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Ocse: i rifugiati non sono un pericolo per i lavoratori europei

Secondo i dati Ocse i migranti per motivi umanitari non sono mai stati così tanti in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale. Il loro impatto sarà differenziato a seconda dei paesi (molto più forte ad esempio in Germania e Austria) e produrrà un aumento della disoccupazione per le categorie più deboli della popolazione attiva.
A cura di Giorgio Tabani
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Gli arrivi a partire dal 2014 di migranti per motivi umanitari in Europa non sono mai stati così numerosi dalla fine della Seconda guerra mondiale. Questo certifica l'Ocse, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che racchiude 36 fra i paesi occidentali più importanti, nel suo lungo rapporto annuale sulle migrazioni pubblicato oggi in occasione della Giornata mondiale del rifugiato. I paesi europei hanno accolto 4 milioni di richiedenti asilo fra il gennaio 2014 e il dicembre 2017; circa un quarto di questi sono cittadini siriani. Anche se occorre considerare che i paesi confinanti con la Siria (Turchia, Libano, Giordania) accolgono cifre superiori di rifugiati siriani, sia in valore assoluto che rispetto alla loro popolazione. Peraltro dal secondo semestre del 2016 in Europa le domande d'asilo sono scese da una media di circa 130mila al mese a circa 60mila mensili.

L'Ocse sottolinea come la maggior parte delle pubblicazioni economiche che analizzano l'impatto dell'immigrazione in generale, e dei flussi umanitari in particolare, sul mercato del lavoro non hanno messo in luce ripercussioni così negative, nonostante il dibattito rimanga tuttora aperto. Il rapporto cita espressamente una serie di studi su casi del passato ed essi mostrano come gli effetti, salvo eccezioni, siano stati perlopiù modesti per i lavoratori nati nei paesi di accoglienza sia per quanto riguarda i salari che il tasso d'occupazione. In base ai dati in suo possesso l'Ocse ha fatto poi delle previsioni sugli effetti economici dell'arrivo dei rifugiati nei paesi europei. Il loro arrivo aiuterebbe a contrastare il decremento della popolazione attiva sul mercato del lavoro, causata dall'invecchiamento demografico. Secondo le stime delle Nazioni Unite la popolazione attiva dei paesi europei diminuirà infatti del 2% nel periodo 2014-2020, mentre l'effetto dell'ingresso dei rifugiati dovrebbe produrre un suo innalzamento compreso fra lo 0,29 e lo 0,36% al dicembre 2020.

Se i numeri sono del tutto gestibili visti in ottica europea, il problema risiede nella disomogenea ripartizione dei rifugiati nei diversi paesi. Per un gruppo di 15 paesi (Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Croazia, Estonia, Regno Unito, Lituania, Lettonia, Romania, Portogallo, Spagna, Slovenia, Irlanda, Ungheria e Bulgaria) l'effetto sarà praticamente nullo. Altri dieci paesi, fra cui l'Italia (insieme a Norvegia, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Finlandia,Danimarca e Svizzera) saranno in una posizione intermedia, con un aumento della popolazione attiva di circa lo 0,4%. Cinque paesi infine avranno un incremento superiore allo 0,5%, fino a toccare l'1% in Svezia, Austria e Germania (gli altri due paesi sono il Lussemburgo e la Grecia), una questione che già inizia a infiammare il dibattito politico di quei paesi.
Un'altra criticità potrebbe essere legata a sesso, fascia d'età e livello d'istruzione dei nuovi arrivati, che saranno essenzialmente giovani maschi poco istruiti. Nel dicembre 2020 la popolazione maschile in età attiva e con un basso livello d'istruzione sarà aumentata dell'1,4% per l'arrivo dei rifugiati, mentre i laureati avranno subito un aumento di solo lo 0,2%. Anche in questo caso i paesi che vedranno gli effetti più rilevanti saranno la Germania e l'Austria, con un aumento rispettivamente del 18% e del 21% del numero di giovani maschi poco istruiti sul totale della popolazione maschile fra i 18 e i 34 anni. L'impatto dei rifugiati sul tasso di disoccupazione europeo risulterà poi quasi triplo rispetto all'aumento della popolazione attiva da essi prodotto: sarà compreso fra lo 0,8% e l'1%. La Germania (in particolare alcune regioni come la Baviera) sarà il paese più colpito, con aumento fra il 6,1% e il 6,7%, a seguire Austria e Lussemburgo fra il 2 e il 4%.

L'Ocse conclude sottolineando come il sostegno dell'opinione pubblica sia indispensabile per garantire il funzionamento del sistema d'asilo e prevenire il malcontento verso i rifugiati e gli immigrati in generale. Per farlo sarebbe necessario studiare ogni eventuale conseguenza negativa del loro arrivo in modo da affrontarla adeguatamente. Appunto, il deterioramento delle condizioni e dell'offerta nel mercato del lavoro per fasce già vulnerabili della popolazione autoctona (donne, giovani e lavoratori a bassa qualifica), a causa della concorrenza della nuova manodopera costituita da rifugiati, potrebbe infatti produrre una forte reazione di rigetto nell'opinione pubblica.

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