Elda Alvigini, Stefania de I Cesaroni: “Max Tortora non sarà rimpiazzato. Chi non è tornato non va condannato”

La rivedremo presto in tv nella nuova stagione de “I Cesaroni”, ma dal 24 ottobre Elda Alvigini sarà pure in libreria, dove approderà con il suo primissimo romanzo. “Sono al debutto – svela l’attrice a Fanpage.it – anche se in realtà ho sempre scritto. I miei spettacoli teatrali, che portano lo stesso titolo, nascono da una mia idea e sono realizzati con Natascia Di Vito”.
Il titolo dell’opera? “Inutilmentefiga”, scritto tutto attaccato. “Questo perché non si fa riferimento ad una questione estetica, bensì di identità. ‘Inutilmente figa’ è la maniera in cui mi sono sempre definita. I miei amici dicevano sempre ‘quanto sei figa’, commentando qualche risultato raggiunto, o qualcosa che avevo fatto. Io ci piazzavo sempre un ‘inutilmente’ davanti, perché passasse l'idea che questo atteggiamento non è da vincitrice, ma da vincente".
Edito da Santelli, “Inutilmentefiga” trae spunto dall’omonima fatica che la Alvigini portò con successo a teatro nel 2012. “All’epoca dello spettacolo teatrale avevo il desiderio di far sapere al pubblico che non ero soltanto la spalla di Max Tortora, ma che avevo una mia verve comica. Sono cintura nera di improvvisazione e con Max ci siamo capiti subito, divertendoci molto. Quindi ecco l’esigenza di uscire ulteriormente allo scoperto: “Volevo far conoscere al pubblico la mia capacità comica, che tra l’altro scoprii facendo ‘I Cesaroni’. Il romanzo che nasce oggi ha però in comune con lo spettacolo solo il titolo e il nome della protagonista".
Perché far passare tredici anni per l’uscita del libro?
Non è stata mia l’idea. Non avrei mai pensato di scrivere un libro, avevo pronto il materiale per una serie e due versioni di un film tratti dallo spettacolo, che purtroppo finora non sono riuscita a realizzare. Ho raccolto la provocazione di un'amica che mi ha suggerito di scriverci un romanzo. Ho dunque deciso di partire da questo personaggio. Nel frattempo sono passati più di dieci anni e sono successe tante cose, compreso il covid. E in questo nuovo mondo ho pensato di iniziare la storia. Si comincia infatti con la protagonista che cerca disperatamente il centro vaccinale dopo il primo lockdown.
E’ un romanzo autobiografico?
La protagonista si chiama Elda e ha una visione leggermente spostata della realtà rispetto al senso comune. Non la definirei propriamente ‘pazza', ma strana senz'altro. Ci sono alcune cose vere, altre completamente inventate. Ad esempio non faccio mai riferimenti al mio lavoro d’attrice: volevo che ogni donna potesse identificarsi.
Accennavi alla volontà fallita di trasformare lo spettacolo in una serie, o un film. A chi affideresti il ruolo di protagonista?
Sono cose che eventualmente deciderebbe il produttore. Se ci tenessero, potrei fare una delle amiche. Sono quattro protagoniste, una è particolarmente cinica, mi divertirebbe molto poterla interpretare. Ma potendo scegliere ci terrei più a fare parte del team di scrittura.
Come mai, secondo te, nessuno ha sposato il tuo progetto?
Forse c’è un pregiudizio per via del fatto che sono un’attrice. ‘Non reciti più?’, mi domandavano quando proponevo l’idea. E non capivo perché se una donna sa scrivere allora deve smettere di recitare. C’è poco da fare. Hai visto quanto tempo ha impiegato Paola Cortellesi per fare il suo film? E parliamo della Cortellesi. L’unica attrice che forse è passata alla regia senza troppa fatica è Valeria Golino. Ha dimostrato sin dal primo lavoro di essere una bravissima regista. Mi piacerebbe molto essere diretta da lei. E poi c’è un altro aspetto.
Quale?
Incrociando le dita e facendo tutti gli scongiuri del caso, se il romanzo avrà successo, magari la serie me la faranno fare. Scherzi a parte, avendo un padre scrittore e poeta, Claudio Alvigini, ero parecchio restia nel cimentarmi. E’ stato lui a farmi amare la lettura e la scrittura, tanto che a 12 anni mi inventai una versione comica di Dracula dopo aver letto ‘Citarsi addosso’ di Woody Allen. Questo è un altro aspetto intimo che mi ha spinto a scrivere.
Nel libro dedichi ampio spazio al tuo nome, perennemente storpiato. Hai mai pensato ad un nome d’arte?
Come no. Il primissimo giorno al Centro Sperimentale di Cinematografia, Caterina D’Amico sbagliò a pronunciarlo. ‘Dobbiamo inventarci uno pseudonimo’, affermò. La guardai perplessa, anche perché c’erano Laura Verga e Maria Pia Calzone. Perché io avrei dovuto cambiarlo e loro no (ride, ndr)? Pensai a delle alternative, ma alla fine dissi ‘no, non esiste, tengo questo’. Senza contare che ai tempi il mio obiettivo era esclusivamente il teatro e pensavo di possedere un nome elegante, seppur lungo.
Scherzando, scrivi che persino il tuo Mac lo ripudia.
Proprio così. Quando lo trascrivo me lo storpia, o me lo segna come un errore.
Se si sbircia qualche tua biografia in rete, si lega il tuo esordio al cinema al film “Muro di gomma”.
E’ un errore, nel mio curriculum quel film non lo inserisco mai. Fu una semplice esercitazione di noi studenti del Centro Sperimentale. Facemmo le comparse in una scena di redazione: se frequentavi il Centro non potevi contemporaneamente lavorare. Per noi fu un giorno di scuola.
Il tuo battesimo ufficiale sul grande schermo dunque a quando risale?
Al 1993, con ‘La scorta’. Avevo fatto il provino mentre finivo l’esperienza del Centro Sperimentale. Ferzan Ozpetek era allora l’assistente di Ricky Tognazzi. Mi fecero provare la parte che poi sarebbe andata a Lorenza Indovina. Avendo origini siciliane la riscrissi tutta in dialetto. Andò talmente bene che Simona Izzo e Ricky inventano un ruolo per me, quello della pasticciera, che non c’era nella sceneggiatura di partenza. È una storia che mi ha dato molta forza nei momenti di non lavoro, perché sapere che quella parte era stata scritta per una giovanissima appena diplomata rappresentava la possibilità di riuscire a fare davvero l’attrice.
Nel 2001 apparisti per pochi secondi in “Mari del sud” di Marcello Cesena.
Marcello mi volle assolutamente, avevamo lavorato benissimo assieme in uno spot dell’Algida di cui era stato regista. Dovevo dire due battute, quasi una figurazione speciale. Hai voglia a dirgli di no, chiesi anche una cifra senza senso per farlo desistere, ma niente da fare, lui accettò!
Tra l’altro nel film fanno piccole comparsate pure Vanessa Scalera e Lucia Ocone.
Non ci avevo fatto caso, me lo fai notare tu. Sono felice di aver condiviso l’esperienza con due brave colleghe. Per ironia della sorte, Lucia l’ho ritrovata in questa stagione dei ‘Cesaroni’.
A proposito di “Cesaroni”, sei una delle poche che può vantarsi di esserci stata in tutte le stagioni.
Tra le donne sono l’unica che c’è sempre stata. Ti confesso che non ho mai lavorato bene come quest’anno. Amendola alla regia è bravissimo, usa tanto la steadycam, c’è dinamismo. Ci sono molte new-entry, tra cui la stessa Lucia e Ricky Memphis, il più Cesaroni di tutti, come afferma giustamente Claudio.
La prima messa in onda risale al settembre 2006. Come fosti scelta?
Svolsi il provino nel 2004. La casting Chiara Meloni chiamò la mia agente e la avvisò che si stava per girare questa fiction tratta da una serie spagnola. In quel periodo ero a Genova dove stavo girando ’48 ore’, un bellissimo prodotto che purtroppo non venne capito. Interpretavo la moglie di Amendola, pensa tu.
Ti mandarono il copione?
Mi recapitarono quattro scene per il provino che avrei dovuto tenere a Roma due giorni dopo. Non solo avevo solo due giorni per studiarmi quattro scene, ma erano pure comiche. Oltretutto, dopo aver girato scene drammaticissime la notte precedente a Genova. Per me era impossibile e mi rifiutai. Spiegai che avrebbero dovuto avvertirmi almeno una settimana prima.
E come andò?
Come spesso succede, in quella prima tornata di provini probabilmente non trovarono quello che cercavano e dopo un po’ mi richiamarono, stavolta con una settimana di anticipo. Tenni il provino esattamente il giorno del funerale di Papa Wojtyla. Ma sai qual è l’aspetto più incredibile?
Spara.
Lo svolsi via Poma, dove era stata uccisa Simonetta Cesaroni. E non sapevamo che titolo avrebbe avuto la serie. Veniva denominata ancora ‘Los Serranos’, in versione spagnola. Recitai al massimo della rilassatezza e improvvisai, convinta che non mi avrebbero scelta.
Ti comunicarono subito che, al contrario, eri stata presa?
No, non seppi più nulla. Mi ero rimessa a studiare ed ero al secondo anno di Medicina. Volevo prendere un’altra laurea, dopo quella in Lettere. Quando mi telefonarono per darmi la notizia, la mia reazione fu ‘cazzo no, devo seguire Biochimica’. Ormai mi ero sintonizzata su altre frequenze.
Alla fine la seconda laurea riuscisti a prenderla?
No. Per un anno provai a fare entrambe le cose, poi fui costretta a rinunciare.
L’accoppiata con Max Tortora riscosse fin da subito parecchi apprezzamenti.
Max venne scelto dopo di me. Feci diversi provini con dei miei potenziali mariti, ma volevo lui. Chi non era innamorato delle imitazioni che faceva in tv? Sapevo che era impegnato a teatro con la mia amica Michela Andreozzi e le chiesi di dire a Tortora che avrei voluto vederlo il giorno prima del provino, per prepararlo bene. Provammo una scena a tavola, in un locale. Lui era pessimista: ‘Non mi prenderanno, sono troppo alto’.
Sbagliava.
Mediaset capì che funzionavamo e diventammo a tutti gli effetti dei co-protagonisti, contrariamente a quanto previsto nel copione. Nella vita ci vuole talento, ma pure una buona dose di fortuna e casualità. Non basta essere bravi.
Tornate a dodici anni di distanza dall’ultima stagione, che – diciamocelo – non fu un successo d’ascolti.
Torniamo perché gli episodi rimandati su Netflix hanno goduto di un successo straordinario e tanti sono stati i giovani che ci hanno scoperto. Preferisco non definirla una settima stagione, ma una nuova stagione, perché non ripartiamo da dove ci ha lasciato il pubblico. Sono passati dodici anni per tutti e gli attori sono per il 70 per cento inediti. Il cast ‘teen’ è molto nutrito, con ragazzi bravissimi. Un buon ritorno si manifesta quando avviene la trasformazione, le minestre riscaldate non funzionano. Detto ciò, non dimentichiamoci che ci sono pezzi da novanta, non ci siamo arrabattati. Una decisione intelligente è stata quella di evitare le sostituzioni. Attori che il pubblico ha tanto amato non puoi rimpiazzarli.
Ti riferisci a Tortora.
Esatto. Non avrò un altro fidanzato, non sarebbe stato accettato. Questa è la forza di questa nuova versione. Tante novità, con alla base l’anima dei ‘Cesaroni’.
I ritorni dopo pause lunghissime sono sempre rischiosi.
‘I Cesaroni’ hanno una qualità da reality, la gente si identifica, viviamo i tempi che ci circondano. Stefania non sarà più quella di dodici anni fa, non la vedrete più arrabbiata. Tornerà a fare la dirigente scolastica, avrà digerito l’abbandono di Ezio e riabbraccerà il figlio Walter, ormai divenuto un uomo.

Appunto perché sei stata presente in tutte, a tuo avviso c’è stata una stagione riuscita meno delle altre?
Personalmente mi sono sempre divertita, il giudizio spetta al pubblico. Forse quella che mi convinse di meno fu la quarta, nella quale Giulio ebbe il flirt con le due sorelle. Era una dinamica delicata da toccare.
Molti attori si sono rifiutati di tornare. Vi aspettavate una maggiore adesione per la reunion?
Spesso le persone non tengono conto del fatto che gli attori lavorano un sacco e che magari qualcuno può aver preso già degli impegni. A questo aggiungiamoci la libertà che ci assicura il nostro mestiere. Può succedere che gli attori perdano la connessione col personaggio e che quindi preferiscano abbandonarlo. Lo so che il pubblico può rimanerci male. Ma se ci sarà onestà intellettuale, sono certa che verrà conquistato dalle nuove storie.
Non possiamo non parlare di Antonello Fassari.
Nella prima sceneggiatura Cesare Cesaroni c’era. Poi la sua salute si è aggravata e dopo la sua morte è stata riadattata. I ciak, infatti, sono slittati. Antonello è con noi, hanno trovato un modo per renderlo ugualmente presente. Sarà un’assenza fondamentale perché Fassari era Cesare e Cesare era la bottiglieria. ‘Che amarezza’ è diventato un modo di dire identificativo, ormai lo usano tutti.

Qual era il clima sul set?
Abbiamo sentito la sua mancanza, tuttavia ho percepito costantemente la sua presenza, e lo confesso da atea. Antonello è in questa stagione. Ancora non riesco a parlarne senza commuovermi. Fassari era di una generosità rara, un collega perennemente in ascolto.
Hai mai temuto che il personaggio di Stefania ti rimanesse incollato addosso?
Non l’ho mai sofferta, ma sempre amata, e non ho avuto dubbi nell’accettare l’invito a partecipare alla nuova stagione. Perché mai avrei dovuto declinare? Devo tutto ai ‘Cesaroni’ e se le persone verranno il 24 ottobre alla presentazione del mio libro a Roma alla libreria Spazio Sette alle 18.30, è perché sono diventata popolare grazie a questa serie. Mi sento molto amata e posso solo che ringraziare. Viva ‘I Cesaroni’ sempre. Detto ciò, sono pure altro. Ho una mia vita al di fuori della serie, fatta di affetti innanzitutto e di altre passioni che cerco di coltivare.