridito, mi avviai verso la discesa".

"Fino ad ora non avevo mai perso un cliente, sono devastato"

L'episodio ha segnato per sempre Tamang: "Era la prima volta che perdevo un cliente. Non so ancora esattamente cosa sia andato storto. Klara era un'alpinista esperta e abile. Avevamo scalato il Dhaulagiri (8167 metri) insieme all'inizio della primavera, ma anche allora era tornata indietro poco sopra il Campo 2. Più tardi, mi parlò del suo progetto di scalare il Nanga Parbat e mi chiese di unirmi di nuovo a lei. Si era fidata di me dopo la nostra prima spedizione insieme. Lavoro come guida alpina da sei anni. Ho scalato quasi una dozzina di montagne. Nel 2022, sono miracolosamente sopravvissuto a una valanga sul Manaslu che ha travolto diversi alpinisti dal Campo IV al Campo III. Mio fratello, Mohan Singh Tamang, si è rotto una gamba in quel disastro. Abbiamo perso il nostro amico Anup Rai. Ma fino ad ora non avevo mai perso un cliente. Avevo già raggiunto la cima del Nanga Parbat in precedenza, ma questa volta non sono riuscito né a portare Klara in cima né a riportarla giù sana e salva. Sono devastato".

"Avevamo sviluppato un legame profondo durante il tempo trascorso insieme. Il nostro rapporto andava oltre il semplice rapporto guida-cliente: eravamo come fratello e sorella. Ci sostenevamo a vicenda nelle scalate più impegnative. Lei era un'alpinista tecnica e capace, con diversi ‘ottomila' al suo attivo. La sua perdita mi ha profondamente addolorato. Ricorderò sempre la sua forza, la sua umiltà e il profondo rispetto che avevamo l'uno per l'altra", ha concluso lo sherpa.

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