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I figli di Paolo Borsellino: “Da Fratelli d’Italia uso improprio dell’immagine di nostro padre”

I familiari di Paolo Borsellino – ucciso da Cosa Nostra il 19 luglio del 1992 insieme ai membri della sua scorta – si sono scagliati contro un manifesto di Fratelli d’Italia che pubblicizzava un incontro che si è tenuto due sere fa, martedì 17 dicembre, al Comune di Podenzano, in Provincia di Piacenza.
A cura di Davide Falcioni
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I familiari di Paolo Borsellino – ucciso da Cosa Nostra il 19 luglio del 1992 insieme ai membri della sua scorta – si sono scagliati contro un manifesto di Fratelli d'Italia che pubblicizzava un incontro che si è tenuto due sere fa, martedì 17 dicembre, al Comune di Podenzano, in Provincia di Piacenza. Tra gli interventi previsti quello di tre parlamentari del partito di Giorgia Meloni, Tommaso Foti, Wanda Ferro e Andrea Del Mastro. "Con riferimento ai manifesti elettorali del movimento politico ‘Fratelli d'Italia' che indebitamente recano l'effige di nostro padre e la dicitura ‘Borsellino vive', oltre a dissociarci decisamente da questa improvvida iniziativa diffidiamo pubblicamente i responsabili del partito politico dall'utilizzare in qualsiasi forma e modo l'immagine e il nome di Paolo Borsellino", dicono i figli del giudice ucciso nella strage di via D'Amelio, Manfredi, Lucia e Fiammetta Borsellino. "Ci riserviamo per ogni altro aspetto di adire le vie legali per l'uso improprio e illegittimo che è stato fatto dell'immagine e del nome di nostro padre", annunciano all'Adnkronos.

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Era il 19 luglio 1992 quando a Palermo, in via D'Amelio, si verificò l'attentato nel quale rimasero uccisi il giudice antimafia Paolo Borsellino e i cinque uomini della sua scorta Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi, prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della polizia di Stato a cadere in servizio. La Strage venne compiuta facendo esplodere una Fiat 126 rubata imbottita con 90 chili di esplosivo sotto il palazzo dove all'epoca vivevano Maria Pia Lepanto e Rita Borsellino (rispettivamente madre e sorella del magistrato), presso le quali il giudice quella domenica si era recato in visita. La strage di via D'Amelio seguì di appena due mesi quella di Capaci, in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e ancora gli agenti della scorta.

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