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Omicidio Marco Vannini

Omicidio Vannini, le motivazioni della sentenza finale: “La condotta di Ciontoli fu spietata”

Le motivazioni della Corte di Cassazione in merito alla sentenza che chiude la vicenda giudiziaria legata al caso di Marco Vannini: “La condotta di Antonio Ciontoli fu non solo assolutamente anti doverosa ma caratterizzata da pervicacia e spietatezza, anche nel nascondere quanto realmente accaduto”.
A cura di Enrico Tata
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Sono state pubblicate le motivazioni della sentenza della Corte di Cassazione, quella che ha messo la parola fine alla vicenda giudiziaria legata all'omicidio di Marco Vannini. Secondo i giudici Antonio Ciontoli, condannato in via definitiva a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale, ha agito con "pervicacia e spietatezza" anche nel nascondere quanto era avvenuto all'interno della sua villetta di Ladispoli. Per la Corte è "del tutto irragionevole" ritenere, come invece chiedono i suoi avvocati, che "egli in cuor suo avesse sperato" che Marco restasse in vita. Ciontoli era inoltre consapevole di aver sparato con la pistola al ragazzo e che il colpo era stato esploso da una distanza minima. Sapeva perfettamente, infine, che il proiettile era rimasto nel corpo di Vannini. E sebbene la ferita avesse smesso di sanguinare, "egli ha necessariamente immaginato, rappresentandosi e, nonostante cio' accettando il verificarsi dell'evento che quel proiettile potesse essere causa di una emorragia interna".

Colpevole tutta la famiglia, le motivazioni della Cassazione: "Nessuno si attivò"

Le responsabilità in merito alla morte di Marco sono di tutta la famiglia Ciontoli. Ecco perché i giudici hanno confermato la condanna a 9 anni e 4 mesi ai figli e alla moglie di Antonio: "Tutti si preoccuparono subito della presenza del proiettile ancora nel corpo di Vannini, tutti ebbero immediata cognizione di tale circostanza e tuttavia nessuno si attivò per allertare tempestivamente i soccorsi, fornendo le informazioni necessarie a garantire cure adeguate al ragazzo ospitato nella loro abitazione e che, sino a quella sera, avevano trattato come uno di famiglia". Vannini si era lamentato per il dolore, aveva chiesto aiuto e lo aveva fatto gridando, come è provato dalle testimonianze dei vicini di casa e soprattutto dalle registrazioni delle conversazioni telefoniche tra i Ciontoli e gli operatori del 118. Eppure, hanno ricostruito i giudici della quinta sezione penale della Corte di Cassazione nelle 62 pagine di motivazioni, nessuno si è attivato per velocizzare i soccorsi.

La sentenza della Cassazione: 14 anni per Ciontoli

Lo scorso 3 maggio la corte di Cassazione ha condannato Antonio Ciontoli a 14 anni di reclusione. I giudici hanno confermato la sentenza d'appello bis anche per i famigliari dell'uomo, Maria Pezzillo e i figli Federico e Martina, che dovranno scontare nove anni e quattro mesi per concorso anomalo in omicidio volontario. Antonio e Federico stanno scontando la pena nel carcere romano di Rebibbia. Il padre aveva chiesto di stare in cella insieme al figlio, ma la richiesta è stata negata per questioni di protocollo.

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