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Il presidente dell’Aci Sticchi Damiani a processo per falso: “Autocertificazioni false sui redditi”

Il presidente dell’ACI, Angelo Sticchi Damiani, affronterà un processo a Roma con l’accusa di falso. Avrebbe aggirato il tetto annuale di 240mila euro previsto per i manager pubblici.
A cura di Rosario Federico
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Angelo Sticchi Damiani, presidente dell'Automobile Club Italia (Immagine di repertorio LaPresse)
Angelo Sticchi Damiani, presidente dell'Automobile Club Italia (Immagine di repertorio LaPresse)

Angelo Sticchi Damiani, presidente dell'Automobile Club Italia (ACI), andrà a processo e dovrà difendersi in aula dall'accusa di falso in atto pubblico.

Il presidente dell'ACI avrebbe dichiarato dati non corretti relativi ai propri redditi aggirando così, secondo la procura di Roma, il tetto annuale di 240mila euro previsto dalla legge per i manager pubblici.

Il pubblico ministero Carlo Villani ha disposto la citazione diretta a giudizio per Damiani davanti al giudice monocratico del tribunale penale di Roma per il prossimo mese di novembre.

Secondo l'accusa, il manager di settantotto anni avrebbe consegnato tra il 2017 e il 2020 autocertificazioni fasulle sui redditi guadagnati alla segreteria dell'Automobile Club Italia, nascondendo nel complesso centinaia di migliaia di euro. L'indagine nei confronti di Angelo Sticchi Damiani era emersa nel 2023. Il reato di falso in atto pubblico prevede una pena che può arrivare a due anni di reclusione.

Le mancate comunicazioni

Prendendo come riferimento l'anno 2017, ad esempio il manager nato a Lecce, in carica all'ACI dal 2011, avrebbe percepito più di 100mila euro in più rispetto a quanto dichiarato. In quell'anno, l'uomo al vertice dell'Automobile Club Italia avrebbe infatti enunciato 246mila 696 euro (come presidente di Aci, di Aci Informatica e consigliere nazionale del Coni) ma ne avrebbe guadagnati 353mila 719 euro.

Sommando tutte le retribuzioni del 2017, sostiene l'impianto accusatorio, si arriva a una cifra importante: oltre 665mila euro, includendo i redditi percepiti, tra gli altri come presidente del cda di Sara Assicurazione spa (ora partecipata all'80% dall'Aci), e quelli quale presidente del cda di Sara Vita spa.

Le accuse che riguardano anche le situazioni riguardanti gli anni 2018-2019 e 2020, hanno portato la procura di Roma alla chiusura delle indagini e a disporre la citazione diretta a giudizio. Inoltre nel 2019 e nel 2020 avrebbe omesso anche di dichiarare i redditi percepiti dall'Inarcassa, la cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti liberi professionisti.

Per la difesa si tratta di una: "Duplicazione dell'addebito"

"I fatti contestati sono già stati oggetto di una recente archiviazione da parte del Gip dello stesso tribunale di Roma, su richiesta della stessa Procura". Secondo la difesa dell'avvocato Roberto Eustachio Sisto si tratterebbe di una duplicazione dell'addebito, cioè una vicenda già risolta in un altro procedimento in cui Damiani avrebbe dimostrato una "corretta presentazione delle fonti di reddito".

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