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Alex Zanardi, il risveglio dal coma è la fase più delicata: “Si capirà come funziona il cervello”

La direzione sanitaria dell’ospedale di Siena, dove Alex Zanardi è ricoverato dal 19 giugno scorso, ha interrotto la sedazione assistita con l’obiettivo di un lento e progressivo risveglio dal coma farmacologico. “È una procedura che va fatta in maniera molto attenta, perché le cellule sono in uno stato di sofferenza e la situazione potrebbe anche peggiorare”, ha spiegato a Fanpage il Dottor Massimiliano Valeriani: responsabile dell’unità operativa di degenza neurologica dell’ospedale Bambin Gesù di Roma.
A cura di Alberto Pucci
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Per Alex Zanardi è cominciata la fase più difficile. Al campione di handbike, dal 19 giugno scorso ricoverato in terapia intensiva e in gravi condizioni presso l'azienda ospedaliera universitaria di Siena, la direzione sanitaria ha infatti interrotto la sedazione assistita con l'obiettivo di un lento e progressivo risveglio dal coma farmacologico. Per capire perché questo è il momento più delicato e quali potrebbero essere le eventuali conseguenze, Fanpage ha intercettato telefonicamente il Dottor Massimiliano Valeriani: responsabile dell'unità operativa di degenza neurologica dell'ospedale Bambin Gesù di Roma.

Professore, ci può spiegare perchè per un paziente questa è la fase più rischiosa?

"Nel coma farmacologico il cervello viene messo a riposo, e si ha una situazione di ritmi cerebrali, quindi di funzionamento delle cellule cerebrali, che è simile se vogliamo a quella del sonno in maniera ancora più amplificata. In questa fase di coma farmacologico, essendo l'attività cellulare ridotta, il cervello è protetto. Teniamo conto anche del fatto che il metabolismo delle cellule cerebrali è ridotto e che le stesse consumano di meno.

"Andando a riavviare un po' la macchina cervello, come succede ad esempio proprio per un'automobile, si riattivano anche dei circuiti, delle connessioni cerebrali, che stanno in una fase latente durante il coma farmacologico e questo comporta un lavoro metabolico da parte delle cellule. Chiaramente le cellule sono in uno stato di sofferenza e il fatto di essere stressate e di dover produrre più energia, può anche peggiorare la situazione e può anche portare alla morte cellulare. È quindi una procedura che va fatta in maniera molto attenta".

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Quando potremmo dire che il peggio è passato?

"Dipende anche da quella che è la causa iniziale di questa situazione. Se ci sono state delle lesioni cerebrali, magari in questa fase in cui le cellule cerebrali vengono messe a riposo, le conseguenze funzionali di queste lesioni cerebrali non sono evidenti. Passata questa fase, si capisce che cos'è che non funziona e che cosa invece sta funzionando. Tornando all'esempio precedente dell'automobile, se un auto sta ferma per molto tempo e io la riattivo e riaccendo il motore, se c'è un danno ai freni nel momento in cui la faccio partire io me ne accorgo. Quindi è chiaro che una volta fatta ripartire la macchina cervello, si vede anzitutto quello che è in grado di fare, quindi dove ci sono le funzioni che possono essere riacquistate in maniera piena, ad esempio la funzione motoria degli arti o comunque di alcuni arti o la funzione cognitiva".

"E poi si possono vedere se ci sono anche altre conseguenze delle lesioni cerebrali, per esempio delle crisi epilettiche che spesso in caso di trauma cranico possono essere una conseguenza. Per dire se il peggio è passato oppure no, dipende dunque dall'estensione dalle lesioni e dalle conseguenze che queste lesioni hanno avuto. Se una volta riattivato il cervello, il paziente comincia ad avere crisi epilettiche ravvicinate o addirittura una crisi epilettica molto lunga, non possiamo chiaramente dire che il peggio è passato".

Se il paziente è uno sportivo, come nel caso di Zanardi, può essere un vantaggio?

"Direi assolutamente di sì, sempre con la premessa che il tutto dipende dall'entità delle lesioni subite. Molti studi scientifici dimostrano che lo sport è assolutamente d'aiuto in tante patologie neurologiche del cervello e del midollo spinale. Quindi diciamo che il fatto di essere uno sportivo a livello agonistico, e quindi di avere avuto un cervello che funziona in maniera perfetta, almeno fino al momento dell'incidente, questo può essere sicuramente è un vantaggio. Però, purtroppo, non posso dire che questo sia una garanzia".

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