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Sparatoria a Fidene

Strage di Fidene, chiuse le indagini su Claudio Campiti accusato di 4 omicidi volontari

Accusato di 4 omicidi e 5 tentati omicidi per la strage di Fidene, Claudio Campiti rischia di finire a processo. La Procura ha chiuso le indagini e chiederà il rinvio a giudizio.
A cura di Alessia Rabbai
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Rischia di finire a processo Claudio Campiti, il cinquantasettenne accusato di quattro omicidi volontari e di cinque tentati omicidi durante un'assemblea di condominio del consorzio Valleverde in via Monte Gilberto a Roma l'11 dicembre del 2022. Come riporta Il Messaggero la Procura della Repubblica di Roma ha chiuso le indagini a suo carico e chiederà il rinvio a giudizio.

Il pubblico ministero ritiene che ci siano state inoltre omissioni nei controlli svolti dal presidente del tiro a segno nazionale di Tor di Quinto e al responsabile dell'armeria. Su tutti e due pende infatti l'accusa di aver concorso con il killer di Fidene nel porto abusivo dell'arma, una pistola Glock calibro 45 con la quale ha sparato uccidendo.

La strage di Fidene per un contenzioso legale

I tragici fatti che hanno scosso la Capitale secondo quanto emerso in sede d'indagine si sarebbero verificati per un contenzioso legale del quale Campiti voleva vendicarsi. Così ha scritto un post sui social: "Ora di chiudere, buona fortuna", come per annunciare che avrebbe di lì a poco compiuto il gesto. Ha impugnato l'arma ed è entrato nel gazebo di un bar di Fidene, nella periferia Nord di Roma, all'interno del quale era in corso un'assemblea di condominio. Ha alzato la pistola e ha sparato diversi colpi contro le persone che aveva a tiro, uccidendone quattro e ferendone gravemente cinque. Sono stati momenti di panico. A fermarlo è stato un uomo, che lo ha disarmato ed è rimasto ferito in modo serio nella colluttazione.

Successivamente nel dispositivo con il quale il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Roma ha disposto la convalida dell'arresto si legge che la strage sarebbe "l'esito di una lunga pianificazione". Campiti, scrive il giudice a seguito dell'interrogatorio "non ha mostrato pentimento per quanto accaduto, ma anzi sono "emersi livore e risentimento" ancora ben radicati.

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