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Calenda: “Il PD non ha futuro, va sciolto”

L’ex ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda in una intervista all’Unione Sarda è chiarissimo sul futuro del suo partito: “Il futuro non è il Partito democratico, ma un movimento più ampio, che il Pd deve contribuire a costruire”. E conferma: “Penso a una cosa nuova, che levi di mezzo alcuni pezzi della sinistra che si sono comportati poco seriamente, come una parte di Liberi e uguali”.
A cura di Redazione
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Torna a parlare l'ex ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, con una lunga intervista concessa a L'Unione Sarda nella quale affronta i temi all'ordine del giorno della politica ma si sofferma in particolare sulla situazione interna al Partito Democratico e sugli scenari che potrebbero aprirsi per l'opposizione al governo Conte. Calenda parla innanzitutto della necessità che il PD cambi passo, per affrontare quella che ritiene essere una fase molto pericolosa per il Paese: "Penso che si debba decidere in fretta, ora non stiamo facendo un'opposizione sufficientemente forte. Ho proposto una segreteria costituente per contrastare quello che secondo me sarà un autunno difficile per il Paese, con un grandissimo rischio di default finanziario".

Nella lettura del predecessore di Luigi Di Maio allo Sviluppo Economico, infatti, siamo praticamente a un passo dal baratro e M5s e Lega "hanno ricominciato a parlare di uscite dall'Euro, mini Bot, manovre fatte in deficit". Al momento, spiega, il PD non sembra essere pronto, reduce da una disastrosa campagna elettorale: "Abbiamo dato l'idea di considerare risolti i problemi che il Paese ancora aveva. E questa si chiama arroganza. Avevamo fatto solo progressi, un primo passo per recuperare le perdite della crisi. Invece abbiamo detto che l'Italia andava bene e chi non lo capiva era un gufo".

Poi è durissimo, sul partito e sulle altre componenti dell'opposizione da sinistra:

Il futuro non è il Partito democratico, ma un movimento più ampio, che il Pd deve contribuire a costruire […] Penso a una cosa nuova, che levi di mezzo alcuni pezzi della sinistra che si sono comportati poco seriamente, come una parte di Liberi e uguali. Qui bisogna rifondare, raccontare l'associazionismo e il mondo dei sindacati. Si può mettere insieme un soggetto ampio, io lo chiamo fronte repubblicano, che non si deve esaurire in una semplice alleanza

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