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Riccardo Cassini: “Bar Stella è la Tv di una volta, con Stefano De Martino ci capiamo subito”

Parla Riccardo Cassini, autore di Bar Stella che riparte il 25 aprile su Rai2. Professionista dalla carriera ricchissima che per la Tv ha fatto di tutto, dai sabato sera di Fiorello e Panariello a sei Festival di Sanremo. Oggi si diverte in questo sodalizio con Stefano De Martino che spazia dalla Tv al teatro, fino all’acquisto di tram d’epoca: “Sanremo? Non è il suo traguardo”.
A cura di Andrea Parrella
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Riccardo Cassini e Stefano De Martino
Riccardo Cassini e Stefano De Martino

Se la televisione funziona, lo si deve al contesto. È una legge non scritta di cui si parla raramente, ma che conosce benissimo Riccardo Cassini, autore televisivo veterano che nella sua carriera ha scritto eventi Tv di ogni tipo, ha lavorato con i principali one man show d'Italia, da Fiorello a Giorgio Panariello ed ha a curriculum sei Festival di Sanremo. Dulcis in fundo, da qualche anno è nato il suo sodalizio con Stefano De Martino, tra i nomi più in voga della Tv in questo momento, volto di programmi come STEP e Bar Stella retti da una geometria che mette al centro proprio il contesto, che deve percepire chi il programma lo fa e chi lo vede da casa. Abbiamo intervistato Cassini in occasione della ripartenza di Bar Stella, che torna dal 25 aprile, in seconda serata su Rai2.

Partiamo da questo incontro con De Martino, quando avviene?

Io e Stefano facciamo un po’ ditta artista-autore da quando ci siamo incontrati a Made in Sud. Io sono un vecchio con la capa da giovane e lui un giovane con la capa da vecchio, almeno per quel che riguarda lo spettacolo. Abbiamo scoperto di avere una grande sintonia e capirci al volo, il rapporto è proseguito in maniera naturale.

De Martino e Herbert Ballerina a Bar Stella
De Martino e Herbert Ballerina a Bar Stella

Bar Stella sembra il risultato di questa intesa.

È una trasmissione piccola, votata all’intrattenimento tradizionale, in cui noi enfatizziamo appositamente la mancanza di qualsiasi risorsa visibile. Non ci sono led, telefonini, esteticamente è la Tv di una volta, siamo molto più antichi di Fiorello che sta lì in Tv con lo smartphone in mano a fare le riprese. È una scelta di maniera, anche perché nella sostanza anche noi puntiamo a un intrattenimento semplice e leggero, vogliamo far sorridere. Fiorello li sveglia, noi cerchiamo di mandarli a dormire.

Ci saranno elementi di novità in questa nuova stagione di Bar Stella, o continuità assoluta?

Ci sarà una continuità e alcuni cambiamenti dal punto di vista del cast, con un paio di nuovi arrivi. Non sarà fisso Giovanni Esposito perché sta girando un film, ma siamo sicuri che se dovesse avere tre ore libere ci sarà sicuramente. Non escludiamo il ritorno.

Lo sostituirà qualcuno?

Non sarà effettivamente sostituito perché il suo personaggio è insostituibile, ma ci saranno due facce nuove: quella di Massimo Bagnato, che sarà il viveur Edmondo l’uomo di mondo, ed Ernesto Lama, sarà un attore impegnato che guarda dall’alto in basso il mondo della televisione. Di base, quello che ci interessa è stare più attenti al carattere personale che al talento, la cosa più difficile da creare è la compagnia di giro, il clima appunto. Per questione meramente anagrafiche ho fatto parte di cose che oggi sono considerate televisivamente leggendarie, dagli Stasera Pago Io di Fiorello ai Torno Sabato di Panariello e la caratteristica, anche in quei casi, era proprio il clima, abbiamo sempre fatto in modo di sembrare la classe in gita fuori porta. Divertimento, scherzi, una gara di qualcosa che duri per tutta la produzione.

Panariello con Baudo a "Torno Sabato"
Panariello con Baudo a "Torno Sabato"

Nel caso di Bar Stella qual è la gara?

Il biliardino. È un elemento che può apparire ininfluente, ma in realtà quando hai creato questa situazione è molto difficile che ci siano screzi nel cast, problemi, difficoltà, lamentele. Diventa un gruppo solidale, stiamo più attenti al carattere che al curriculum: il primo devi portartelo da casa, il secondo te lo scriviamo noi o lo scriviamo insieme. Poi dalla scorsa edizione ci portiamo appresso questa cosa che ogni giorno è il compleanno di Herbert Ballerina, arriva ogni giorno il momento degli auguri. Naturalmente l’unico giorno in cui è capitato il vero compleanno abbiamo fatto in modo da dimenticarlo.

Qualcuno lo chiamerebbe cazzeggio. 

Ma sì perché, al netto del lavoro che facciamo, il risultato finale deve essere la risata o il sorriso, studi scientifici dimostrano che ridere fa bene.

La Tv di Arbore alla quale vi ispirate era breve e memorabile. Indietro tutta durò poco più di 60 puntate. Vale lo stesso per Bar Stella?

Sicuramente non perdurerà come è uso e costume di questi tempi nella Tv generalista. Già sappiamo da ora che non faremo come il Grande Fratello 18 o Ballando con le Stelle 35, continueremo nel fare cose che ci piacciono, ma in modi diversi. D’altronde chiamiamo questa che sta per iniziare terza stagione, ma la prima fu una specie di flash per capire se la cosa potesse funzionare. Il vero Bar Stella è quello di questa stagione, con tre sere a settimane, noi pensavamo addirittura dal lunedì al venerdì quando lo abbiamo concepito.

Quindi non durerete per sempre?

Nello spettacolo teatrale che stiamo portando in giro con Stefano ("Meglio stasera", di cui Cassini cura la regia) lui cita all’inizio dello spettacolo il caso dei Beatles: in 9 anni hanno fatto tutto e si sono pure sciolti. Figurarsi De Martino e Cassini.

La sensazione è che questo clima di cui parli non sia costruito. Quanto c'è di scritto in Bar Stella?

Al netto dei numeri specifici e le canzoni, cerchiamo di fare in modo che non tutti sappiano tutto, soprattutto Stefano. Ci conserviamo lo spazio affinché lui possa sorprendersi e divertirsi spontaneamente.

Hai fatto anche sei Festival di Sanremo: Panariello nel 2006, due Baudo successivi e le tre edizioni di Conti. Stefano De Martino sembra un candidato naturale all'Ariston. Tu ce lo vedi?

Non è un traguardo che ci siamo immaginati. Si parla di Sanremo perché è legato alla sua scelta di fare principalmente il conduttore, ma Stefano è molto eclettico e con lui possiamo spaziare grazie a questa compagnia di giro che si è creata e che si adatta con diversi interpreti alle varie circostanze. Sanremo è una roba enorme, molto larga rispetto ai parametri che decretano il successo di un'operazione, è un salto nel buio. Non so dire se accadrà o meno, ma diciamo che, da parte mia per ragioni anagrafiche, e di Stefano per lavori alternativi, c’è questa cosa che entrambi non dobbiamo vivere di televisione. Ci consentiamo il lusso di fare una cosa solo se ne siamo convinti. Abbiamo detto dei no e penso che i no, in generale, ti rafforzino.

I tuoi Sanremo risalgono a un tempo in cui l'evento non aveva ancora l'appeal di oggi. Il triennio di Conti è un po' il laboratorio dell'evoluzione del Festival negli ultimi anni?

Sicuramente da Carlo Conti in poi si è man mano abbandonata quella necessità che si avvertiva prima di una cornice nel racconto del Festival molto presente. Ricordo edizioni come quella di Fabio Fazio dedicata alla bellezza, Panariello che scelse di puntare sull'eccellenza con la decisione, tra le altre cose, di affidare a Dante Ferretti la scenografia. Carlo Conti a un certo punto si è chiesto se ci fosse il bisogno di tutte quelle sovrastrutture. Ha detto "io faccio il conduttore, mi piace la musica, le persone vogliono sentire quello", così da allora si è andati progressivamente verso un aumento di cantanti e canzoni e riduzione della logica di ospiti altisonanti e stranieri. Con Amadeus si segue questa scia ad andare al succo della questione e tornare un po' alle origini del Sanremo di un tempo.

Carlo Conti d'altronde è un metronomo della conduzione.

Sì, ha in testa il termometro del pubblico, sa benissimo quando accelerare, quando ridurre la velocità. Sotto questo punto di vista è il più forte di tutti.

Della televisione si parla male, c'è un pregiudizio forte verso il mezzo.

Se ne parla malissimo e c'è soprattutto grande difficoltà a far rientrare lo spettacolo di intrattenimento leggero nell'ambito di un briciolo di considerazione. Come noto, da Totò in giù si è sempre considerati ammennicoli, un di più, giullari, dimenticandosi proprio dello scopo salvifico della risata e della leggerezza, intesa proprio in senso calviniano.

Come la vivi da autore?

Diciamo che il mio approccio è quello di non guardare mai ai massimi sistemi. Con la televisione ho sempre lavorato sapendo che mi veniva affidato un reparto di un disegno molto grande e io semplicemente facevo quella cosa lì. Parto dal basso, se accade qualcosa di grande mi fa piacere averne fatto parte. È chiaro che con il passare del tempo anche le mie responsabilità sono cresciute un po', quindi adesso io sono pomposamente definito capoprogetto, da De Martino a Brignano. Fino a fare il regista di uno spettacolo teatrale, come sta accadendo ora, cosa che mi ha fatto capire l'importanza del delegare nella gestione di un progetto.

Prima di essere autore tu sei stato anche comico a tutti gli effetti, salendo sul palco. 

Io sono stato sul palco per un brevissimo momento da comico che tendo a disconoscere e nascondere. Ero diventato noto con un librettino sulla Nutella che aveva venduto un milione e mezzo di copie. Scrittore ero e scrittore sono rimasto, ma dato che andavo con questo libretto in mano al Maurizio Costanzo Show, mi riconoscevano come "il comico della Nutella". Provai a smentire la cosa dal principio, sottolineando che ero un semplice venditore di auto usate di Secondigliano, ma quando vieni a sapere con l'animo da impiegato che per una sera che stavi sul palco ti davano il corrispondente di un mese di stipendio, allora lo fai. Però lo capivo che non mi piaceva, non voglio essere al centro dell'attenzione.

Per un autore è un dato positivo, se si considera che devi sottrarti e non sovrapporti a chi dice sul palco le cose che scrivi.

Questo sì e credo che le persone che lavorano con me lo notino. Chi mi ha chiamato negli anni, da Panariello a Fiorello, passando per Brignano, sa che a me non importa nulla di stare sul palco. Il fatto che mi richiamino è una riprova. È raro, infatti, che gli artisti si rivolgano ad un autore se pensano che abbia desiderio di andare sul palco, perché si chiedono: "ma se a questo viene la battuta del secolo, la scrive a me o se la tiene per lui?".

La passione per la scrittura applicata allo spettacolo nasce da qualcuno in particolare?

Ho uno zio che si chiamava Dino Verde, dell'accoppiata famosa di autori, Amurri e Verde, ha scritto cose come Piove (Ciao ciao bambina) e Resta cu' mme. Ci saremo incontrati cinque o sei volte in vita, ma qualcosa di dna sarà rimasto, tant'è che io, al netto della mia carriera da venditore d'auto, sono sempre stato uno scrittore.

Hai detto di essere stato al Maurizio Costanzo Show, una fucina infinita di talenti.

Costanzo era un amplificatore, quindi succedeva che se tu eri bravo, diventavi bravissimo, se eri cretino diventavi un cretinissimo. Io riconosco la paternità a Costanzo di tantissimi fenomeni, per quanto qualcuno ha avuto la vita un po' più breve. D'altronde il quarto d'ora di celebrità capita a tutti.

Programmi come quelli non possono più esistere?

Dirò una cosa da vecchio, ai tempi del Costanzo Show vero il talento si poteva mostrare, ma tutto è finito con l'avvento dei reality, perché a quel punto le persone normali sono state messe in televisione, il mondo ha scoperto che chiunque può fare Tv e quindi la televisione l'ha iniziata a fare chiunque. Per determinati campi dell'arte non credo sia giusto. Dobbiamo sempre pensare che una volta c'era un solo canale televisivo, quindi lo spazio per fare spettacolo e comicità era ridotto e c'erano solo i migliori. Mina, Mike Bongiorno, Pippo Baudo, tutti fenomeni, l'imbuto era molto stretto e quindi era normale. Se tu apri altri negozi, è chiaro che la forbice si allarga, con l'effetto che oggi i fenomeni devi andarli a cercare.

Da addetto ai lavori pensi la televisione prima o poi morirà?

Credo che tenderà alla marginalità. Qualche giorno fa, parlando con Panariello di cui stiamo preparando il ritorno a teatro, notavamo che quando facevamo Torno Sabato la media di ascolti era del 40%, che ad oggi sembrano cifre surreali. Ma mentre noi lo facevamo, veniva ospite Mike Bongiorno  che diceva "eh ragazzi, oggi dovete accontentarvi di questo, ai miei tempi io facevo 25 milioni di telespettatori". Oggi si fanno cose più mirate, per questo devi farle su misura e di qualità, non c'è alcun record da battere.

Gli ascolti sono il tormento di un autore?

Non sono contro i sistemi di misurazione, ma critico molto l'Auditel. Tiene conto solo di una sciocchezza, un numero che determina uno abbia vinto e uno abbia perso. Ancora peggio lo share, che ti permette di giocare con gli orari, la durata del programma, le medie. Ogni trasmissione risente di questo meccanismo.

Non credi però che la misurazione stessa sia qualcosa che distingua la televisione come mezzo? Per le piattaforme la misurazione non c'è, ognuno dà i suoi numeri e non valgono nulla.

Però, non dovendoti basare su una mera classifica molto sciatta e fallibile – ricordiamo che questo sistema è in mano a macchinette per niente attendibili – dai un parere sul prodotto. La mia luce in fondo al tunnel sono proprio le piattaforme, c'è un auditel automatico, se c'è una seconda stagione tu capisci che è andata bene, altrimenti no. Però almeno si parla di contenuti, non chi ha vinto o perso.

Gli ascolti e lo share fanno così parte della grammatica televisiva da condizionare la scrittura della televisione.

Lo share è un trucchetto che io stesso ho usato. Ci giocavamo su per fare la battaglia del sabato sera tra Fiorello da una parte e Maria De Filippi dall'altra, giocavamo a chi finiva più tardi la notte. La maratona l'abbiamo inventata noi, Fiorello entrava con un letto matrimoniale, si stendeva e diceva "adesso continua la guerra con Maria De Filippi, lei mette un'altra cassetta con un'altra storia e io vado avanti con un altro ospite". Però ripeto, credo lo share non abbia senso di esistere, non vuol dire nulla che io e te facciamo la corsa dei 100 metri, tu li completi e io continuo a girare per tutta la notte. Troviamo semmai due parametri, decidiamo questa pista dove inizia e finisce, quindi gli orari specifici, e poi contiamo le persone che hanno visto qualcosa. Non so perché lo share abbia preso il sopravvento, non riesco a capirlo.

Fiorello con Pino Daniele ai tempi di Stasera pago io
Fiorello con Pino Daniele ai tempi di Stasera pago io

È vero che hai comprato un vecchio tram di Napoli con Stefano De Martino?

Lo confermo ed è colpa mia. Ho la vita votata ad acquisti dissennati soprattutto nell'ambito del muoversi e in pieno lockdown mi contatta mio cognato, che mi conosce, segnalandomi questa notizia della vendita dei tram all'asta. In quel momento lavoravamo a Made in Sud, mi è venuto in mente che Stefano De Martino mi avrebbe potuto seguire in questo progetto dissennato. Facciamo un'offerta all'asta, dopodiché si solleva la polemica, il Movimento 5 Stelle contro la svendita della storia di Napoli. Ce ne dimentichiamo completamente e dopo due anni mi arriva una lettera in cui ci confermano che ci eravamo aggiudicati il tram 987, come l'anno del primo scudetto del Napoli di Maradona. Adesso lo abbiamo trasferito in un posto per farlo rimettere a nuovo.

Che intendete farci?

Stiamo provando a capire se possiamo metterlo in condizioni di camminare sulle rotaie oppure no. Ce l'hanno fatta città come Roma e a Milano, dovesse essere possibile a Napoli, l'intenzione sarebbe quella di fare una specie di Bar Stella itinerante, non come spettacolo, ma come il vero Bar Stella del nonno di Stefano. L'idea è un caffè letterario in cui l'elemento letterario prevarica rispetto al caffè.

Nulla di televisivo, insomma? Si parlava di un programma sul tram.

Di base no, ma poi mai dire mai. Anche la mia barca ha fatto il video di Liberato senza saperlo.

Cioè?

Un paio di anni fa Liberato ha pubblicato la canzone "Capri rendez vous" e nel video, ambientato negli anni Cinquanta, in bianco e nero, c'è un'attrice che arriva su una barca che è la mia e io con grande stupore e grande allegria vedo nel video la signora che sale coi tacchi a spillo sui miei delicatissimi cuscini.

Deve essere stato un dolore atroce. Ci sono altri cimeli da registrare?

Mio cognato mi ha scritto di recente, avvisandomi che sarebbe stata messa in vendita la macchina di Totò, una vecchia Cadillac datata 1954, interamente rivestita all'esterno in velluto. Messaggio immediatamente inoltrato a Stefano De Martino.

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