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Opinioni

Finanziamento pubblico ai partiti: la proposta di Fabrizio Barca (che non piacerà al Governo)

No alle detrazioni per le donazioni, sì ad un modello misto tra contributi diretti ed indiretti sul modello di quanto avviene nel resto d’Europa. Ma solo sulle spese effettivamente sostenute.
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Mentre il Presidente del Consiglio Enrico Letta ribadisce la volontà del Governo di portare in Aula il disegno di legge sulla revisione / cancellazione del finanziamento pubblico ai partiti (e la fiducia posta sul decreto del fare in parte ne è una ulteriore conferma), Fabrizio Barca prova a riaprire il dibattito su quello che dovrebbe essere uno dei temi più controversi e complessi per la politica. Lo fa pubblicando sul suo sito lo studio di Pietro Ignazi ed Eugenio Pizzimenti che contiene una ipotesi "alternativa" di finanziamento pubblico ai partiti e che in qualche modo critica l'impianto della riforma in discussione (riconoscendo invece alcuni meriti alla precedente revisione operata dal Governo Monti).

Si parte dalla constatazione del fatto che "il finanziamento pubblico ai partiti esiste in tutti i paesi europei ad eccezione della Svizzera" e che "le vicende recenti e passate di malversazione dei fondi pubblici destinati ai partiti e la dimensione ipertrofica raggiunta dagli stanziamenti dello stato hanno creato una ondata di insofferenza e di rigetto nei confronti del sostegno dello stato all’attività dei partiti". Vi è dunque, secondo gli estensori della proposta, la necessità di impostare un discorso serio ed efficace, rifuggendo dal rincorrere il "massimalismo grillino e di altri loro imitatori", come invece sembra voler fare il Governo Letta.

L'impostazione della proposta è decisamente interessante, perché opera in maniera decisamente più efficace e sensata l'integrazione tra le forme di finanziamento diretto (finalizzato al sostegno delle attività dell’organizzazione del partito – contributi per l’attività ordinaria – e delle rappresentanze istituzionali – rimborsi elettorali e contributi ai gruppi parlamentari) e indiretto (agevolazioni, contributi vincolati e incentivi). È una considerazione essenziale, proprio perché il provvedimento studiato da Quagliariello e Letta elimina qualunque forma di finanziamento diretto, in favore di donazioni private e finanziamento indiretto.

Invece, la nuova proposta prevede che si possa allineare l'Italia ai regimi finanziari presenti in Europa con un sistema più articolato basato su tre pilastri:

  1. Accessibilità vincolata (statuto e norme regolamentari, candidati in almeno 3/4 delle circoscrizioni elettorali e soglia di sbarramento pari all’1%)
  2. Proporzionalità delle contribuzioni pubbliche (tetto massimo ai rimborsi elettorali che non devono superare i 30 milioni complessivi per ogni elezione, quote rimborsate soltanto per le spese effettivamente sostenute e debitamente documentate e rendicontate, cofinanziamento)
  3. Efficacia ed effettività del sistema dei controlli (con Commissione di Controllo di nomina non partitica o apposita sezione della Corte dei Conti)

Essenziali però sono anche altri due passaggi: l'esclusione di ogni tipo di finanziamento per la stampa di partito, o per emittenti televisive e/o canali tematici di proprietà dei partiti; nessun beneficio fiscale per chi versa denaro in favore dei partiti. Il giudizio su quest'ultimo aspetto, in netta controtendenza con l'impostazione data dalla proposta del Governo, è netto: "Gli incentivi pubblici sotto forma di benefici fiscali o di contribuzioni volontarie attraverso detrazioni dalle imposte sul reddito non sono né efficaci sotto il profilo degli effetti che essi si propongono di ottenere, né convenienti per le casse dello Stato".

Ecco il dettaglio della proposta:

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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