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La Gialappa’s: “Torneremo in tv ma non sappiamo dove. I Mondiali in Rai? Una bruttezza estenuante”

La Gialappa’s Band festeggia i 37 anni di carriera con un libro. Intanto, Piersilvio Berlusconi li aveva annunciati nei palinsesti Mediaset ma il trio si mostra più loquace sui Mondiali del Qatar, il bullismo e le vittime che “fanno le vittime”. Non mancano stoccate al Gf Vip e alla Rai (che si è “dimenticata” di loro?). Impossibile non notare, l’assenza del Signor Carlo che dicono sia “ai domiciliari presso se stesso”.
A cura di Grazia Sambruna
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Mai Dire Noi è il libro con cui la Gialappa’s Band celebra i trentasette anni di carriera. Marco Santin, Giorgio Gherarducci e Carlo Taranto hanno fatto la storia della comicità televisiva e oggi ci accolgono negli studi dove commentano i Mondiali del Qatar in diretta su Twitch. Un’avventura a cui il “signor Carlo” non sta prendendo parte, infatti lo troviamo collegato dalla sua casa in Liguria: “È ai domiciliari”, precisano gli altri due. “Perché? Ci sono i Mondiali?”, domanda lui via Zoom.

Dopo averci assicurato che non ci siano tensioni all’interno del trio, la domanda è inevitabile: quando li rivedremo in tv? Di sicuro, non sono stati chiamati per Il Circolo dei Mondiali con Alessandra De Stefano affiancata da Jury Chechi, Sara Simeoni e Diego Antonelli, e “non parteciparvi per noi è una medaglia. Trovo quella trasmissione di una bruttezza estenuante”, precisa Santin. Poco male. Anche perché durante la presentazione dei palinsesti Mediaset, Pier Silvio Berlusconi aveva annunciato il ritorno della Gialappa’s per una serata evento di Mai dire gol nel 2023. A oggi, però, stando almeno alle risposte del trio, pare che la situazione sia meno certa: “Torneremo in tv, ma non sappiamo ancora dove”.

In attesa di scoprirlo, è legittimo chiedersi se di questi tempi sarebbe possibile avere la stessa libertà nella presa in giro che li ha resi vere e proprie colonne portanti per la memoria televisiva collettiva nel corso degli anni. “Alcune cose del politicamente corretto non ci trovano d’accordo”, sottolinea Gherarducci, “inoltre oggi il termine ‘bullismo’ viene usato spesso a sproposito. Le ‘vittime’ fanno le ‘vittime’ anche quando non lo sono e magari nemmeno ci si sentono”. Una chiacchierata a 360 gradi con due canaglie (più una da remoto) che, eccezionalmente, riuniscono le forze: “lo facciamo solo per le rotture di coglioni, come questa intervista” (ridono, ndr).

37 anni di Gialappa’s Band. Come è nata questa “associazione maschiosa” e perché c’entra un pandoro? 

Giorgio Gherarducci: La Gialappa’s Band è nata assolutamente per caso a Radio Popolare nel 1985.
Marco Santin: Il pandoro c’entra perché ce l’aveva in testa Carlo la prima volta che l’ho visto. Era a casa di un amico comune che abitava al piano di sotto rispetto a me. Per fare gli spiritosi, sono saliti tutti da me e Carlo avevano proposto di mettere la testa dentro un cartone di pandoro: “Così che fai un figurone”. Pensavano di impressionare mio padre, invece impressionarono me. Nel senso che pensai: “Ma chi è questo idiota?”. Mio papà felicissimo: lo accolse come fosse un mio fratello e finì per mettersi quel pandoro pure lui. Questo giusto per dire in che famiglia sono cresciuto. 

Scrivendo il libro, vi siete trovati sempre d’accordo sui ricordi da inserire o c’è stato qualche disaccordo su come sono andate le cose? 

Marco Santin: Non abbiamo mai litigato davvero, ma ci sono state molte cose su cui non ci siamo trovati d’accordo. Anche perché le memorie di ognuno di noi sono diverse.
Giorgio Gherarducci: Infatti alcuni aneddoti che trovate nel libro, hanno tre versioni differenti. Un po’ come Rashomon di Kurosawa.
Carlo Taranto: Vi basti pensare che c’è un breve capitolo capito, un racconto che faccio io da cui Marco e Giorgio si dissociano in forma scritta nel libro. Hanno aggiunto un post scriptum al termine per prendere le distanze, nero su bianco. 

È per questo che il Signor Carlo è in esilio? 

Giorgio Gherarducci: Non è in esilio, è ai domiciliari.
Marco Santin: Sì, ai domiciliari da se stesso. 

Pier Silvio Berlusconi ha annunciato il ritorno in Mediaset per la Gialappa’s nel 2023… 

Giorgio Gherarducci: No. È previsto un ritorno della Gialappa’s in tv. Vi diremo poi più avanti dove. 

Dopo avervi visti ospiti da Fazio a Che Tempo Che Fa, Aldo Grasso ha scritto: “Francamente non riesco a capacitarmi come a Cologno Monzese abbiano potuto rinunciare alla Gialappa’s band”.

Marco Santin: È stato gentilissimo a scrivere questa cosa. È un suo punto di vista che condivido abbastanza.
Giorgio Gherarducci: Detto questo non è che da altre parti si siano ricordati di noi: quando siamo andati da Fazio, non è che ci ha chiamati la Rai, ci ha chiamati Fazio. E lì c’è stata una bellissima celebrazione che però in genere è una di quelle cose che si fa post mortem. Abbiamo avuto la fortuna di assistere al nostro funerale. 

Al momento, state commentando i Mondiali su Twitch, altri lo fanno per la Rai. Rosicate un po’?

Marco Santin: Onestamente non partecipare al Circolo dei Mondiali secondo me è una medaglia. Ne ho visti un quarto d’ora un paio di sere e lo trovo di una bruttezza estenuante. 
Giorgio Gherarducci: C’è anche da dire che fare i programmi dopo le partite dei Mondiali non è mai facile. Perché ti chiedono sempre di parlare di sport ma di fare anche spettacolo. Trovare la giusta alchimia tra questi due elementi, spesso dopo una partita molto sentita dagli spettatori, è davvero molto difficile. Credo non ci sia riuscito mai nessuno finora. 

Un commento su Daniele Adani? 

Giorgio Gherarducci: Come telecronista Adani è Adani. È sempre stato un po’ sopra le righe, ma almeno obiettivamente è competente. 

In 37 anni di carriera, c’è qualcosa che vi siete “pentiti” di aver fatto o che, guardandovi indietro, non rifareste? 

Giorgio Gherarducci: Un’operazione che non avremmo mai dovuto fare è Mai Dire Talk. Fare un programma comico di tre ore e soprattutto di sole sei puntate per noi era, col senno di poi, sbagliatissimo. Infatti, abbiamo sempre funzionato con format di tante puntate, ognuna di breve durata.
Marco Santin: Comunque non è che ce ne siamo “pentiti”, non era una trasmissione vergognosa. C’erano Forest, Ornano, Brenda Lodigiani… Cose anche molto divertenti. 

Oggi in tv avreste la stessa libertà di un tempo?

Giorgio Gherarducci: Certe cose, purtroppo, non si potrebbero rifare. Per esempio, Alfio Muschio: era un leghista che, per via di una maledizione, si ritrovava nel corpo di un uomo di colore, aveva necessariamente quella che oggi viene definita “black face”. Ora un personaggio così non si potrebbe più fare. O quantomeno ti romperebbero parecchio le scatole. Ci sono alcune cose del politicamente corretto che non ci trovano particolarmente d’accordo.
Carlo Taranto: Penso a Betello. La prima volta ci chiamò dicendo che si stava divertendo tantissimo a vedere i suoi strafalcioni al Tg1 mandati in onda da noi. La seconda, ci disse invece, preoccupato: “Qui mi licenziano!”. Quindi cosa si può (o non si può) mandare in onda, dipende certo dall’opinione pubblica ma anche dalla reazione delle “vittime”. Mi sbaglierò, ma oggi vedo molta più difficoltà ad accettare la presa in giro. 

Giorgio Gherarducci: A volte, secondo me, le vittime fanno le vittime anche quando non lo sono o non si sentono tali. Prendere in giro, poi, non vuol dire bullizzare. Sono due cose molto diverse. Adesso molta gente usa il termine “bullismo” a sproposito. 

Qual è la differenza? 

Marco Santin: Noi prendiamo in giro, sì, ma prendiamo in giro prima di tutto noi stessi.
Carlo Taranto: Credo ci sia stata l’impressione, sbagliata, che noi volessimo prendere in giro qualcuno a priori. Mentre non abbiamo mai avuto nessun interesse in questo. L’abbiamo fatto sempre “a posteriori”: cioè chi sbagliava un congiuntivo o un goal, oppure fa una figuraccia al Grande Fratello, veniva preso in giro nei nostri programmi. Ma non ce l’abbiamo mai avuta con nessuno in particolare.
Giorgio Gherarducci: Pensate che ogni anno gli autori del Grande Fratello ci chiamavano per dirci: “Abbiamo preso Pippirircchio, sarà perfetto per voi!”. E quello, puntualmente, non ci forniva niente. 

E quest’anno state seguendo il Grande Fratello Vip? 

Giorgio Gherarducci: No. Un po’ perché per lavoro non lo dobbiamo fare, ma soprattutto perché ha preso una deriva eccessivamente trash e drammatica che non ci interessa.
Carlo Taranto: Poi ormai sarebbe difficile prendere in giro il Grande Fratello perché dura troppo poco. Comincia e finisce subito. Quindi come fai? (scherza, ndr) 

Meglio Sanremo? 

Marco Santin: Non commentare Sanremo per noi è come non festeggiare il Natale. Poi è quello che fanno tutti gli italiani: chi è che guarda seriamente il Festival? Ci si ritrova coi gruppi d’ascolto e si prende in giro chi c’è sul palco.
Giorgio Gherarducci: Quest’anno, in particolare, non ho seguito molto l’annuncio dei Big ma mi aspetto molto da Anna Oxa. Di lei Boncompagni disse: “Ah, brava quella che canta con le Bestie di Satana!”. 

La Gialappa’s ha ancora un sogno nel cassetto come progetto per il futuro? 

Marco Santin: Di sogni nel cassetto mi sembra che ce ne siamo tolti parecchi. Vogliamo continuare a fare questo lavoro. Due di noi di più, il signor Carlo un po’ meno…

Come mai?

Marco Santin: Stiamo spesso in due perché il terzo non ha più voglia di lavorare. Ma non con noi, proprio in generale. È un suo diritto, mica possiamo obbligarlo tutta la vita. Poi,  nello specifico, di seguire i Mondiali su Twitch non gliene frega niente.
Carlo Taranto: Ah, ci sono i Mondiali? 

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