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Opinioni

L’inutilità del G7 ai tempi del trumpismo e del predominio della forza sul diritto

Il G7 in Canada nasce già inutile, con distanze enormi tra i grandi della Terra e un tentativo persino preoccupante di arrivare a una posizione comune, sacrificando la complessità in nome della propaganda. E il problema non è solo il Medioriente.
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Nella sbornia di dichiarazioni, proclami, messaggi di entusiasmo e promesse di cambiamenti epocali, seguita all’elezione di Donald Trump emergeva un concetto in particolare: la tensione isolazionista della nuova amministrazione americana e il sano pragmatismo del tycoon newyorchese avrebbero determinato la fine di un’epoca di grande conflittualità, una nuova era di pace, magari con meno benessere generale, ma con più sicurezza. Vi ricorderete le promesse di Trump sulla fine del conflitto in Ucraina in poche settimane, sulla soluzione per una Gaza ricostruita e trasformata nella Las Vegas del Mediterraneo, sulla stabilizzazione dell’Africa centrale. E vi ricorderete le lapidarie analisi sui giornali italiani sulle responsabilità dei democratici americani (che certamente ci sono), sulla debolezza dell’Europa (che non ci facciamo mancare) e sulla necessità di fare i conti col nuovo equilibrio mondiale, retto in parte da autocrazie, in parte da democrazie bonapartiste, come sta diventando quella statunitense.

Mentre qualcuno resiste ancora (ripetendo, ad esempio, che con Trump la Russia non avrebbe mai invaso l’Ucraina), in molti stanno facendo i conti con la distanza che esiste sempre tra propaganda e realtà. E, soprattutto, con la tremenda complessità delle crisi geopolitiche, alcune delle quali hanno radici profonde, che vanno analizzate tenendo conto non solo del contesto attuale, ma anche della storia passata e recente. Le violentissime crisi cui stiamo assistendo in questi mesi, dirò di più, ci impongono grande cautela nei giudizi, massima attenzione nella copertura e un approccio fortemente dubitativo nei confronti di chi immagina soluzioni semplici e immediate per questioni complesse e complicate.

Mentre scrivo questa nuova puntata dell’Evening Review di Fanpage.it, in Canada sta per partire la prima difficilissima mattinata del G7. Un appuntamento che cade nel pieno della nuova crisi fra Israele e Iran, dopo la decisione di Tel Aviv di aprire un vero e proprio fronte di guerra (in ragione di calcoli che anche molti analisti indipendenti faticano a comprendere pienamente), mentre al contempo Gaza resta sotto pressione e nel pieno di una tremenda crisi umanitaria destinata a provocare ulteriore sofferenza alla popolazione locale. Quasi paradossalmente, però, è proprio Israele che si aspetta di uscire rafforzata dall’appuntamento dei grandi della Terra. Ne parla il Corriere della Sera:

Lo chiede in chiaro il presidente Isaac Herzog: «I leader dei Paesi del G7 si uniscano a Israele per contrastare la minaccia rappresentata dal programma nucleare Iraniano. Dovete essere con noi». Ancora più accorato si fa l'appello nel prefigurare uno scenario generale che è inquietante per tutti: «Stiamo difendendo non solo Israele ma il Medio Oriente, l'umanità stessa e la pace nel mondo», Non che i leader che stanno ancora raggiungendo Kananaskis per il vertice che inizia oggi non ne siano persuasi.

Perplessità che rendono difficile immaginare che possa arrivare una dichiarazione comune, anche se questa sembra essere l’intenzione della presidenza canadese. Ma in che modo? I punti sul tavolo sono diversi, come spiega sempre il Corsera, riportando le intenzioni di Merz: “L'Iran non può sviluppare o possedere armi nucleari, Israele ha il diritto di difendersi dalle minacce esistenziali, il conflitto non deve inasprirsi, creare spazio per la diplomazia. Difficile si possa arrivare a qualcosa che vada oltre, che assomigli di più a una strategia negoziale”.

Anche perché, a far rumore alla vigilia del vertice era stata la proposta di coinvolgere Putin nell’attività diplomatica tra Iran e Israele. Una questione su cui, riporta Tommaso Ciriaco su Repubblica, si era registrato più di qualche malumore e uno strano e inconsapevole asse italo-francese:

Un dilemma. Peggio: un imbarazzo diplomatico, misto a un sentimento di impotenza. Tormenta i leader europei. E inevitabilmente anche vigilia del G7 canadese. Nasce tutto dalla benedizione che Donald Trump ha assicurato alla possibile mediazione di Vladimir Putin nel conflitto tra Israele e Iran. Un'idea per certi versi oscena, per le cancellerie continentali che combattono da tre anni l'imperialismo militare di Mosca. «Non penso che la Russia possa mediare, sostiene non a caso il presidente francese Emmanuel Macron rilanciando nuove sanzioni contro il Cremlino. Sono profondi dubbi che anche Roma condivide. La linea che trapela da Palazzo Chigi, dunque espressione del pensiero della premier, è per questo gelida: «Del tema non si è ancora in nessun modo parlato. La crisi in Medio Oriente sarà al centro dei lavori di domani. Vediamo anche le indicazioni che arrivano dagli Usa. E attendiamo di capire se Trump la riproporrà al vertice. Tradotto: non vogliamo credere a questa opzione, faremo quanto è in nostro potere per scongiurarla. Perché gli effetti sarebbero devastanti. Soprattutto per l'Europa.

È l'angoscia di queste ore, lo specchio di un mondo sottosopra: come reagire a uno schema in cui l'aggressore dell'Ucraina si auto proclama facilitatore della pace altrui, mentre continua a bombardare Kiev?

Insomma, una riunione cui si arriva con grande scetticismo, con la consapevolezza che possa essere difficile uscire dall’impasse, in un momento di grande tensione anche all’interno del G7, determinato anche dalla guerra commerciale che Donald Trump ha avviato. Su La Stampa, il politologo francese Yves Meny spiega con grande chiarezza e una certa brutalità la situazione che si è determinata in questi mesi di trumpismo in purezza. Sul senso del G7 e dei consessi internazionali, in particolare:

L'obiettivo del G7 è quello di trovare un consenso sui grandi problemi internazionali, ma ad oggi il contrasto tra Donald Trump e gli altri partecipanti al summit è talmente forte che la possibilità di arrivare ad un'intesa è pressoché nulla. Il meccanismo che fa funzionare il Gruppo dei sette sembra essersi inceppato. Si può giusto sperare di avanzare in qualche dossier. Certo, l'attuale presidente americano non rimarrà per sempre in carica e questo tipo di riunioni potrebbero tornare necessarie per, lo dico tra virgolette, governare la mondializzazione o per trovare degli accordi commerciali. […]

Siamo tornati ad un sistema di forza pura. Chi la possiede si impone sugli altri. Prendiamo ad esempio l'attacco all'Iran condotto da Israele, che ha violato il diritto internazionale volando sui cieli siriani per colpire i primi obiettivi. Questo dimostra che le regole della convivenza normativa internazionale non sono più rispettate.

E no, mi spiace ma non sappiamo cos’altro aggiungere a tali parole. Per quanto pessimistiche possano sembrarvi.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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