Il campione fuori dal coro: “L’Europa si commuove per l’Ucraina ma dimentica la Palestina”

La guerra in Ucraina ha messo in ginocchio un intero Paese a partire da quel maledetto 24 febbraio. Una data che ormai è già diventata storica e che rappresenta l'inizio dell'invasione militare russa nello Stato vicino. Lo sport si è ovviamente schierato contro questa decisione di Putin, così come il resto del mondo. Tra striscioni, omaggi e continui appelli, c'è anche chi è riuscito ad approfondire questo delicato tema tirando in ballo un altro importante e sanguinoso conflitto mondiale. Nello specifico, il giocatore di Squash numero uno al mondo, Ali Farag, ha voluto parlare a seguito dell'ennesimo torneo vinto a Londra.
Nel corso di una lunga intervista in cui è stato esortato a parlare della guerra in Ucraina, il campione ha risposto a sorpresa: "Non ci è mai stato permesso di parlare di politica nello sport, ma all'improvviso ora è consentito – ha detto con forza – Se possiamo parlare dell'Ucraina, allora possiamo parlare di Palestina". Farag ha recentemente vinto il campionato Optasia battendo Diego Elias, sesto posto nella classifica mondiale. Nonostante abbia perso il primo set 11-4, l'attuale numero due del mondo è riuscito a vincere nei tre set seguenti 11-8, 11-8 e 13-11. Al termine della partita, Ali non ha esitato ad affrontare il pregiudizio dei media poiché gli è stato permesso di parlare di politica ma solo di parlare della situazione della guerra Russia-Ucraina.
"Tutti noi stiamo vedendo cosa sta succedendo nel mondo in questo momento con l'Ucraina e nessuno è felice di quello che sta succedendo – ha detto Ali – Nessuno dovrebbe mai accettare nessun omicidio al mondo, nessuna oppressione". Il campione di squash così inizia il suo lungo discorso senza filtri: "Non ci è mai stato permesso di parlare di politica nello sport, ma all'improvviso ora è permesso – sottolinea – Le persone devono però guardare l'oppressione che esiste ovunque nel mondo". Il suo è un concetto molto chiaro: "Voglio dire, i palestinesi lo hanno vissuto negli ultimi 74 anni e immagino che poiché non si adatta alla narrativa dei media occidentali, non possiamo parlarne – dice con forza – Ma ora che possiamo parliamo dell'Ucraina, possiamo parlare dei palestinesi. Quindi, per favore, ricordatelo".